Il testo con cui Tomaso Montanari annuncia la sua rinuncia (e per fortuna!) a fare l'assessore alla cultura della Giunta di Virginia Raggi è emblematico di quanto siano cogenti e reali gli allarmi che ormai da giorni stiamo lanciando al Movimento 5 Stelle di Roma sperando di essere ascoltati.
Non riusciamo a capire ed a farci una ragione (ma in questo testo cercheremo di sviscerare se avrete la pazienza di leggere fino in fondo), infatti, del motivo per cui la vittoria del Movimento 5 Stelle nella Capitale, una vittoria che dovrebbe portare innovazione, cambiamento, facce nuove e nuove modalità, si stia trasformando in un'inattesa e totalmente inedita vittoria del vecchio Partito Comunista Italiano o, diciamo meglio, delle sue metastasi post 1989 a partire da Rifondazione Comunista per arrivare a Sel, ai Movimenti Antagonisti e chi più ne ha più ne metta. Compagini politiche che, a Roma e dovunque nel paese, hanno sempre rappresentato fallimenti, ideologie sciocche e autolesioniste, danni ai cittadini e in particolar modo a quella fascia debole dei cittadini che a parole dicevano di voler tutelare: i risultati di questa mentalità sono sotto gli occhi di tutti. Tutti questi personaggi, autentici sepolcri imbiancati che non avrebbero cittadinanza in nessun altro paese occidentale ed evoluto e sarebbero trattati per quel che meritano, stanno tornando in auge - inaspettatamente - grazie alla vittoria di Virginia Raggi pressoché certa anche al secondo turno di ballottaggio.
Lo stanno facendo, per di più, in odio e in contrasto con l'elettorato del Movimento in quella che abbiamo chiamato senza tema di smentita una frode elettorale ed una truffa democratica. Il voto di tanta gente stufa del sistema e delle inefficienze, dell'economia bloccata, degli sprechi, della corruzione viene letteralmente carpito con l'inganno, mostrando una facciata di novità, e portato invece in dote alla peggiore conservazione, al peggio medioborghesismo, alla peggiore ignoranza vetero sindacale, vetero statalista e vetero comunista. Una scelta politica miope, che con ogni probabilità il Movimento di Grillo pagherà carissima perché così facendo dimostra l'incapacità di creare una nuova classe dirigente dovendo ricorrere alle peggiori frange della vecchia.
Sono le cose che quello stesso elettorato detesta, ma sono le cose che quell'elettorato viene strumentalizzato per raggiungere. Un vero raggiro che non ha spiegazioni in prima lettura e che, tra l'altro, rischia di pregiudicare la vittoria finale della Virginia Raggi se non fosse per il fatto che, nella grande circonvenzione di incapaci che è oggi la politica, nessuno in realtà si accorge dell'inganno e solo questo sito ne parla.
Nel suo blog (che fin dal nome strumentalizza l'Articolo 9 della Costituzione che egli non ha mai letto altrimenti si sarebbe reso conto che i padri costituenti misero lo "sviluppo" e la "promozione" della cultura ben sopra alla mera "tutela" che lui propugna in luogo di qualsiasi innovazione) Tomaso Montanari ci viene in soccorso nei nostri ragionamenti e spiega per filo e per segno quello che stiamo cercando di indicarvi da giorni. Ricordiamoci, leggendo il testo, che Montanari è lo stesso Montanari che non più di qualche settimana fa (come vi abbiamo raccontato già qui) sbeffeggiava volgarmente Virginia Raggi attaccandola sull'unica cosa sulla quale è sciocco e becero attaccarla ovvero sulla storia del suo lavoro allo studio Previti.
Seppur a malincuore ho deciso di non accettare la proposta di Virginia Raggi di diventare (in caso di una sua vittoria al ballottaggio di domenica prossima) assessore alla Cultura di Roma. Ci ho pensato a lungo: per me, che mi occupo della storia dell’arte di Roma e che sono profondamente convinto della centralità della cultura nella vita democratica, sarebbe stata una straordinaria sfida professionale.Ma governare una città non è solo una questione professionale. Per farlo davvero bene – specialmente nella cultura – non si può essere capitani di ventura, o tecnici vaganti: bisogna essere un membro stabile di quella comunità. È necessario essere parte di quel popolo, sentirsi esistenzialmente radicato a quelle pietre. Io non sono romano e non vivo a Roma: e in Italia come in pochi altri paesi il legame con la nostra città è viscerale, carnale. È un’appartenenza biunivoca: la nostra città ci appartiene, ma anche noi le apparteniamo.Dunque, questa non è la mia partita. Ma vorrei sottolineare il valore politico della proposta di Virginia Raggi.Mi riconosco nei valori della Sinistra. Non ho mai votato Cinque Stelle, e se avessi votato a Roma, al primo turno avrei votato per Stefano Fassina.Ma è un dato di fatto che in questi anni, nelle tante battaglie per la difesa dell’ambiente, del territorio e del patrimonio culturale, ho sempre trovato dall’altra parte della barricata un sindaco o un presidente di regione del Pd o di Forza Italia (purtroppo spesso indistinguibili). E, invece, dalla mia parte e senza che li cercassi, c’erano immancabilmente i cittadini che si riconoscono nel Movimento Cinque Stelle. È da questa oggettiva convergenza su alcuni valori, è da ciò che ho scritto nei miei libri, che è nata l’idea di rivolgersi a me. Ed è per lo stesso motivo che la Raggi ha scelto come assessore all’urbanistica Paolo Berdini: uno degli eredi diretti di Antonio Cederna, inflessibile avversario degli eterni palazzinari romani, editorialista del Manifesto e indiscutibilmente di sinistra.Ora, io credo che questa apertura del Movimento Cinque Stelle verso alcuni dei valori costituzionali cari alla storia della Sinistra italiana sia da salutare come un fatto assai positivo.Quando più di un romano su tre vota per i Cinque Stelle – con percentuali assai alte tra i più giovani e altissime nelle periferie – diventa evidente che non si tratta più di un voto di protesta, ma di una richiesta (quasi di un’implorazione) di governo.Mi pare indispensabile che ora i Cinque Stelle accelerino la loro evoluzione: vanno superati al più presto il ruolo incongruo di Beppe Grillo, l’inquietante dinastia proprietaria dei Casaleggio, le inaccettabili posizioni sui migranti, sul cammino dell’Unione Europea e su altre questioni cruciali. Se questo processo continuerà sarà un bene per l’intera democrazia italiana: che rischia di bloccarsi sul mantra dell’assenza di alternative al Pd di Matteo Renzi.Sono tra i molti che credono che Renzi stia spostando la politica del Pd ben più a destra dell’imperante moderatismo liberista europeo: ne sono segni inequivocabili una politica insostenibile per l’ambiente e il territorio, una inaccettabile mercatizzazione della scuola e della cultura, la contrazione dei diritti dei lavoratori e soprattutto una caotica quanto pericolosa manomissione della Costituzione, accompagnata da una legge elettorale programmaticamente non rappresentativa, e sostanzialmente antidemocratica.Se la sinistra radicale non riesce, con ogni evidenza, a rispondere a tutto questo, è impossibile non riconoscere che i Cinque Stelle (occupando di fatto lo spazio che in Spagna è stato conquistato da Podemos) stanno invece aprendo nuovi spazi di cittadinanza: suscitando partecipazione almeno quanto questo Pd sembra invece puntare, irresponsabilmente, sull’astensione.Se votassi a Roma, al secondo turno sceglierei dunque la Raggi, anche perché (nonostante l’evidente probità di Roberto Giachetti) è vitale – dopo l’impressionante disastro consociativo – che sul Campidoglio tiri un’aria radicalmente nuova.Se poi quest’aria riuscirà a costruire una alternativa nazionale ispirata ad un riformismo radicale, e se lo farà aprendosi a valori e personalità della sinistra, il Paese non avrà che da guadagnarci.
I grassetti sono nostri perché aiutano a capire, benché il testo sia davvero chiaro. Montanari, al di là delle trite cantilene da centro sociale sulla "mercatizzazione della cultura" e sul "moderatismo liberista" imperante che non sentivamo enunciate dai tempi dell'occupazione al liceo, propone però prosa eccellente e discorso lucido. Il ragionamento dello studioso non fa una piega: la sinistra radicale ha totalmente fallito, è impresentabile e invotabile e gli elettori si sono dimostrati disinteressati a certe battaglie di retroguardia (notate, lui parla sempre di difesa, mai di sfida, mai di opportunità, tutti sempre dobbiamo stare arroccati e in difesa, il nostro patrimonio non deve svilupparsi e aggredire delle sfide, no, deve essere difeso, così l'arte, così la cultura. La retroguardia più nera!) e allora noi che possiamo fare? Non possiamo che cercare, come parassiti intellettuali e come germi della politica, di infilare le nostre idee, ampiamente bocciate dai cittadini, all'interno di un altro organismo, un altro contenitore. Sotto mentite spoglie, di soppiatto, di nascosto, come l'oste che tiene sul tavolo la bottiglia dell'olio buono, ma la rabbocca ogni giorno con quello di sansa del supermercato. Ingannando tutti, raggirando tutti, imbrogliando tutti.
Montanari lo spiega bene: a Roma l'alternativa per chi voleva personaggi come lui in Campidoglio c'era ed era Fassina. Oltre il 95% della città ha deciso che quella opzione politica non era praticabile e l'ha bocciata. Questi stessi cittadini oggi si trovano quelle idee, quegli individui, quegli approcci dannosi e messi ai margini in tutto il pianeta di nuovo al potere. Pur avendoli indiscutibilmente bocciati. Esageriamo a chiamarla frode politica e truffa elettorale?
Ma poi Montanari ci aiuta, molto più lucidamente di quanto noi avremmo potuto mai fare, a capire il motivo per cui questo sta avvenendo. Ed è un motivo che non ha nulla a che spartire con la città di Roma: a quanto pare insomma al M5S fotte un ciufolo di amministrare bene la città, l'obbiettivo è il governo centrale: Roma è solo uno strumento. Gli assessori, dunque, non si scelgono per il bene della città e il suo sviluppo, no, si scelgono pescando nello stagno dove sguazzano i più ideologici e avvelenati antirenziani. Ecco perché per la cultura si va a prendere uno di Firenze che di Roma non sa nulla (ed è costretto lui stesso a farlo notare): per il semplice fatto che è un signore che passa le giornate ad inventarsi teoremi contro il Governo, contro Franceschini, contro Renzi. Un atteggiamento non solo suicida per le conseguenze che potrà avere su Roma, ma umiliante nei confronti del voto dei cittadini e totalmente allineato con quanto ha sempre fatto la vecchia politica.
Insomma al direttorio non interessa amministrare bene Roma, interessa mettere al muro il Governo in vista delle elezioni del '17 o del '18. Dunque la squadra che amministrerà la capitale deve essere strutturata in questo modo. Ecco perché saltano nomi che potrebbero fare cose, come Enrico Stefàno ai Trasporti, e arrivano nomi che servono a costruire un racconto contro Matteo Renzi e le sue scelte, come il professor (un altro professorone, che non esita nel suo blog a definirsi "comunista") Marco Ponti. Per il Movimento 5 Stelle è strategia politica legittima, per gli elettori si tratta di un imbroglio vergognoso. Gli assessori, se non lo avete ben capito, devon rispondere a Di Maio e alle sue ambizioni di premier e non a Virginia Raggi ed alle sue ambizioni di essere un buon sindaco come tutti auspichiamo. Non bisogna fare cose per Roma, bisogna assemblare personaggi folcloristici per costruire a partire da Roma uno storytelling contro il governo. Strumentalizzare un grande ente locale per ottenere tutt'altro. Come ha sempre fatto la vecchia politica. E Montanari indica questa strategia, oscenamente democristiana, come qualcosa di nuovo...
Ecco perché Virginia Raggi dichiara che farà solo un mandato: perché un mandato - sebbene insufficiente a realizzare qualsivoglia progetto da sindaco, lo sanno tutti - è abbastanza per fare i pierini contro l'amministrazione centrale e sticatzi dello sviluppo di Roma.
Ma torniamo all'utile testo di Montanari. Montanari cita Berdini perché è stato Berdini ad indicare Montanari. Montanari cita Christian Raimo (in un'intervista di oggi a Repubblica dove indica Raimo come possibile assessore a seguito della sua rinuncia) perché si tratta dello stesso gruppetto, della stessa riserva indiana di persone che il buon senso, la logica e le dinamiche della politica (in primis la democrazia, sai com'è) hanno l l messo ai margini. E' una compagnia di giro accomunata solo dall'antirenzismo, senza considerare che agli elettori del 5 Stelle a Roma di Renzi non importi granché, vorrebbero solo essere amministrati in maniera civile come accade a Madrid, a Londra, a Berlino o a New York. Ovvero in città dove le ricette di Berdini, di Montanari e di tutta la cricca farebbero tutt'al più sorridere.
Roma fa Schifo continua a "tifare" convintamente per Virginia Raggi e continua ad invitare tutti i suoi lettori a scegliere per lei domenica (d'altro canto tutto questo è comunque meglio del regime mafioso che il PD è riuscito a instaurare negli ultimi anni). Ma allo stesso tempo ci sentiamo di sollecitare tutti voi, finché la Giunta non verrà annunciata ufficialmente domani, a farvi sentire. Specie se siete parte del Movimento, specie se lo avete sostenuto, fate pesare il vostro voto, fate capire che la vostra fiducia che è data ad un Movimento di ragazzi nuovi e privi di macchia ideologica non può essere girata, come se fosse un pacco postale, a chi ha già dato, a chi ha già fallito, a chi ragiona per steccati di un fondamentalismo per fortuna morto e sepolto da trent'anni. Scrivete ai vostri consiglieri comunali di riferimento, fategli capire che avete capito, non vi fate frodare e ingannare in questo modo. Le tante persone interne al Movimento che ci fanno complimenti in privato per le nostre analisi, escano allo scoperto.
Non sappiamo ufficialmente il motivo per cui invece di creare una nuova e innovativa classe dirigente, il Movimento 5 Stelle a Roma si stia rivolgendo ai peggiori e più tossici residuati bellici del periodo politico precedente, ma siamo certi che questa deriva - pur in un sostegno di base alla vittoria di Raggi - sia fortemente da combattere.
La nomina in una giunta - che invece dovrebbe essere disruptive, innovativa, spiazzante e entusiasmante - di personaggi come Tomaso Montanari (o chi da lui indicato) o come, peggio ancora, Paolo Berdini, ha una sola reale utilità: convincere quelle poche persone dotate di onestà, talento e visione ancora rimaste a Roma a lasciare la città e raggiungere i tanti che l'hanno già fatto negli anni passati; convincere quelle poche realtà private disposte a creare lavoro e ad investire a Roma a raggiungere le tante che sono fuggite negli anni passati.