La presa per il cu!o dei cantieri del Giubileo. Chi avvisa la Corte dei Conti per i lavori al Banco di Santo Spirito?

26 gennaio 2016

In occasione del Giubileo del 2000 tantissime strade e piazze cambiarono faccia. La città, che era rimasta immutabile dal dopoguerra, anche allora sciattissima e mal progettata, ebbe dei cambiamenti che riempirono gli occhi dei residenti ("aho, ma allora quarcosa può cambia'...") e che stupirono favorevolmente i turisti. Al punto che il 2001 fu un anno di turismo ancor migliore del 2000 stesso: gli ospiti avevano visto una città migliorata e lo avevano detto in giro. Il "prima e dopo la cura" era evidente con tutto il suo portato di prospettive urbane migliorate, percorsi pedonali fruibili, pedonalizzazioni, traffico. 

In occasione del Giubileo del 2016, tutto il contrario. Pochi cantieri partiti, a causa di tempo e soldi, ma soprattutto (e qui i soldi non c'entrano nulla) progetti ridicoli, colpevoli, sbagliati, assurdi, in cattiva fede. Quasi sempre tutto è stato lasciato com'era prima, limitandosi a utilizzare i comunque non pochi milioni stanziati per coprire qualche buca. Spesso la situazione è stata addirittura peggiorata rispetto alla vigilia: sul Lungotevere i marciapiedi sono stati ricoperti di catrame fino al tronco degli alberi, rischiando di farli morire, per miracolo qualcuno se n'è accorto ed è partita una denuncia da parte del Primo Municipio per fortuna. Gli interventi nelle aree basilicali sono stati impalpabili e pure nei pochi punti in cui si è progettato qualche cambiamento nell'assetto viario, la progettualità è stata compilata coi piedi, senza coraggio, senza visione, senza adeguarsi agli standard internazionali.


Via del Banco di Santo Spirito è strategica perché è la strada frontale a Castel Sant'Angelo, è il reale percorso giubilare storico (Corso Vittorio Emanuele ha 150 anni, mica migliaia) ed era un budello di caos e macchine parcheggiate. Si è proceduto giustamente a ampliare il marciapiede ma lo si è fatto alla romana, con il sistema di Via di Fontanella Borghese, lasciando ovvero la possibilità di sostare con due ruote sopra e due ruote sotto al marciapiede.

In questo video entriamo nel cantiere ancora chiuso e facciamo le nostre previsioni su come si ridurrà la strada al momento della riapertura. Nella seconda parte del video, pur con il cantiere ancora chiuso (i lavori sono finiti da tempo, ma l'inaugurazione slitterà probabilmente in occasione del Grande Giubileo del 2025) facciamo notare come l'area più verso Corso Vittorio, quella più larga (che ovviamente è stata progettata in maniera così assurda da lasciare enormi piazzali a disposizione della sosta selvaggia) sia già stata inondata di auto: entrano abusivamente ora che c'è il cantiere, figurarsi quando si aprirà tutto.


E intanto un ulteriore scandalo di lavori ad minchiam si sta materializzando a Via Zanardelli. La strada che collega il Palazzaccio a Piazza Navona è interessata da un noto varco ZTL, noto soprattutto agli incivili che lo usano per entrare contromano nell'area vietata. Un pericolo continuo per chi esce regolarmente dalla zona a traffico limitato e per chi attraversa sulle strisce. La riqualificazione della strada poteva essere una occasione per sistemare questo autentico errore progettuale (il biscotto centrale è troppo piccolo e dunque incoraggia la grave infrazione) e invece ci si sta limitando a dare una sistemata al marciapiede. Altra immensa occasione mancata. Altri milioni&milioni gettati nel gabinetto per un città che non deve cambiare, neppure in occasione dei suoi anni santi. E' una roba, molto semplicemente, da Corte dei Conti: si spendono milioni dei contribuenti senza risolvere i problemi e, talvolta, creandoli.

24 commenti | dì la tua:

Anonimo ha detto...

Attenzione gente, sta per partire l'iter del referendum sugli Olimpiadi. Non fatevi prendere per i fondelli: avete visto che hanno combinato con i mondiali di nuoto, avete visto che stanno combinando adesso, dopo mafia capitale e tutto il resto, in piena luce, con il giubileo, che cosa pensate che combineranno con gli olimpiadi? Svegliatevi, tutti in fila a firmare NO, siamo 80 % de sta città, non facciamoci male. 10 anni di cantieri, costruttori sempre più pasciuti, più ristoranti della camorra, ndrangheta e chenesò e cemento, cemento, cemento. NO grazie

Anonimo ha detto...


Ma Tronca non se ne cale?
Com'è mai? Una personcina come lui, tanto proba ed onesta ...

Bruttina la dittatura, eh?

Anonimo ha detto...


Almeno Mussolini chiamava i migliori Architetti del tempo per sventrare Roma!

Anonimo ha detto...


Altro stile, stessa forma di governo, risultati diversi!

Anonimo ha detto...

Su, testa alta, non piangiamoci addosso come al solito, reagiamo ! NO alle olimpiadi sarà il primo passo per ricostruire una società civile a Roma

Anonimo ha detto...


Ok, diamoci da fare. Bloccare tutto è per il momento la scelta migliore per non fare danni irreparabili, come l'ampliamento del liceo francese a Trinità dei MOnti, autorizzato dall'ottimo ed audace Tronca!

Fermiamolo! Si tratta di un commissario NON eletto dal popolo!

Anonimo ha detto...

Tronca sta facendo esattamente quello che è stato messo a fare, fare favori e comprare voti.

Anonimo ha detto...

Bisognerebbe capire chi progetta e autorizza questo genere di lavori. L'azienda che li realizza è sicuramente di scarsa qualità con personale umano assolutamente inadatto ad una città europea, ma la responsabilità è di chi affida loro soldi pubblici.

Fuori i nomi!!!

Anonimo ha detto...

Se l'ampliamento non è finanziato da soldi pubblici, cioè se lo pagano da soli, a me cosa dovrebbe fregarmene?

Anonimo ha detto...

notize di via TIBURTINA....??? quanto ci vuole per completare questa incredibile opera??? mancano i soldi..??? strano !!!!
eppure noi le tasse le paghiamo !!!!

Anonimo ha detto...


Ampliare un liceo privato della CASTA al centro significa:

1) notevole disturbo durante i lavori
2) aumento del traffico verso e dal centro
3) diminuzione delle zone verdi

Tre buoni motivi per bloccare tutto e negare l'autorizzazione.
Ed invece? Tutto bene Hollande! firmato: Tronca
Sai quanto gliene frega di Roma a tutti e due?

Anonimo ha detto...

Ma quale casta? Un liceo migliore a Roma produce benessere e prestigio da ogni punto di vista. Torna in periferia da Franco Lo Zozzone a dire queste fregnacce.

Anonimo ha detto...


Sveglia! Lo 'Chateaubriand' è un liceo francese di lusso in cui si entra (da romani) solo con raccomandazione di altissimo livello!!!

Lo capite o no quali interessi si vanno a proteggere ed incrementare?!

Intanto le scuole pubbliche cadono a pezzi ....
Benvenuti in una dittatura moderna, crudele ed ingiusta.

Sveglia!!!

Anonimo ha detto...


E poi ampliare un liceo non significa renderlo migliore,
ed anzi, ampliandolo spesso se ne inficiano le qualità.

Comunque dallo Zozzone in periferia mi sa che ci vivi tu, io vivo in un quartiere di lusso, burino ed ignorante!

Anonimo ha detto...

altri assessori indagati ! altre spese folli, non ci sono i fondi però pagavano consulenti esterni !!! Non so se ci sia stato un complotto contro Marino, ma di certo i cittadini di Roma possono tirare un bel sospiro di sollievo !

Anonimo ha detto...

Meraviglia delle vie rinascimentali e barocche progettate e costruite con tanto impegno da architetti che ci invidia(va) il Mondo
meraviglia della quinta di Castello
Meraviglia del 500esco Palazzo Crivelli di giorno e soprattutto di notte

Meraviglia perché senza auto e serenamente ciclopedonale come nel lontanissimo e ormai irraggiungibile mondo civile

Un sogno meraviglioso fruibile per molti

Presto il tragico risveglio fra orde di COATTI a caccia di pooostomaaaghinaMIA SUVnormali Pisoprincipesse Smartmunite e ringhiosi motofurbetti negaregole

Anonimo ha detto...

Un isola verde all'angolo con Via Vittorio Emanuele, anzichè un isola di parcheggio (e quello che avverrà!) non si poteva progettare un isola di verde, o pure questo sarebbe stato troppo logico e ragionevole per i progettisti? Il comune farebbe meglio consultarsi con semplicissimi cittadini che veramente amano questa città per i progetti!!!

Anonimo ha detto...

OPERE E MISTERI DEI CALTAGIRONE
"I CALTAGIRONE si possono considerare dei buoni cittadini...". Chi meglio di Leonardo Sciascia può raccontarci dei Caltagirone, di Gaetano, Francesco, Camillo, della loro fortuna e della loro vita allegra, di amicizie e complicità, della Bella Italia violentata dal sacco urbanistico, dell' Italia cafona che precipita tra feste, regali, balli e belle donne nell' economia della corruzione. Correva l' anno 1980 e Sciascia era deputato radicale. Il 7 marzo il presidente del Consiglio Francesco Cossiga aveva appena con solennità e pazienza rassicurato il Parlamento: "Evangelisti mi ha garantito di non avere fatto da tramite per contribuzioni volontarie di Caltagirone alla Dc". E' vero con quel a Fra' che te serve - il gentil saluto che Gaetano rivolgeva quotidianamente a Franco Evangelisti, alter ego di Giulio Andreotti - si poteva pensare a sovvenzioni, finanziamenti occulti e a buon rendere. Ma a chi? Chi erano i destinatari? Non la Dc, diceva Cossiga.

Anonimo ha detto...

Non il partito, giurava. Forse le correnti di partito e si sa, concludeva il capo del governo, "le correnti di partito non si possono neppure configurare come articolazioni politico-organizzative dei partiti". E allora? Dov' è la vexata quaestio? Qual è il delitto, signori? Leonardo Sciascia, oggi, lo si può soltanto immaginare alzarsi lentamente dallo scranno di Montecitorio, con quella faccia triste di mediterraneo libero da ogni illusione con secoli di scirocco negli occhi, e prendere la parola e principiare: "I Caltagirone sono buoni cittadini...". Poi, continuò: "Infatti, se sommiamo le loro elargizioni, credo che arriveremmo a un volume tale che potrebbe compensare tutte le imposte che non hanno pagato allo Stato italiano. Erano buoni cittadini che pagavano i tributi a un altro sistema parallelo al sistema dello Stato, così come parallelo è il sistema mafioso". Sono passati sedici anni da quel giorno e siamo ancora qui a chiederci se davvero quel "sistema parallelo" è morto; se davvero ne abbiamo compreso l' ampiezza, la pervasività, individuato snodi, pratiche e i protagonisti; ancora incerti se mettere la mano sul fuoco sulla sua irrimediabile fine. Su una posta però si può scommettere. Se si racconta la storia dei fratelli Caltagirone, ci si ritrova nelle mani la trama ruvida dell' Italietta della tangente, del circuito vizioso politica-affari. Non sono senza tradizione, i Caltagirone. L' impresa nasce a Bagheria, in Sicilia, all' inizio del secolo, fondata da nonno Gaetano. Soltanto nel 1925 il figlio Ignazio trasferisce famiglia e impresa a Roma. E' il primo, importante salto di qualità. Non ancora imprenditoriale, ma sociale, familiare e "politico", sì. Ignazio ha sposato Giuseppina Bellavista e Giuseppina è sorella di Girolamo, sottosegretario alle Finanze con Alcide De Gasperi, come sottosegretari alla Finanze saranno sempre nei decenni che seguono i boss della politica siciliana. Girolamo Bellavista ha buone amicizie e gran fama di penalista. Difende i rispettatissimi mammasantissima di Cosa Nostra, Calogero Vizzini, Natale Rimi, Luciano Liggio. Si onora e onora dell' amicizia altissime toghe. Quando Emilio Scaglione, il procuratore di Palermo depositario di mille segreti della mafia siciliana, è ucciso dagli "uomini d' onore" che temono la sua partenza dalla Sicilia, sarà Girolamo Bellavista a tenere l' orazione funebre. La rete di legami (politici, professionali e familiari) di Bellavista servirà all' impresa dei Caltagirone per farsi largo nel difficile mercato della Capitale. Ignazio muore troppo presto, nel 1959. I destini dell' azienda di famiglia scivolano sulle spalle scapestrate di suo figlio Gaetano. Gaetano diventerà celebre per quel a ' Fra che te serve, ma già alla fine degli Anni Cinquanta aveva una sua notorietà come straordinario giocatore di poker. "Era deciso, audace, prevaricatore - ricorda chi ha avuto la ventura di averlo di fronte al tavolo verde - era il tipo che metteva nel piatto tutto quel che aveva davanti appena avvertiva un minimo cedimento nell' avversario". Gaetano Caltagirone applica all' impresa le regole del poker.

Anonimo ha detto...

E' , per istinto naturale, buon conoscitore degli uomini e delle loro debolezze. Sa trasformare le ambizioni degli altri in sua forza. Con lo spirito del giocatore d' azzardo affronta la gestione dell' impresa di famiglia. L' arrivo al governo dei socialisti spaventava gli imprenditori. I costruttori, poi, hanno lo sconforto nel petto al pensiero della nuova legge urbanistica che avvertono come una minaccia di morte. Molti si ritirano, moltissimi tirano i remi in barca, tanti chiudono i cantieri. Gaetano, no. Troppo facile passare e non giocare la mano. Il piatto potrebbe essere ricchissimo. E Gaetano lo vuole tutto per sè. Chiama "piatto".

Anonimo ha detto...

La politica delle costruzioni che mette a punto è stata spiegata da Stefano Malatesta nell' ormai classico L' Armata Caltagirone. "Pochi concetti semplici, quasi banali. Ottenere il maggior credito possibile dando le minor garanzie possibili. Costruire non direttamente, ma dare i lavori in appalto e subappalto a ' prezzi chiusi' (non suscettibili di revisioni e spesso jugulatori), accettati da costruttori che si trovano nelle condizioni di non poter rifiutare. Vendere, o meglio prevendere, tutto in blocco agli enti di previdenza e assistenza. Il segreto del meccanismo è nella corruzione che Caltagirone sublima a categoria filosofica e che allarga ad un sistema generalizzato e capillare". Gaetano paga tutti, politici, ministri e sottosegretari, portaborse e commis di Stato, giornalisti e presidenti di enti appaltatori. Tutti invita - potenti ministri, chiacchierati uomini d' affari, attrici, cinematografari, banchieri, magistrati di rango e piduisti - nella villa di via Caldonazzo 20. Nella dimora, due piani, ampi saloni, una paio di sale da gioco, si possono incontrare "tutti i mejo", come ripete Gaetano, e soprattutto "er mejo de tutti", Giulio Andreotti accompagnato dalla sua corte, i Vitalone, gli Evangelisti, l' emergente Enzo Scotti e il solido Gaetano Stammati, il comandante della Guardia di Finanza Raffaele Giudice e gli eccellenti ermellini, Giovanni Di Matteo, procuratore capo, e Achille Gallucci, consigliere istruttore. Ma a Via Caldonazzo si vedono anche Francesco Cossiga e il socialista Gaetano Mancini e il comunista Antonello Trombadori. In quegli anni, se un politico o un "servitore dello Stato" non è stato almeno una volta "in villa, da Gaetano", è un Signor Nessuno nella Roma del Potere. Il padrone di casa offre modesti omaggi ai suoi ospiti, orologi d' oro, pezzi d' antiquariato, e ai suoi ospiti particolari soprattutto assegni. Si beve champagne, si mangiano tartine di caviale e fumanti piatti di fagioli con le cotiche. Siamo alla metà degli Anni Settanta e i Caltagirone - Gaetano, Francesco, il più riservato Camillo - sono sulla bocca di tutti, invidiatissimi, mai deplorati, nemmeno dai comunisti prigionieri dei "governi di solidarietà". Sono finanziati con abbondanza dall' Italcasse dell' andreottiano Giuseppe Arcaini (209 miliardi nel 1975), guidano 158 società, hanno 140 cantieri aperti, si sentono in una botte di ferro. Conducono una vita da nababbi e le Rolls Royce, gli aerei Mystére non li aiutano a restare con i piedi per terra, al contrario del più giovane e quasi dimenticato cugino Francesco Gaetano detto Franco che invece, ancora oggi dopo essere diventato padrone di un impero immobiliare-finanziario-cementiero-editoriale da 1.400 miliardi, conduce una vita quasi da eremita, con scarse frequentazioni salvo quelle strettamente necessarie per il lavoro. Gaetano può ritornare all' unica sedia che davvero gli interessa, quella sistemata al tavolo da gioco. Perde in una notte un miliardo e 270 milioni al casinò di Montecarlo. Ad Atlantic City si esibisce nello sputo sulla pallina "traditora" della roulette, anche lì sull' oceano una notte di sfiga si portò via un milioncino di dollari. Tutto sembra possibile e tutto è possibile, anche essere "incoronato" al Quirinale cavaliere del lavoro - accade a Gaetano - nel giorno in cui l' onorificenza è conferita all' avvocato Giovanni Agnelli. Il declino dei fratelli Caltagirone - sarebbe troppo chiamarla fine - non comincia con un' inchiesta giudiziaria, ma con uno scontro dentro la Democrazia Cristiana tra due "cavalli di razza" perfidi come scorpioni.

Anonimo ha detto...

Quando Amintore Fanfani e Giulio Andreotti arrivano al redde rationem, l' obiettivo del vendicativo aretino è strozzare il canale di finanziamento occulto dell' avversario, rappresentato dai Caltagirone. Il primo a cadere è Arcaini, l' elemosiniere. Gli succede all' Italcasse, il fanfaniano Remo Cacciafesta. Per missione ricevuta, dopo appena venti giorni, spara subito la sua bordata. Per cautelare i crediti dell' istituto (402 miliardi inclusi gli interessi), chiede il fallimento dei Caltagirone che in quel momento avevano in costruzione 152 fabbricati per 1 milione e 200 mila metri quadrati, capaci di accogliere 70 mila inquilini. La dichiarazione di fallimento è lo smottamento che annuncia una catastrofica frana. Verranno poi le inchieste sulle evasioni fiscali e valutarie e alla fine i mandati di cattura per bancarotta fraudolenta. Gaetano e Francesco, fuggiti negli Stati Uniti, restano in carcere per 14 giorni. Pagano un cauzione mirabolante, quattro miliardi di lire, e sono fuori. Camillo, il più discreto Camillo che amava Man Ray e il jazz, ammanettato a Santo Domingo, estradato in Italia, sarà costretto a un anno di carcere. Ne esce soltanto per morire. Rimangono all' ombra per un po' i due fratelli. Gaetano appare stanco. A Manhattan è a disagio. Non riesce ad imparare l' inglese, i pettegoli malignano che "gli manca la pasta e fagioli". Si consola con il tennis, il musical di Broadway, il tennis dei grandi tornei. Il più giovane Francesco risale invece presto sulla giostra del jet set e degli affari. Si sposta con un aereo privato, apre cantieri in Florida e California, si gode il sole nella villa di Cap Ferrat, fa capolino dalla poppa di un Baglietto ancorato a Montecarlo, si risposa con la bellissima Rita Novelli, figlia di Nino Rovelli, patron della Sir-Rumianca. Gaetano si accontenta di sposare la figlia Ginevra rinverdendo per un giorno i fasti del passato. Affitta la villa della baronessa Ephruss-de-Rothschild sul promontorio di Cap Ferrat e tra tappeti Aubusson, quadri di Fragonard e porcellane di Sevres riceve i cinquecento invitati, con Giulio Andreotti in testa. Apparentemente i Caltagirone considerano chiuso il passato ma non è così. Con molta lentezza e costante progressione, le loro pendenze giudiziarie vanno avanti con soddisfazione. Ettore Torri, oggi procuratore aggiunto a Roma, ordina la perizia dei beni. Il risultato è clamoroso. Gli immobili dei Caltagirone sono stimati 1.109 miliardi di lire, ben oltre quindi i 500 miliardi del crack.

Anonimo ha detto...

I mandati di cattura, anche se confermati dalla Cassazione, sono sospesi. Nonostante l' accertamento dei miliardi inviati alla Finabank di Michele Sindona, le inchieste per illegalità valutarie finiscono in un proscioglimento. Dell' evasione fiscale per miliardi, certificata addirittura dal ministro delle Finanze Franco Reviglio, non se ne sa nulla. Né si parla più delle azioni di recupero del curatore fallimentare contro i politici che avevano intascato un rosario di assegni.Infine, 1992, la Corte d' Appello di Roma dichiara nullo il fallimento dei fratelli e condanna l' Iccri (come si chiama oggi l' Italcasse) al risarcimento dei danni. , forse, la verità.
di GIUSEPPE D' AVANZO

Anonimo ha detto...

Più o meno 500 miliardi. I Caltagirone hanno subìto il più ingiusto dei fallimenti, la privazione dei beni personali e addirittura l' arresto come delinquenti per un "vendetta politica" o, negli interstizi della loro rinascita giudiziaria e imprenditoriale, si può scorgere il paziente lavoro del "sistema parallelo" che per due decenni hanno beneficato? Alcune coincidenze, in questi giorni, incuriosiscono il pool di Milano che indaga sul risarcimento Sir-Imi di 1.000 miliardi. Nell' una e nell' altra vicenda, stessi avvocati, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico, Cesare Previti. Stessa Corte d' Appello; uno stesso nome, Carlo Sammarco di non nascosta amicizia andreottiana; un identico giudice, Vittorio Metta, già relatore in Corte d' Appello del caso Sir come dell' affare Caltagirone. E quel che più conta, una traccia documentale. In una cassaforte dello studio dell' avvocato Giovanni Acampora, in via Pompeo Magno a Rona, sono stati sequestrate matrici di assegni per un ventina di miliardi che dai Caltagirone sono finiti ad Acampora e da Acampora, in possesso della procura speciale dei Caltagirone, in Svizzera su conti correnti già finiti nell' inchiesta Sir. E' davvero morto e seppellito il "sistema parallelo" di sciasciana memoria? Alla prossima puntata

ShareThis