Realtà supera la fantasia. Sversamento di eternit di fronte a Porta Maggiore

31 gennaio 2017
Ogni giorno si travalica un limite benché il giorno precedente si pensava di aver toccato decisamente il fondo. Una condizione che, lo abbiamo ripetuto mille volte, richiama gli anni della Giunta Alemanno. Pensavi "no, non possono essere arrivati a fare perfino questo". E il giorno dopo facevano una cosa anche peggio. 
La sensazione poi non riguarda solo l'amministrazione, ma tutta la cittadinanza in generale. Una popolazione, l'unica in occidente, che vive accampata in un luogo chiamato Roma. Trattato come piazzola di sosta. Come stazionamento nomane e temporaneo da abbandonare dopodomani. 

Niente controlli, un'Ama - come Atac - lasciata alle grinfie del racket e delle clientele, videosorveglianza zero, sanzioni inesistenti, impunità totale. E si arriva a ridurre i giardini di Porta Maggiore (uno dei monumenti romani più straordinari al mondo) non solo ad uno sconfinato letamaio di bottiglie, cartacce e rifiuti, ma anche a sversarci dell'amianto, delle lamiere ondulate di eternit. Raggiunto il limite, penserete voi. Niente affatto. 
Però vuoi mettere la soddisfazione, abbiamo bloccato lo Stadio della Roma: un miliardo e mezzo di investimenti privati con 400 milioni di opere pubbliche che potranno salvare dal degrado e dal pericolo una enorme zona di città. Una zona dove, anche lì, ogni giorno si sversa eternit, rifiuti speciali e si formano discariche abusive. 

Da non credere a Via Marsala. Nuova canalizzazione tramutata in parking abusivo

30 gennaio 2017
La freddezza e la velocità con cui la civilizzazione-feccia romana ha ingoiato, masticato e digerito la novità di una Via Marsala finalmente arredata per combattere la sosta selvaggia ha dell'impressionante. Non c'è un comportamento così contrario al senso comune, così spregevole per il prossimo, così ostile verso la cosa pubblica da nessuna parte in Italia.
Siamo rimasti davvero con un palmo di naso quando ci siamo accorti che il nuovo regime del traffico e della sosta ha subìto dopo pochissimi giorni dall'inaugurazione il trattamento-Roma: ovvero decine di incivili (tanti, ma comunque una minoranza di rifiuti umani, assai sufficienti per rovinare tutto) che vanificano progetti realizzati a beneficio di milioni di persone. 


Quello che i lunghi 10 minuti di filmato mostrano è realmente incredibile e fa perdere qualsiasi speranza residua sul futuro di questa città e sulle possibilità infinitesimali di riscatto. Ma noi qualche speranza ce l'abbiamo e, contro ogni mulino a vento, proponiamo come al solito non solo dei complain ma anche delle soluzioni. Nella fattispecie.


1. occorre ridurre la carreggiata di destra (allargando il marciapiede? disegnando una piccola ciclabile protetta sul lato dx?) altrimenti continueranno a fermarsi nel modo che si vede nel video.

2. occorre limitare le aperture tra carreggiata di destra e carreggiata di di sinistra. Altrimenti potendo contare sulla possibilità di fare la chicanne si fermano all'altezza dell'apertura creando un pericolo notevole.

3. occorre portare la canalizzazione avanti di un isolato fino a Via di Castro Pretorio.

Insomma si tratta di curare i dettagli. Quelli di cui nessuno si occupa. Chi deve farlo? Chi è titolato? Perché non c'è l'ombra di un Vigile Urbano domenica sera nell'orario di punta ne a Marsala ne a Giolitti? Chi ha optato per tenere abbandonata la stazione? Come mai non c'è un assessore, un consigliere comunale, uno straccio di rappresentate dell'amministrazione onesta che si è preso a cuore la cosa e la segue fino al suo perfezionamento? Perfezionamento a tutto tondo perché oltre a Marsala anche Giolitti necessita delle medesime opere di finitura che però lungi dall'essere meri dettagli sono strategici e cruciali per il funzionamento del sistema. Si tratta di mettere in sicurezza e dare dignità, ordine e presentabilità a tutta l'area circostante la prima stazione ferroviaria italiana e una delle primissime in Europa. Perché tutti se ne fotto allegramente? Dove è (e chi è?) l'assessore ai Lavori Pubblici? 

Chicco sindaco! Con un solo articolo demolita la mentalità malata romana. Leggere!

29 gennaio 2017

Perfetto, impeccabile, chiaro, pulito, diretto, scomodo, netto, lucido. Se un testo ha tutte queste caratteristiche e riesce in un paio di paginette a esprimere in maniera dritta e lineare ciò che tu - con qualche difficoltà espressiva - cerchi di affermare ogni giorno, allora cosa hai devi fare se non divulgarlo facendo in modo che lo leggano più persone possibile e che non passi inosservato?

Tra i politici e i dirigenti di stato, Chicco Testa è stato tra i pochi, negli ultimi anni, ad aver sempre detto la verità. Con un malsano godimento - che è anche il nostro, ogni giorno - di dire la verità soprattutto sulle cose che distruggono i conformismi, la mentalità malata dei romani e di chi li amministra, le tare mentali che stanno, come metastasi tumorali, distruggendo la città.

Lo ha fatto, sempre, su tutto. Dall'energia atomica, di cui è da sempre stato fiero sostenitore benché questo in Italia porti a pigliare fischi e sputi, al finto, dannoso e patetico ambientalismo italico fino ai sindacati, un altro tabù. Convinto che coi tabù non si possa andare avanti, Testa è sempre schietto e la sua schiettezza in questo articolo uscito lo scorso 18 gennaio sul Foglio (bravissimo Claudio Cerasa!) si concentra su Roma e i suoi mali. Mali che, come spiega benissimo Testa e come con meno efficacia ripetiamo noi ogni giorno, sono risolvibili semplicemente cambiando il punto di vista ridicolo e assurdo che ammorba questa città. 

Sullo sviluppo immobiliare e architettonico (totalmente inutile sottolineare come l'articolo mandi completamente al macero, senza possibilità di salvezza, le idiozie malate e in cattiva fede che Berdini e le decine di migliaia di Berdiniani che infestano la città continuano a propinarci) così come sulla governance e sulle aziende municipalizzate. Nell'articolo, che dovete leggere punto per punto con calma e concentrazione prima di dirci cosa ne pensate, Testa arriva alla conclusione della necessità di un soggetto politico nuovo. L'idea è suggestiva, ma su questo punto come i nostri lettori sanno la nostra posizione è diversa. Siamo convinti infatti che passando dalle elezioni Roma non sia emendabile e riformabile e che sia necessario l'impegno dello stato per alcuni anni di commissariamento. Commissariamento che dovrebbe perseguire le idee messe giù da Chicco Testa in questo suo testo.

IMUS. Un modo più appropriato per calcolare un indice di mobilità urbana?

In tema di mobilità propongo un indice sintetico dell'efficienza del Trasporto pubblico (TP) che ho chiamato IMUS (Indice Mobilità Urbana Suburbana). Tale indice prende spunto dall'idea di offrire a tutti la possibilità di confrontare la mobilità nelle varie città dell'Europa e del mondo con dati facilmente accessibili e reperibili dal WEB, in particolare da Google Maps. In sostanza si basa sul tempo medio calcolato in minuti per percorrere un chilometro con i mezzi pubblici partendo dalla stazione ferroviaria centrale in direzione di quattro destinazioni scelte in corrispondenza delle quattro direzioni cardinali poste in un raggio di 14-20 km. I dati dei tempi di percorrenza e delle distanze vengono forniti da Google Maps prendendo in considerazione fra i tempi i valori medi delle varie soluzioni proposte mentre per le distanze si prendono quelle più brevi dei relativi percorsi a piedi. Più avanti darò degli esempi di calcolo e di confronto fra varie capitali europee.
Tale indice vuole essere anche una risposta ad un giornalismo e ad alcuni servizi pubblici televisivi che, pur pregevoli nei vari aspetti dell'informazione e dell'inchiesta, scontano però in tema di mobilità una prevalente visione autocentrica ancora radicata nei media. Prova ne è quel recente servizio di Presa diretta svolto su un'auto mirante a verificare tempi e fluidità del traffico in un percorso stradale romano, riservando al TP solo vaghi e approssimativi accenni: "Signora, da quant'è che aspetta il bus?".
Del resto non c'è da meravigliarsi più di tanto: fu proprio la stampa ed il glorioso giornalismo italiano che a partire dalle olimpiadi del 60 e nel corso dei successivi anni contribuì significativamente allo smantellamento della rete tranviaria di Roma che agli inizi del secolo scorso era la seconda in Europa per estensione. Si doveva assolutamente, in nome e in omaggio alla crescente motorizzazione, far spazio alle auto ed il tram era di ostacolo.
La mobilità pubblica è invece oltre che un diritto fondamentale dei cittadini in un paese civile è anche e soprattutto un fattore di sviluppo sostenibile perché in stretta relazione con l'economia, l'ambiente, la salute e la vivibilità. Il recente rapporto Pendolaria 2016 ci consegna lo stato di un paese fortemente arretrato e disastrato sul piano infrastrutturale delle ferrovie regionali e urbane con un vistoso gap nell'efficienza e qualità dei servizi ferroviari nei confronti degli altri paesi europei. Insostenibile lo squilibrio modale tra il ferro e la gomma tutto a favore di quest'ultima ed il fatto che si continui ad investire in strade ed autostrade mentre per le ferrovie ed il TP mancano sempre i finanziamenti. "Dobbiamo puntare a raddoppiare i pendolari che prendono i treni regionali e metropolitani ogni giorno. Arrivare a 10 milioni di persone al 2030 è una sfida alla portata del nostro paese e nell'interesse dei suoi cittadini con vantaggi non solo in termini ambientali, ma di attrattività delle nostre città e dei territori con ricadute positive sull'occupazione e sul turismo" (Pendolaria 2016).
Comunque oggetto di questo blog è Roma, ma se la capitale è lo specchio di un paese allora l'Italia è messa davvero male e purtroppo si tratta del nostro paese.



Roma si salverà soltanto se una stessa visione di città apparterrà sia ai cittadini che ai suoi amministratori. Questa visione dovrà essere di una città a misura di pedone con percorsi pedonali accuratamente progettati e mantenuti che si integrano con un efficiente sistema di TP, le piste ciclabili saranno un desiderabile e opportuno complemento.
Se Roma si sgonfierà nella sua pomposa, deleteria e pallonara costruzione di mobilità a misura di auto molti dei problemi lamentati connessi a questo modello si ridurranno e potranno risolversi più facilmente con il contributo dei cittadini. I cartelloni pubblicitari per esempio sono quasi sempre a misura di auto, da drive-in. Inutile la strategia di affannarsi a risolvere gli effetti se prima non si prova a rimuoverne le cause.
Ma dopo tante parole che comunque non aggiungono nulla di nuovo alle ben note e risapute situazioni di degrado e inefficienza ecco degli esempi di IMUS dai quali Roma, come largamente previsto, non ne esce bene.
Roberto Luffarelli (link)
(foto in alto Roma Sparita)

Zitti zitti fanno carne di porco pure sui campi sportivi. Ennesima schifezza da seguire

26 gennaio 2017
Se sei un imprenditore serio, civile, onesto, che fa innovazione, che cerca di pagare le imposte, che è disponibile a migliorare l'ambiente in cui sei calato, che fai lavoro sano e provi a stare in linea con quanto succede in tutto il mondo avrai la vita impossibile. Sarai considerato "lurido" dall'amministrazione. Se invece sei non un imprenditore bensì un prenditore, uno che sfrutta i beni pubblici non dando nulla indietro, uno che fa parte di qualche cricca, di qualche lobbies, di qualche mafietta, uno che lucra da decenni con concessioni regalate in cambio di voti e di clientele allora avrai il massimo della tutela da questa amministrazione.

E' una solfa che si va ripetendo da mesi ormai, in tutti i settori economici della città. Basta vedere l'atteggiamento del Movimento 5 Stelle sui balneari, basta vedere quello che sono riusciti a fare e a dire sulle bancarelle e sugli ambulanti e lo schifo che stanno apparecchiando sui cartelloni come abbiamo spiegato nei giorni passati

Ora si passa anche ai campi sportivi. Ennesimo bubbone senza fine della città. Decine e decine di compound potenzialmente pregiatissimo, potenzialmente frutto di enormi ricchezza sia per il territorio ma soprattutto per la città che li mette a disposizione dei privati. Se hai degli imprenditori di qualità che gestiscono campi, strutture, commercio al loro interno, corsi, manifestazioni, hai anche la possibilità di chiedere loro indietro fior di soldi di affitto e di fee sull'incasso. Se invece il compromesso è al ribasso allora tutto si confeziona alla romana: tu mi dai poco o niente e io in cambio non ti chiedo standard di qualità, non ti chiedo investimenti e tutti vissero felici e contenti, specialmente i funzionari pubblici che con la corruzione che sta dietro a queste dinamiche hanno comprato la Maserati pur guadagnando 2000 euro al mese.

I tantissimi campi sportivi pubblici di Roma Capitale andrebbero messi a bando, le concessioni con gli attuali gestori - tutti sostanzialmente inadeguati - andrebbero concluse e finalmente si dovrebbe aprire il mercato alla concorrenza, all'arrivo di ditte serie, possibilmente di investitori grandi, internazionali, stabili e dimensionalmente sicuri. Non la solita imprenditoria mediocre romana che ha umiliato questa città rendendola il luogo più sciatto d'occidente. 
Questo potrebbe portare investimenti veri, lavoro vero, trasformazione urbana vera, lavori e posti di lavoro in quantità e soprattutto un sacco di introiti per l'amministrazione: vince chi offre di più e l'offerta se la intasca l'amministrazione. Ma soprattutto ci potrebbe essere un servizio per i cittadini: campi, corsi, piscine, sport a buon mercato per tutti in ambienti belli, curati, a norma. All'interno di questi, con regole certe che incentivino l'imprenditorialità e non la mortifichino, negozi, bar, ristoranti, spazi in affitto per chi ne ha bisogno o devoluti, in parte e per tot giorni l'anno, ad associazioni del territorio. Per non dire il servizio che può essere fatto alle scuole. Non solo aumenta la qualità della vita, ma si abbatte in maniera massiccia la spesa sanitaria della Regione Lazio: risparmi per centina di milioni. Una scelta strategica insomma.


Ma cosa vuole fare Angelo Diario che poi altri non è che il politico a Cinque Stelle che inventò (leggete un po' qui) il termine "luridi" per definire i privati? Vuole fare l'esatto contrario. Luridi sono i privati di qualità secondo lui, ma quando i privati sono il sottobosco pietoso dell'imprenditoria romana allora vanno tutelati a più non posso. Proroghe squallide delle concessioni, chiusura totale alla qualità e alla concorrenza, basta aver fatto un lavoretto di manutenzione e via. Ti sta scadendo la concessione? Finalmente il bene pubblico che gestisci - quasi sempre male! - potrebbe finire assegnato regolarmente previo un bando pubblico europeo? Niente di tutto questo. Ti puoi tenere il bene, puoi bloccare qualsiasi tipo di sana concorrenza, basta che ci presenti un bel progetto di manutenzione e truffaldinalmente ti proroghiamo la concessione e teniamo fuori dal mercato tutti quelli, magari mille volte meglio di te, che ci vorrebbero entrare. Questi sono gli "indirizzi politici" dell'amministrazione come recita l'inquietante comunicato arrivato due giorni fa dalla Commissione Sport che Angelo Diario presiede.

La sensazione è che dovunque ti giri ci siano più danni della grandine. Dovunque si dia la precedenza alle vecchie modalità, ai vecchi potentati, alle lobbies più fameliche, alle clientele più torbide. Alla vecchia Roma che ha prosperato per decenni con la destra e con la sinistra e che, solo per un attimo, si era messa paura a causa dell'approccio di Ignazio Marino. Ora tutto come prima. Restaurazione totale. Come prima, peggio di prima. Tra l'altro, a sto giro, senza la minima vergogna e senza il minimo ritegno.

Come funziona Via Marsala ora che ci sono i cordoli? Un video

25 gennaio 2017
Dopo tutto il lavoro che abbiamo fatto su Via Giolitti non potevamo esimerci: e subito dopo la chiusura del cantiere di Via Marsala siamo andati a vedere come funzionano i cordoli nuovi. La sistemazione dà più slancio e pulizia alla strada, non c'è dubbio, ma siamo capitati in un momento super favorevole: giornata di gennaio ma primaverile, vigili urbani scatenati lungo la strada (purtroppo zero multe, solo fischiate e urlate "ci spostiamoooo"), orario tutt'altro che di punta. 


La strada, insomma, risulta meglio messa di quanto sia nella verità perché i difetti di progettazione sono tantissimi e soprattutto l'intervento si estende su un'area non sufficiente, scarsa, minimale. Lasciando dei buchi evidenti. Il risultato lascia ancora più a desiderare rispetto a Via Giolitti perché sono tantissimi gli ambiti di possibile infrazione, i piccoli golfi, le insenature anche proprio davanti alla stazione) in cui ci si ferma. Per non parlare delle tante persone che ancora si fermano in mezzo alla carreggiata bloccando tutti per far scendere i clienti quando basterebbe entrare nell'area di kiss & ride che per i primi minuti è gratuita. Lo capiranno gli NCC?


Si tratta soltanto di un primo check (anzi un doppio check, come vedrete nel filmato) effettuato in condizioni, ripetiamolo, fortemente favorevoli. Torneremo presto a vedere come va nella speranza che le tante imperfezioni vengano sanate. Sarebbe importantissimo. Lo avvisate voi l'assessore ai lavori pubblici che noi ancora non abbiamo capito chi è?

Ora mandano per aria la riforma dei cartelloni? M5S, destra e PD alleati contro la città

24 gennaio 2017

Scontiamo, lo ammettiamo, una bulimia di notizie. Si gran fatica a star dietro a tutte le assurdità che vengon fuori ogni giorno. Con l'arrivo del M5S al governo della città si sperava onestamente che certe storiacce venissero meno e invece non sta andando così. E invece tutto il contrario, anche dove meno te lo aspetteresti. Hai visto per anni i grillini lottare contro le bancarelle? Ora che sono al governo te li trovi a lottare a favore del peggior racket ambulante. Hai visto per anni i grillini lottare - con efficacia - contro la camorra dei cartelloni e ora te li ritrovi a tutelare la camorra dei cartelloni. È incredibile ma è vero. Si fa fatica perfino a crederci, ma è così.


Sui cartelloni, uno dei cancri assoluti della città, sta succedendo l'inverosimile. Il procedimento è andato molto avanti durante la scorsa consiliatura grazie alla tigna dell'ex assessore Marta Leonori (e nonostante la sostanziale opposizione del Consiglio e della Commissione Commercio, sempre dalla parte della mafietta cartellonara), ora però che manca l'ultimo pezzetto si è fermi. Da mesi. La palla è in mano alla Commissione Commercio sovraintesa dal famigerato Coia. La Commissione di Coia doveva solo prende la palla e passarla, ma al contrario se la sta tenendo tra i piedi per mesi, in uno stillicidio di riunioni che si convocano, non concludono nulla e si aggiornano dopo due mesi. Una tecnica delatoria da far impazzire. Nelle ultime riunioni la Commissione, benché non fosse minimamente quello l'ordine del giorno, si è messa a fare le pulci al Piano Regolatore (già approvato da anni), ai mq di cartelloni che finalmente dovrebbero andare a pagare il bike-sharing, del loro valore e dintorni. Serve solo per perdere tempo, per buttarla in caciara, per andare avanti di mese in mese. E intanto la città perde un sacco di soldi e i cittadini perdono un sacco di servizi che potrebbero venir fuori da un settore finalmente riformato e con spazi pubblicitari ordinati e qualificati assegnati tramite bando ai migliori operatori internazionali.


Ovviamente nel processo mancano dei pezzi di pianificazione fondamentali. Dai piani approvati fino ad oggi manca una lucida visione politica: metto a bando gli spazi pubblicitari per ottenere cosa in cambio? Quanto valore gli do'? Il punto non è se 8000 metri quadri di cartelloni sono sufficienti o meno per avere il bike-sharing, il punto è capire che bike-sharing voglio, con quale complessità, con quale integrazione col resto del trasporto, con quale qualità: modello Torino, modello Milano o modello Parigi? Dovrebbe battere un colpo la politica con la P maiuscola, ovvero la Giunta, il sindaco o per lo meno l'assessore Adriano Meloni. Che per adesso però lascia fare, consentendo alla Commissione di fare il suo porco comodo in nome di una sostanziale alleanza tra la destra post Alemanniana, il PD della nutrita corrente pro-cartellonari e tutto il M5S. Con l'obbiettivo magari di mandare l'impianto in aula per l'approvazione finale e lì dargli un colpetto di grazia con un bel blitz inserendo qualche bella polpetta avvelenata sotto forma di emendamento.


Intanto la città è trasfigurata dagli impianti, i cartelloni pirata continuano a crescere la notte, le associazioni delle ditte diramano comunicati in cui esultano dopo ogni riunione dei politici (abbiamo i PDF per chi li vuole) e dall'ufficio affissioni i tecnici sussurrano a chi ancora ci crede "guardate che questi non vogliono fare niente".

Qui di seguito qualche chicca con autore e virgolettato proveniente dalle ultime due riunioni della Commissione Commercio. Leggete cosa sono stati capaci di dire sia i politici consiglieri che della commissione fanno parte, sia gli ospiti gentilmente invitati dal buon Andrea Coia.

***

9 novembre 2016
Leonardo Costanzo: (Capo Staff dell'Assessore Meloni): «Stiamo prendendo atto di tutto. Il tema qual’è? Aprire ai privati. Il nodo è il Bike Sharing con i suoi 8.000 mq. e le ciclo stazioni con il numero variato, per ora con ipotesi di 80 ciclostazioni. Capire in che misura finanziamo il servizio. Delle due l’una: o capiamo quanto investimento occorre per 80 ciclostazioni (due milioni e mezzo di euro) o se è ancora interesse di questa città un servizio del genere » [da affidare ai privati, ndr.]
Orlando Corsetti: «Avevamo all’epoca ipotizzato la nascita di 10 lotti. Per il Bike Sharing bisogna mettere in conto non solo l’investimento iniziale ma anche i costi di gestione. La mia personale preoccupazione è che questi 8.000 mq. costituiscano la “crema” e potrebbero danneggiare gli altri impianti.» [linguaggio mutuato dalle ditte pubblicitarie che lamentano da sempre la stessa cosa]
Andrea Coia:  Ha ribadito che il valore economico è un fattore importante ed ha insistito per le sole 80 ciclostazioni affermando che una sua unica perplessità rimane quella di affidare il servizio ad un privato che sarebbe secondo lui una pura follia, per cui è meglio andare avanti con 80 ciclostazioni. [semplicemente incredibile, si commenta da se]
Enrico Stefano:  Ha fatto sapere di stare approfondendo la questione riguardante il modello di finanziamento del Bike Sharing per decidere se il relativo servizio debba essere affidato o no ad un privato (mi ha poi chiarito che "le verifiche che sto facendo sono relative al valore dei metri quadri e al "costo" di mantenimento delle stazioni. Tutto qua, per vedere se collimano")
Matteo Costantini: (Vice Presidente Vicario del Consiglio del I Municipio) - "Il servizio di Bike Sharing deve essere garantito dal Comune e non dal privato". [una autentica forsennata sciocchezza]
Ranieri Randaccio: (ditta SCI) - "Il Bike Sharing si fa sulle piste ciclabili. I Piani di Localizzazione  penalizzano gli altri impianti".
Giuseppe Scavuzzo: (associazione IRPA) - "C'è una sentenza del TAR che incide pesantemente sui Piani di Localizzazione".
Alberto Gaurdenzi: (Ditta D & D) - "Prima di parlare di Bike Sharing occorre fare le piste ciclabili ed i parcheggi per le biciclette, perché ad oggi è rischioso andare in bici". [Questo è un trucchetto ricorrente dei cartellonari: prima del bike-sharing servono le ciclabili, mai sciocchezza fu più grande]

18 gennaio 2017 

Orlando Corsetti: Si è chiesto provocatoriamente da dove scaturiscano gli 8.000 mq. riservati al Bike Sharing, dimostrando di non essere ( o non voler essere) a conoscenza dei precedenti, benché  sia stato Presidente della Commissione Commercio fino a un anno fa e da consigliere abbia approvato anche lui il nuovo PGTU di 350 ciclostazioni. 
La Deliberazione n. 325/2015 è stata pubblicata sull'albo online del sito ufficiale del Comune, con allegati tutti e 15 i Piani di Localizzazione, che quindi da allora il cons. Orlando Corsetti poteva benissimo vedere ed analizzare, senza uscirsene a distanza di ben 15 mesi dopo - coma ha fatto lo scorso 18 gennaio - con il provocatorio interrogativo su chi dei presenti conoscesse i Piani di Localizzazione, che è a mio giudizio finalizzato a rimettere in discussione uno strumento di attuazione del PRIP (oltre che il servizio di Bike Sharing, contenuto nel PRIP, si badi bene da lui approvato, e quindi anche dei Piani di Localizzazione) che è invece di esclusiva competenza della Giunta e non della Commissione Commercio
Andrea Coia: In risposta a Corsetti ha detto che si può politicamente analizzare i Piani di Localizzazione (così si rimette in discussione anche quelli, oltre al PRIP)
Matteo Costantini: Richiamando il 4° comma dell'art. 54 del Regolamento del Decentramento Amministrativo (che non c'entra nulla), pretenderebbe che sulla proposta della Giunta n. 27/2016 si debba acquisire il parere di competenza dei Municipi.
Arch. Masi: (Dipartimento P.A.U. del Comune, convocato appositamente da Andrea Coia) - Lamenta di non essere stato coinvolto per il parere di sua competenza sui Piani di Localizzazione.
Giuseppe Scavuzzo: (associazione IRPA) - Rifacendosi al testo della proposta n. 27/206, che gli è stata evidentemente trasmessa, richiama la sentenza del TAR per mettere in dubbio la legittimità di tutti e 15 gli incontri pubblici svolti sui Piani di Localizzazione. 
Marco Terranova: Ha espresso il dubbio che ci possa essere qualche Municipio che non abbia espresso il parere di sua competenza sulla proposta del PRIP della Giunta, per cui a suo giudizio occorre una verifica in tale senso (per doverosa informazione hanno espresso parere tutti e 15 i Municipi).
Ha fatto presente che per il futuro non consentirà più interventi, specie di tono polemico, di persone  che non siano state espressamente convocate alla seduta di turno della Commissione Commercio, che va sospesa se l'intervento autorizzato è di persona non convocata (così il cerchio si chiude, restringendolo soltanto alle ditte pubblicitarie, per conseNtire loro di sparare a zero su PRIP, Piani di Localizzazione, bike sharing e quant'altro.

Sta per aprire la Metro C a San Giovanni. Come riqualificare Largo Brindisi?

23 gennaio 2017
Sul problema delle sistemazioni superficiali delle stazioni della Metro C siamo tornati più volte in passato, sottolineando l'assurdità di una grande opera, costata una fortuna alla collettività, che tuttavia non è servita come invece spesso accade per i grandi cantieri per riqualificare le aree una volta terminati i lavori. Un autentico scandalo che dovrebbe avere i suoi responsabili, i suoi nomi, i suoi cognomi. 
Sta di fatto che nella maggior parte dei casi, una volta inaugurata la Metro C, i cittadini si sono trovati le strade grosso modo come erano prima (ovvero pessimamente arredate) e con gli stessi problemi. Nessun vantaggio quindi - a parte avere la metro sotto casa, beninteso - da anni e anni di cantieri.

Lo stesso teatro si è ripetuto anche a Via La Spezia quando ha aperto la stazione Lodi, attuale capolinea verso il centro della linea verde. Lo stradone che collega Piazzale Appio a Piazza Lodi è stato restituito alla cittadinanza esattamente come era nei primi anni Duemila, prima dell'apertura del cantiere.

La prossima tappa ora, prevista per questo autunno salvo imprevisti, dovrebbe essere San Giovanni. Si tratta di una stazione che ha largamente impegnato il territorio circostante anche per le sue caratteristiche di stazione di scambio con la Metro A. Sarà per lunghi anni il capolinea della C e per lunghi anni e forse per sempre ne sarà la stazione più importante. La domanda dunque è: quale è il progetto di sistemazione superficiale? Che fine farà Largo Brindisi? 

La nostra idea? Utilizzare l'area di cantiere per restituire al quartiere aree pedonali e aree verdi, non per aprire un nuovo flusso veicolare. Il flusso veicolare in più non serve, non è necessario, non è opportuno. Da cosa lo capiamo? Semplice: andate all'ora di punta a Piazzale Appio e osservate i flussi che da Via Magna Grecia si infilano dentro a Via Taranto. La viabilità locale riesce a contenerli? A quanto pare decisamente sì (vedi video): gli spazi attuali sono più che sufficienti ad accogliere i flussi, perché aprire dunque altre strade? Tra l'altro con l'apertura della metro i flussi di auto dovrebbero ancora decrescere perché molte persone che oggi prendo l'auto potranno passare al mezzo pubblico. Cosa potrebbe essere un Largo Brindisi pedonale o sistemato a verde? Quanto potrebbe essere utile questa nuova piazza (perché una nuova piazza potrebbe nascere) per la ripartenza delle attività commerciale? Ve la immaginate? Alberi, panchine, tavolini all'aperto, eventi, feste, giochi per i bambini. 


Il progetto sarebbe perfino preferibile (dovendo scegliere chi buttare dalla torre) al parco lineare lungo le Mura Aureliane, a Viale Castrense. Un parco sacrosanto, per carità, ma che rispetto a questa piazza sarebbe decentrato, isolato, a grande rischio degrado, fuori dalla città, laddove Largo Brindisi sarebbe nel cuore degli snodi, visibile da tutti, iper sfruttato dalle attività economiche. 


Ma tranquilli, zero speranze: dal lato di Cisalfa stanno già apponendo dei simpatici cigli di marciapiede e ben presto, come accaduto a Via La Spezia, aprirà una simpatica carreggiata "alla romana" con lo spazio per la doppia fila, per fermarsi un attimino e gli opportuni metri per consentire agli sguderoni di sfrecciare a destra o a sinistra delle macchine che dovessero osare rallentare se qualcuno passa sulle strisce. E magari un bel parcheggio di lamiere in mezzo allo slargo. Così se trova mejo posto...

Favelas e bidonville in zona Marconi. Le foto di un cittadino

22 gennaio 2017

Manco alcune foto che intendo allegare all'ennesima segnalazione al Comune e al corpo dei della Polizia Locale riguardo la situazione degli accampamenti a ridosso del Tevere in zona Marconi.
Qui i rifiuti che vengono recuperati dagli abitanti dell'accampamento rovistando nei cassonetti, prodotti dall'accampamento stesso ma anche gli scarti dei materiali trasportati per la lavorazione che avviene in loco vengono gettati sulle rive del fiume. Questi "avanzi" ben visibili nelle foto o finiscono presi dalla prima piena dell Tevere o vengono bruciati quando si accumulano costringendo all'intervento i Vigili del Fuoco. Ovviamente dall'accampamento ogni sera si alzano i fumi di diversi fuochi, alcuni sicuramente per scaldarsi e nutrirsi altri invece, dal marcato odore acre di plastica bruciata, che obbligano noi dall'altro alto del Tevere a tenere barricate le finestre per non finire intossicati probabilmente riconducibili al recupero di materiali ferrosi.


Vi sarei grato e pubblicaste se non altro per avere un minimo riscontro visto che il Comune non si è mai degnato di fare un intervento serio e sistematico.
Aggiungo anche foto scattate questa estate dell'incendio con relative immagini interne del villaggio stesso.
Mattia

*Luoghi che potrebbero essere fonti di ricchezza, di sviluppo, di posti di lavoro. Autentici paradisi terrestri a bordo fiume tra verde, acqua e città abbandonati invece al degrado più atroce e pericoloso. I soldi che l'amministrazione potrebbe ricavare solo gestendo in maniera seria e onesta le sponde del fiume basterebbero e avanzerebbero per pagare degli attici ai Parioli per ciascuna di queste famiglie accampate: qui si potrebbero fare centri sportivi, ristorazione, piccoli progetti di ricettivo e hotellerie come a Parigi. Ma per fare questo occorre mettersi a lavorare, avere una visione amministrativa, smettere di rubare e operare in un quadro normativo serio. Nessuna di queste ipotesi è all'orizzonte.
-RFS

L'assurdo incidente di Piazza Mazzini, spiegazione della dinamica

20 gennaio 2017








Strumentalizziamo con piacere l'assurdo incidente avvenuto poche ore fa a Piazza Mazzini per porre nuovamente l'accento sull'assurda organizzazione della piazza e sulla sosta selvaggia che ne deriva. Larghissima e non necessaria ai flussi viabilistici che la percorrono (mentre allargare i marciapiedi o creare un parco davvero vasto al centro e ben collegato coi lati sarebbe utilissimo), Piazza Mazzini non è da tempo più una piazza bensì un parcheggio a cielo aperto. Se proprio la si vuole trasformare in parcheggio, perché non fare un parking interrato come a Piazza Cavour lasciando la superficie a verde pubblico?

Questo malcostume che vede auto posteggiate ogni giorno e ogni sera in quintupla fila, in curva, negli angoli e sugli spartiraffico disegnati a terra, non crea problemi solo estetici (la piazza è oscena!) ma anche di sicurezza e di visibilità.

Quest'oggi un esempio clamoroso. Con immagini iconiche che hanno sollecitato l'ironia e il cinismo tipico della casa: confermata come  la capitale del parcheggio in doppia fila (in Francia lo chiamano "parcheggio alla romana"), Roma si propone come inventrice del parcheggio a castello.

Ma cosa è successo? Un signore anziano stava uscendo in retromarcia con il suo suv Chevrolet dal suo parcheggio nel bel mezzo della piazza. Ripetiamolo: nel bel mezzo della piazza! In quel momento stava passando una piccola Panda blu guidata da un altro signore anziano. Il guidatore del suv ha colpito la Panda. Il guidatore del suv, sempre l'anziano alla guida di un carro armato, deve essere andato nel panico, non ha tolto il piede dall'acceleratore e la Panda si è trasformata in trampolino.

Nonostante l'impatto spettacolare dell'incidente non si è fatto male nessuno. Il proprietario del suv stava però per ammazzare la moglie che attendeva di salire.

Tutto questo solo per fare una domanda: quando risistemiamo Piazza Mazzini e le mille piazze romane che, per difetti di progettazione e aggiornamenti di arredo mai avvenuti nei decenni, sono nelle stesse condizioni? Sicuramente non nel 2017: in bilancio l'amministrazione non ha messo neppure un centesimo per questo tipo di problemi e anche laddove questi problemi si possono risolvere valorizzando l'apporto dei privati, ad esempio realizzando parcheggi sotterranei, è tutto fermo per questioni meramente ideologiche.

Perché Roma si sta coprendo di mega affissioni sui palazzi spiegato facile






Lo scenario veleggia tra il patetico e il ridicolo. Con tutte le conseguenze del caso. Per carità, in molti casi questa organizzazione serve a far sì che vi siano i soldi, altrimenti inesistenti, per restaurare fior di palazzi storici (e il nostro punto è sempre stato quello che la pubblicità su area pubblica può esistere solo se dà qualcosa in cambio alla collettività), ma in molti altri casi - è del tutto evidente - ci si inventa delle necessità di restauri pur di piazzare enormi cartelloni pubblicitari in zone di primissimo pregio, oppure si procrastina senza reali motivi un intervento che potrebbe durare tempo 10 e invece viene fatto durare tempo 60, o magari 160. 

E la città si è completamente riempita di gigantesche affissioni che coprono i palazzi per mesi e per anni. I grandi crocevia e le zone di grandissima visibilità non sono libere mai. Mai. Si fa un palazzo, appena finisce su passa al successivo (la norma impedisce che vi siano due impianti in contemporanea sulla stessa area), indipendentemente dalla reale necessità dei lavori e degli interventi. 

Ma al di là delle malversazioni e di chi si approfitta, stando tra l'altro dentro le leggi, di come è scritta la normativa, come mai c'è questa pressione? Come mai c'è questa richiesta? Come mai le concessionarie che si occupano di restauro&inserzioni bussano alle porte dei condomini più visibili con offerte che non si possono rifiutare e che portano molti a decidere di incassare la lauta somma pur di stare per mesi e mesi nascosti dietro al pvc dei cartelloni? 

Il motivo è sempre lo stesso: il mercato delle affissioni romano e le modalità mafiose con chi è gestito. Roma è in fatti, allo stato attuale, l'unica città occidentale dove un brand serio, autorevole e famoso non ha modo di trovare spazi per le sue affissioni nei normali circuiti cittadini. Gli impianti fanno raccapriccio, sono gestiti da ditte improbabili, sono piazzati in maniera caotica, uno sull'altro, la pubblicità così perde valore, è sciatta e squallida e può essere di un qualche interesse (peraltro a prezzi stracciati, visto l'affollamento assurdo) solo a esercizi locali. A Roma si pubblicizzano mediante cartelloni concessionarie di auto, palestre, negozi si sartoria che ti rifanno la zip dei pantaloni in un'ora, compro oro e cartolerie. E' qualcosa di unico e incredibile: in tutto il mondo evoluto la pubblicità esterna è qualcosa di preziosissimo e raro, appannaggio esclusivo delle grandi marche che la usano per fare campagne di brandind, a Roma è tutto il contrario. Trovateci a New York, a Londra, a Berlino, a Parigi o a Madrid una concessionaria di auto, una palestra, un discount o una cartoleria che si pubblicizzano comprando spazi sulla cartellonistica: impensabile. Questi esercizi, in altre città, utilizzano la carta stampata o internet mentre i pochi, selezionati e begli impianti pubblicitari sono usati dalle grandi marche nazionali e internazionali. 

Secondo voi, giusto per commentare le foto in queste pagine, un'azienda come la Peugeot e le agenzie che le curano la comunicazione in tutte le grandi capitali globali, preferisce un impianto in cui è sola, visibile, magari di fronte al Colosseo oppure preferisce confondersi in mezzo a mille cartelloni e cartelletti che al massimo possono essere appetibili per una concessionaria? Il circuito normale delle affissioni romane va bene al più per le concessionarie automobilistiche, non per le case automobilistiche. Peccato che in nessuna città del mondo una mera concessionaria potrebbe mai avere accesso al mercato pubblicitario dell'esterna. E' un po' come se lo zozzone di Porta Maggiore comprasse una pagina sul New York Times, improbabile e impossibile.

Ecco perché a Roma c'è tutta questa pressione sulle grandi affissioni sui palazzi: è l'unico modo che hanno i grandi brand (e infatti le affissioni sono utilizzate solo dei grandi brand) per emergere dalla nuvola di immondizia della cartellonistica romana all'interno della quale qualsiasi affissione è squalificata, qualsiasi inserzione vale in realtà zero o addirittura meno di zero. Ed ecco perché, per certi versi, regolare e normare ulteriormente il comparto delle affissioni sui palazzi (cheppure, lo ripetiamo, sta esagerando) sarebbe un peccato perché significherebbe semplicemente tenere alla larga dalla nostra città i grandi investimenti in comunicazione di multinazionali e centri media, multinazionali e centri media che, in alternativa, mai e poi mai comprerebbero affissioni esterne "normali". Perché a Roma, nel comparto della pubblicità esterna, la normalità e immondizia impensabile dovunque al mondo.

Come si risolve questa faccenda? Ci si stava arrivando con la giunta Marino e con la caparbietà e la lucidità di Marta Leonori, ex assessora al commercio. Riduzione degli impianti e specializzazione dei circuiti, con un circuito pregiato, isolato e di altissimo profilo che poi sarebbe servito tra l'altro anche a pagare il bike-sharing (non solo pulizia della città, non solo riequilibrio della concorrenza, ma anche servizi utilissimi a cittadini e turisti laddove invece i grandi impianti sui palazzi danno solo peanuts indietro alla collettività). Tutto questo avrebbe sistemato un po' le anomalie attuali e avrebbe tra l'altro consentito al Comune di incassare di più nel contesto di una città più pulita, legale e sistemata. Tutto questo avrebbe costituito una concorrenza sana e leale al debordante universo delle mega affissioni sui palazzi. Ovviamente questa amministrazione ha insabbiato tutto, da mesi. Il famelico oligopolio dei gestori delle maga affissioni sui palazzi gode, il racket delle ditte pubblicitarie romane gode pure lui. Onestamente noi cittadini godiamo molto meno, anche se il 99% non se ne rende conto neppure...

A Porta Portese il tram 3 continua a passare e a non fermarsi. Perché?

19 gennaio 2017
Lo scorso 8 Agosto è stata riattivata la linea tranviaria n. 3 da Piramide alla stazione Trastevere che da anni era inspiegabilmente chiusa nonostante le ingentissime somme spese per il rinnovamento dei binari e delle fermate lungo via Marmorata.
Le voci che affermavano che la linea non potesse essere riaperta perché le banchine di fermata non erano a norma o per la mancanza di strisce pedonali erano evidentemente prive di fondamento visto che la linea è stata riaperta senza alcun intervento particolare.
Quindi tutto bene quel che finisce bene?
Purtroppo no, incredibilmente nonostante siano passati più di 5 mesi dalla riapertura, la fermata di Porta Portese è ancora chiusa con transenne metalliche e inagibile. Peccato che si tratti forse la più importante della tratta Piramide – Trastevere.

Motivo? Apparentemente mancano le strisce pedonali! Opera di una tale complessità che evidentemente in 5 mesi nessuno è riuscito a realizzare.

Sulla banchina chiusa, una palina elettronica comunica i tempi di attesa di mezzi che forse passeranno, ma che sicuramente non fermeranno. Colpisce tra l’altro l’intervallo di tempo tra il passaggio di due tram 3, 40 minuti, nei film western ci sono diligenze che passano con maggior frequenza…
Vittorio

Video. Come si fa una strada. Un esempio virtuoso (a Roma eh!)

18 gennaio 2017
Non sappiamo chi l'abbia progettata Viale Maresciallo Pilsudski, non sappiamo sotto quale amministrazione sia stata concepita e da cosa sia scaturito il progetto. Sappiamo però che quando dobbiamo indicare come si fa una strada, come si progetta lo spazio pubblico, come si affronta e si risolve l'annoso problema della sosta selvaggia e del corretto utilizzo delle carreggiate stradali (un problema che impatta in maniera cruciale sulla vita di ciascuno di noi), abbiamo degli esempi anche a casa, che potrebbero essere replicati facilissimamente in decine se non in centinaia di altri contesti. Separare i flussi di traffico dalla sosta non è la soluzione, ma senza dubbio è una delle soluzioni che, a costi contenutissimi, possono risolvere gli annosi problemi e difetti della città.

In questo video abbiamo provato a spiegare la nostra visione a riguardo, ovviamente con tutti i distinguo del caso (qui c'è poco spazio per la pedonalità, mancano ciclabili, mancano preferenziali, ma si afferma il principio fondamentale della separazione tra flussi e sosta). Sarebbe bello se questi stimoli venissero raccolti da un Assessore ai Lavori Pubblici, che diventassero oggetto di dibattito e che, infine, venissero se ritenuti corretti applicati in scala, dovunque. Perché ci può essere un "modello Roma" per affrontare le tare che la città si porta dietro, un modello adeguato e cucito addosso ai cancri che si stanno portando via questa città.

Questo vale per la sosta, per l'ambulantato, per la cartellonistica, per la segnaletica. E alle volte essere rimasti indietro può essere opportunità: perché poi affrontare il problema ora avendo in mano le leve della tecnologia. 
Solo che stiamo talmente all'anno zero che neppure un Assessore ai Lavori Pubblici abbiamo. Per dire...

Indicammo di votare Raggi? Ecco perché lo rifaremmo anche oggi stesso

17 gennaio 2017
In questi giorni, dopo l'uscita della sopravvalutata classifica del Sole24Ore, a Roma è impossibile trovare qualcuno che solo sei o sette mesi fa sosteneva Virginia Raggi. Sono tutti scomparsi, svaniti. "Imbucati" dice su Twitter il direttore della parte web de Il Messaggero Davide Desario che ha cercato di intervistare Claudio Santamaria o Sabrina Ferilli vedendoseli sfuggire come sorci.

E invece noi no. Proprio no. E' dal giorno dopo delle elezioni che qui, nei commenti, sui social, la cantilena da parte del settore meno intelligente del nostro lettorato è la solita: "avete dato indicazione di votare Raggi, quand'è che fate mea culpa?". Mea culpa un ciufolo di nulla! Abbiamo dato quella indicazione e la rivendichiamo oggi più di allora. 

Non era possibile fare diversamente, non era praticabile alcuna altra strada, abbiamo dato quell'indicazione consapevolissimi (quello che sta succedendo oggi noi lo scrivemmo ben prima del ballottaggio) ma convinti che, turandosi il naso, bisognasse fare in quel modo.

Quale era l'alternativa essendo l'opzione di Marchini una opzione evanescente? L'alternativa era forse la Meloni pronta a far tornare in campo, volente o nolente, tutta o una parte della classe dirigente che aveva scarnificato la città sotto Alemanno? No grazie, già dato. Eh ma c'era il PD, dirà qualcuno, tutto sommato è sempre l'alternativa più affidabile. Purtroppo, neanche per sogno. Si trattava e si tratta del partito più marcio e colluso della città, il partito che aveva appena giustiziato un suo fondatore, allora sindaco di Roma, solo perché aveva osato non mettere le mani nel torbido, ma lasciar intendere che le avrebbe messe. E' bastato quel proposito, quell'intenzione. Fatto secco, subito.

Giachetti sindaco? O sarebbe stato una sotto specie di Veltroni-secondo-mandato e di Rutelli-secondo-mandato (genero immagine e comunicazione, ma poi dietro di  me si divorano Roma), oppure, in alternativa, sarebbe stato un sindaco rivoluzionario, coraggioso, pazzo, arrembante. Già, ma in quest'ultimo caso avrebbe fatto l'esatta fine di Marino. Come fare dunque ad avere dubbi? Il PD non era votabile neppure lontanamente.

Alla luce dei fatti poi la scelta è stata doppiamente valida. Guardate cosa ha fatto il PD in questi mesi. Gli spazi per ricostituire una credibilità c'era tutti, l'amministrazione "nemica" andava malissimo e ci si poteva inserire con un racconto di qualità, di priorità. Si poteva cambiare classe dirigente, cercare nuove energie fuori, mettere ai margini i peggiori rappresentanti della vecchia guardia. Nulla di fatto. Comandano i soliti con poche eccezioni, ragionano come sempre, l'impostazione intellettuale rispetto ai problemi della città è esattamente la medesima. Pensate se avessero governato: avremmo avuto le solite porcate con, in più, anzi in meno, la disattenzione dei giornali. Non hanno sfruttato la sconfitta per migliorare, pensate cosa avrebbero fatto questi signori in caso di vittoria.

Tutte le decisioni più forsennate del M5S - e sono state tantissime - hanno avuto o lo sguardo benevolo del PD oppure una finta opposizione, mai incalzante, mai preparata, mai volta davvero a mettere in difficoltà l'avversario politico. Su molte questioni (il collateralismo col racket degli ambulanti così come con quello dei cartellonari) i due partiti sono andati in Commissione e perfino in Aula d'amore e d'accordo. Una melassa indifendibile. Le poche cose invece che il M5S ha fatto bene (vedasi il progetto, seppur migliorabile, della riqualificazione del Rione Monti presentato ieri in Commissione Mobilità) hanno visto l'opposizione cieca del PD, non per migliorare le cose ma per affossarle favorendo il mantenimento dello status quo.
Si potrebbe fare una opposizione incalzante, durissima, arrembante, divertente, creativa. Non si fa nulla. Vi viene in mente il nome e il cognome di qualche rappresentante del PD in Assemblea Capitolina? Pensateci. Il nulla vestito di niente.

Siamo gli unici a criticare davvero Virginia Raggi, siamo gli unici a mettere ogni giorno l'amministrazione di fronte alle sue porcate, siamo il punto di riferimento per chi vuole leggere un racconto diverso su quello che sta succedendo e ha bisogno di assegnare un'altra gerarchia ai problemi (il taglio di cubature alla Ex Fiera è, tanto per dire, più grave della nomina di Marra; checché ne dica tutta la stampa italiana), ma questo non ci impedisce di rivendicare l'endorsement. Nel 2016 non si poteva votare diversamente.
E se il PD non cambierà davvero non si potrà votare diversamente neppure alle prossime elezioni. Durante le quali però ci sarà Giorgia Meloni e la sua parte politica che rischierà di essere imbattibile. Ma tanto per il PD va bene lo stesso, perché il tornaconto è storicamente esistito sia al governo che all'opposizione della città. Opposizione tra mille virgolette, ovviamente, visto quanto fatto durante il quinquennio di Alemanno.

Il M5S sta deludendo tutte le aspettative di chi voleva cambiamento, merito, qualità, crescita, sviluppo economico, trasformazione urbana, lotta ai privilegi, parametrizzazione occidentale. Si sta facendo, su tutto, esattamente il contrario di quanto ci si sarebbe aspettati. Non c'è nessun altro però che a queste aspettative dia una benché minima risposta. Chiunque sarebbe stato al loro posto avrebbe fatto lo stesso, se non altro perché memore della fine fatta fare a chi, Ignazio Marino, si era permesso di dirazzare. Dunque come si fa a chiederci se ci siamo pentiti del nostro endorsement?

Esiste solo una soluzione plausibile e credibile. L'abbiamo abbozzata qua

Guarda che brutti e cattivi quei privati che si prendono cura della città

16 gennaio 2017
Passi da Corso Trieste e vedi una scena insolita, mai vista, rara, utopistica: qualcuno che pulisce la città. Con la massima cura peraltro. Con macchinari adeguati. Con voglia, magari perfino con amore, sicuramente credendoci e non pensando solo a quando iniziano le ferie, pensando solo a quando finisce il turno, pensando solo a quando prendere la prossima finta malattia o la prossima finta giornata di 104, pensando ad ottenere il massimo dando il minimo.
Gente che lavora, cavolo. La-vo-ra. E lo fa "accanendosi" su un bene che, al di là della burocrazia, è comune. Un bene, infatti, può essere comune anche quando è privato. O magari quando è pubblico ma gestito da privati. L'acqua, ad esempio, al di là delle fisime di alcuni e al di là dei risultati dell'ennesimo patetico referendum, è sempre pubblica, i privati al massimo la gestiscono e fanno sì - controllati a dovere dal pubblico, perché così deve funzionare - che la sua distribuzione sia efficiente e non determini sprechi, corruzioni o ruberie.


Le fermate dell'Atac, quelle belle bianche disegnate da un concorso di ragazzi dell'università, sono un bene comune. Poco cambia se è un privato a gestirle, poco cambia se è un privato a tenerle in maniera impeccabile, poco cambia se portano informazioni utili e pubblicità di alto livello (a differenza della immondizia di tutte le altre inserzioni cittadine). Poco importa, per l'utente, che dietro alla loro manutenzione ci sia un sacrosanto interesse economico, quello che una enorme percentuale dei nostri cittadini considera un peccato, un demonio, una fonte di corruzione morale. Un sacrosanto interesse economico: tu mi dai una concessione a fare, mi controlli affinché io faccia bene, e io faccio bene. Ovvero monto le pensiline, pensiline di qualità, le manutengo, le pulisco, le lustro, faccio in modo che la gente, il pubblico, che le utilizza abbia un servizio per davvero. 


Questo meccanismo come abbiamo spiegato mille volte può funzionare in decine e decine di altre circostanze. Così, allo stesso modo: concessioni > gare > controlli > servizi. A costo zero per l'amministrazione, anzi spesso con un notevole guadagno. Dalla manutenzione delle aree verdi al bike-sharing, dalla cartellonistica al patrimonio immobiliare, dal commercio ambulante ai tavolini all'aperto fino ai parcheggi interrrati. Tutto può essere gestito con questa logica che è la roba più democratica e sociale che si possa immaginare, perché offre servizi gratis di qualità a chi non se li può permettere valorizzando l'unico cespite che una amministrazione ha a disposizione: lo spazio pubblico.

Oggi lo spazio pubblico è quasi del tutto umiliato. Così chi è abbiente può pagarsi i servizi, chi invece abbiente non è deve marcire nello squallore. Vincono così i prepotenti e i ricchi, e perdono i poveri. E pensate che i primi oppositori a queste politiche da noi propugnate sono proprio quelli che dicono di lottare per i poveri e per gli ultimi. Convincetevene: fanno finta. Fanno finta!


Post Scriptum. A Roma le pensiline (l'unica cosa decente di Atac oltre al funzionamento del profilo Twitter) sono gestite e manutenute dalla Clear Channel, una terribile e temibile multinazionale ammmerigana. Brrr...

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