Video. Il luogo dell'incidente ai Colli Portuensi due giorni dopo

31 maggio 2017
Oggi dopo un paio di giorni siamo tornati sul "luogo del delitto" di Via dei Colli Portuensi. Ovvero nell'esatto punto in cui la Smart di una persona drogata e privata della patente (oltre che con precedenti penali) ha investito cinque persone spedendone all'ospedale alcuni in codice rosso.

Nella parte a monte della strada sono state ripittate in fretta e furia le strisce pedonali. L'ipocrisia romana che cerca di pulirsi la coscienza andando a sistemare la città solo dopo che accade qualche fatto delittuoso.

L'incrocio dove è avvenuto il fatto, tra l'altro, non è stato neppure riqualificato e ancora versa in condizioni di grave pericolo con strisce completamente cancellate. Cancellate come saranno cancellate quelle ridipinte ieri vista la qualità della vernice: durano 10 giorni al massimo perché a Roma (solo a Roma) si usa una specie di vernice spray laddove dovunque in Italia e in Europa si va avanti a strisce in termoplastico.


Abbiamo notato che nulla è cambiato. Quasi ci scappano dei morti, l'incidente è assurto ai disonori delle cronache ma niente. Tutto uguale. Auto che corrono a alta velocità, niente autovelox o sistemi di calming della velocità e del traffico, sosta selvaggia assolutamente criminale addirittura macabramente sopra la zona dei rilievi dell'incidente e pedoni cui non viene data la precedenza sulle strisce. 


Invece di sistemare la città, rendere sicure le strade e gli attraversamenti pedonali (su questo l'amministrazione è riuscita a non fare nulla di nulla in un anno), i consiglieri sono stati tutta la notte, per ben 15 ore, a cercare di approvare il Regolamento che regala definitivamente la città alle lobbies dei bancarellari mettendo la parola fine su ogni speranza futura e remota di riqualificazione delle strade di questa città. Si muore come cani sulle strade (solo l'altro ieri 8 pedoni travolti, stamattina un altro a Testaccio), ma chi amministra pensa a come aggraziarsi i voti delle lobbies, delle mafie, delle cricche. Facendo anche di corsa perché c'è da restituire ai suoi "proprietari" la Fiera della Befana di Piazza Navona che dopo alcuni anni di sacrosanta sospensione a dicembre, grazie ai figuri che ci amministrano, tornerà in mano agli operatori che l'hanno resa vomitevole 

La mentalità clientelare e paramafiosa del M5S romano e il silenzio dell'opposizione

30 maggio 2017
Facciamole fare i peggiori errori, facciamola cuocere nel suo brodo, facciamola andare a sbattere. Così poi utilizziamo tutti i suoi sbagli per nostra propaganda elettorale. 

Questa è l'impostazione del PD e di tutte le opposizioni rispetto alla sciagura di Virginia Raggi (fa piccola eccezione il partito di Alfio Marchini in virtù dell'attivismo di Alessandro Onorato). Un modo di fare opposizione rispetto al quale "ce semo boni tutti". Un modo di fare opposizione che umilia il concetto stesso di politica e che crea danni ai cittadini tanti quanti ne generano le scelte forsennate della maggioranza. Perché "a sbattere" ci andiamo tutti. E talvolta in maniera irrimediabile, con danni permanenti e con conseguenze di lungo o lunghissimo periodo.

Ed è proprio in questo senso che la scelta delle opposizioni resta incomprensibile e suicida. Va bene la strategia, va bene il doppio gioco, va bene la real politik e il gioco astuto dei politicanti navigati contro gli amministratori inesperti. Ma qui si esagera: qui si continua a mettere la testa sotto la sabbia non a fronte di un mero e banale mal governo (cui peraltro la città è assai abituata), bensì a fronte di scelte amministrative criminali, surreali, folli che lasceranno cicatrici aperte e sanguinati per lunghissimi anni. E che renderanno il campo impraticabile anche per chi amministrerà dopo.

L'atroce Regolamento sulle bancarelle che la maggioranza vuole approvare oggi in Aula è un esempio fulgido: non è solo un errore di Raggi da giocarsi in campagna elettorale, non è solo un esempio da portare in ogni tv nazionale per spiegare come i Cinque Stelle siano il partito che più di ogni altro risulta schiavo delle peggiori cricche, caste e lobbies, ma è anche un provvedimento che avvelena i pozzi, che rende la città ingestibile pure per chi arriverà dopo. Che ne pregiudica e ne tarpa qualsiasi speranza di riscatto. 

Lo stesso per quanto riguarda la riforma dei cartelloni e della pubblicità stradale. Il fatto che i Cinque Stelle stiano massacrando il provvedimento avrà conseguenze per decenni e impedirà anche a chi amministerà dopo il 2021 di realizzare servizi indispensabili per la cittadinanza.

Avere devastato l'azienda delle Farmacie Comunali per favorire le cricche dei lavoratori e dei fornitori, aver comunicato al mondo che la città è ufficialmente incapace di vedere e realizzare il proprio futuro con la goffa rinuncia alle Olimpiadi (da quel momento tutte le aziende dotate di raziocinio hanno iniziato a pianificare il disimpegno dalla città, e pian  piano andranno via tutte), aver raso al suolo l'unico sviluppo immobiliare di caratura internazionale come quello di Tor di Valle trasformandolo nell'ennesima speculazione edilizia alla romana modello Bufalotta o Ponte di Nona, aver regalato alla città per i prossimi decenni i ruderi delle Torri dell'Eur o l'abbandono della Ex Fiera di Roma sono fatti che chi arriverà in futuro si ritroverà sul groppone. Sono fatti che connoteranno come negative anche le amministrazioni dopo. 

Ma l'assenza di opposizione rispetto a fatti gravi e dirimenti non ha solo queste conseguenze. Ha anche delle conseguenze culturali. L'opposizione in questa fase dovrebbe contribuire a creare un racconto diverso della città, a spiegare alle fasce più attente della cittadinanza cosa si sta sbagliando, dove si dovrebbe andare, perché lasciare ferma per un anno la differenziata alle cifre lasciate dalla Giunta Marino è un crimine, perché dire che "non servono impianti" è un crimine, perché bloccare l'impiantistica di riciclo di Rocca Cencia è un crimine. Dove è questa parte politica che edifica una narrazione ostinata e contraria del regime pentastellato al governo? Nessun cittadino in questi mesi sta crescendo dal punto di vista civico (fatta eccezione per quelli che leggono Roma fa Schifo e altri pochi blog eroici). Nessun cittadino sta capendo che questa gestione di Atac è assurda, che questa gestione di Ama è assurda, che questa gestione dei lavori pubblici è assurda e così via. Non c'è un solo uomo politico di minoranza che ha spiegato ai cittadini quanto è devastante la sciatteria amministrativa nel gestire il verde pubblico (dal 1 aprile i parchi restano aperti la notte), non c'è un solo uomo politico di minoranza che ha spiegato quanto è clientelare far tornare i consigli di amministrazione nelle municipalizzate e nessuno che ha spiegato quanto è grave aver fatto ricorso contro l'istituzione del Parco Archeologico del Colosseo.

Ma finché c'è malgoverno è un conto, ma ora si sta salendo di grado. Si stanno iniziando a approvare "regolamenti". Come succede oggi pomeriggio in Aula. Significa che la mentalità clientelare e paramafiosa dei pentastellati romani (non è lo stesso fuori da questa città per fortuna) si sta distillando in atti strutturali che determineranno la nostra vita, quella dei nostri figli, quella delle amministrazioni future.

Stare zitti ora significa accettare di governare domani su un cumulo di macerie. Lo si può fare solo se si è in profonda cattiva fede. 

La doppia presa per i fondelli delle #stradenuove. Il caso di Via Arenula

29 maggio 2017
Per quanto ci riguarda tutto è partito da un post di Pietro Calabrese, consigliere a Cinque Stelle tra i più folkloristici, fautore della decrescita felice e dunque entusiasta dei licenziamenti di Almaviva, di Esso, di Sky e compagnia bella: finalmente, come ha auspicato da sempre, le multinazionali lasciano la città.
Ebbene il buon Calabrese prende il suo profilo Facebook (questa multinazionale, tra le più atroci al mondo per certi versi, però va bene e si può usare) e col solito mood pentastellato (della serie "aiutateci a condividere") pubblica delle foto di Via Arenula sottoposta a lavori in corso.

Ohibò, pensiamo, ma che sul serio il grande raggiro delle #stradenuove nascondeva in realtà un'operazione doverosa e strategica come la riqualificazione di Via Arenula? Di una strada così importante? Ma allora non è vero che l'amministrazione Raggi è totalmente inefficace. Ci precipitiamo sul posto e naturalmente emerge la verità: anche in questo caso grande bufala. Il progetto risale addirittura al luglio 2016, quasi un anno fa, dunque predisposto dalle precedenti amministrazioni. 



Ma la cosa più grave non è questa, giacché siamo abituati alle piccole grandi bugie a Cinque Stelle. La cosa grave è che dopo qualche giorno siamo tornati a vedere il lavoro finito e ci è venuto un groppo alla gola.

Via Arenula era stata, semplicemente, riasfaltata. Ma le buche erano solo uno dei cento problemi che questa strada aveva. Non è un caso che ne facemmo proprio un post qualche mese fa, convinti che la nuova amministrazione ci avrebbe dato retta. "Via collettore" la chiamammo, e infatti così è. Via Arenula è importantissima e doveva essere riqualificata per eliminare la sosta selvaggia, per dare maggior sicurezza ai pedoni, per disegnare una pista ciclabile.


Quello che lo sbandierato progetto #stradenuove ha restituito lo potete apprezzare nel filmato. Ma che senso ha investire milioni e vantarsi di farlo se poi i problemi non si risolvono e la città non si trasforma in qualcosa di meglio rispetto al caos che è oggi? Questo modo di lavorare è ultra-vecchio, altro che strade nuove e noi l'inganno lo avevamo già ampiamente spiegato qui. Vecchio, pericoloso e costosissimo per le tasche dei cittadini, senza avere seri servizi in cambio. A Roma abbiamo le uniche strade "riqualificate" che ospitano al loro interno decine di auto in sosta abusiva (tra l'altro sempre le stesse, appartenenti ai negozianti che sfruttano il fatto di poter controllare l'arrivo dei Vigili e strumentalizzano la posizione della strada che permette di "parcheggiare" praticamente a Largo Argentina senza entrare in ZTL): ma allora che riqualificazione è? Allora i soldi dei cittadini sono utilizzati solo per ungere ditte che fanno lavori inutili e per alimentare la nevrosi dei post Facebook e delle condivisioni selvagge senza un briciolo di approfondimento e riflessione su quel che sta succedendo per davvero.


Come fanno questi nuovi amministratori dopo così pochi mesi ad aver imparato così bene a comportarsi come e peggio dei vecchi? Tra l'altro come al solito fessacchiotti: avrebbero potuto dire "si stanno ultimando dei cantieri ma scusateci perché non sono stati concepiti da noi e dunque sono pessimi come impostazione". E invece per correre ad intestarsi cose altrui, si finisce per intestarsi anche e soprattutto i demeriti prima ancora dei meriti. Una bella figura, l'ennesima...

PS. Questo post non menziona alcun assessore perché la città, dopo 12 mesi di amministrazione, ancora non è riuscita a dotarsi di un assessore ai lavori pubblici. Non c'è.

La città non ha più un delegato alle biciclette. Ma le dimissioni sono inquietanti

28 maggio 2017
Buoni ultimi ci inseriamo pure noialtri nel dibattito relativo non solo al "delegato alla ciclabilità" a Roma, ma proprio alla ciclabilità in senso lato. Nota dolente storica e ancor più dolente dopo un anno di amministrazione pentastellata presentatasi in campagna elettorale come amica delle biciclette e della mobilità sostenibile, ma alla resa dei conti effettiva nemica giurata e ostacolo insormontabile a ogni evoluzione concreta in questo senso.

Tra l'ottimo lavoro del blog Diarioromano e la grave disinformazione del Corriere della Sera con un articolo apparso oggi, cerchiamo di fare un po' di chiarezza su cosa è successo.

Lo scorso agosto l'amministrazione, senza una condivisione con le associazioni (anzi facendole arrabbiare non poco) e senza una evidenza pubblica, nelle segrete stanze nominava tale Paolo Bellino a capo dell'ufficio bici di Roma Capitale. Trattavasi di mero appassionato di bici, ma soprattutto di figura assai divisiva e borderline: classico comunista alla romana (di quelli che guadagnano 4 o 5mila euro al mese e hanno casa nel cuore del Rione Monti, per capirsi) e in virtù di ciò contrario al bike-sharing che però è l'unica soluzione plausibile per allargare la ciclabilità in città come dimostrano metropoli come Parigi, New York, Barcellona o Milano. Ma il bike-sharing è per pezzenti che usano la bici per arrivare in orario a lavoro (oh, il lavoro, che volgarité!) non per appassionati duri e puri che la bici se la costruiscono a mano come il Bellino e non concepiscono - da bravi comunisti alla romana - la condivisione al posto della proprietà. Dunque un delegato alla ciclabilità che ha dichiaratamente ostacolato lo strumento principe che può far diventare Roma una città ciclabile a tutto tondo.

Insomma una scelta sbagliatissima sotto ogni punto di vista. Ovviamente Bellino, zavorrato da un carattere difficile e aggressivo e poco propenso al compromesso purtroppo sempre necessario nell'amministrazione pubblica (fino al giorno prima di essere cooptato girava per le strade a dipingere corsie ciclabili abusive e dimostrative su ponti e gallerie), ha potuto concludere ben poco. Si è scontrato con gli uffici un giorno si e uno pure e invece di aggirare l'ostacolo l'ha considerato un baluardo ideologico contro cui "scazzare" di continuo (parole sue). Poca furbizia e scarsa efficacia, a 55mila euro l'anno. Ma tanto, da bravo comunista alla romana, ha sempre fatto sapere che la sua paga nel lavoro precedente era perfino superiore e che dunque si stava sacrificando per il "bene" della città.

Sta di fatto che dopo poco più di 8 mesi, come tutte le nomine fallimentari della Giunta Raggi, anche questa è saltata: Bellino si è dimesso. Ora dovremmo solo pressare affinché l'amministrazione trovi un nuovo delegato questa volta adottando procedure serie, facendo una evidenza pubblica (certo se l'evidenza pubblica fa la fine di quelle fatte per gli assessori ai Lavori Pubblici e alla Casa... Si stanno cercando da mesi senza esito) e andando a pescare tra professionisti efficaci e di qualità. Ma prima ancora dobbiamo analizzare alcuni elementi relativi alle caratteristiche di queste dimissioni, del come sono state comunicate, gestite e da quali dichiarazioni da parte del dimissionario sono state rese.

Dal post pubblicato ieri sul suo blog da Bellino apprendiamo innanzitutto che le dimissioni decorrono dallo scorso 4 maggio. Sono ben tre settimane. In queste tre settimane nessuno (ne Bellino ne i suoi referenti politici ne il Sindaco che sulle bici ha fatto mezza campagna elettorale) si è sentito in dovere di comunicare la cosa alla città o quanto meno ai ciclisti urbani che ogni giorno rischiano la vita in una città infame e meschina. Una mancanza di trasparenza che confina con l'omertà. Tanto più che Bellino ha deciso di comunicare la fine del suo incarico non certo di spontanea volontà, ma solo in virtù di uno scoop del blog Diario Romano. Senza questo ottimo lavoro giornalistico (ancora una volta proveniente dai blog, non certo dalla stampa romana che arriva sistematicamente dopo la musica) probabilmente ancora si sarebbe rimasti nella pozzanghera di opacità che contraddistingue sostanzialmente tutte le mosse di questa amministrazione ad ogni livello e in ogni ambito.

Ma c'è di più e i contorni oscuri di queste dimissioni non finiscono assolutamente qui. Nei giorni precedenti allo scoop di Diario Romano, infatti, Bellino si era prodotto su Twitter in un certamen di insulti e volgarità rivolto ad un altro blog: Riprendiamoci Roma. Tra attacchi e cattiverie inutili, tuttavia, molti lettori ci hanno fatto notare qualcosa di assurdo nei post di Bellino (che noi, in mancanza di trasparenza, credevamo ancora delegato alla ciclabilità nel momento in cui scriveva). Un paio di post infatti facevano riferimento all'azienda IGPDecaux, filiale italiana della multinazionale JCDecaux ovvero una delle principali società al mondo a gestire schemi di bike-sharing (ad esempio Parigi, Bruxelles o Lione) insieme a pochi altri operatori come ad esempio Clear Channel o quello che gestisce gli schemi di bike-sharing di New York e Londra.



In un periodo che vede la città (Andrea Coia permettendo, visto che il capo della Commissione Commercio oltre che a lavorare a favore delle bancarelle sta facendo lo stesso anche a favore della micidiale imprenditoria cartellonara) andare verso dei bandi per la risistemazione del settore delle pubblicità esterne e mentre uno di questi bandi - il principale - dovrebbe finalmente dotare la città di un serio servizio di bike-sharing sul modello di Milano, il delegato - o meglio l'ex delegato - alla ciclabilità spiega in alcuni tweet che "decaux non ce la fa" e che "igp nada, nulla". Bellino sa qualcosa? E' venuto a conoscenza che nell'amministrazione ci sono movimenti per sfavorire questo serio partecipante alle gare e favore di altri? E' una faccenda che secondo noi deve interessare la magistratura: un rappresentante delle istituzioni che, in vista di una importantissima gara pubblica, anticipa che uno dei potenziali concorrenti non ce la farà. E' semplicemente gravissimo e folle e Bellino dovrebbe a nostro modestissimo parere risponderne sia in sede penale (turbativa d'asta?) sia in sede civile (danni di immagine all'azienda, che ci auguriamo non lasci passare in cavalleria).


Le pazzie finiscono qui? Neanche per sogno. Perché Decaux torna nella storia, seppur semplicemente con una foto, nel profilo ufficiale del Comune di Roma dove un recentissimo post annuncia la sperimentazione di un servizio di bike-sharing in un municipio della città. E per farlo si serve delle foto del bike-sharing di Parigi, il celebre Velib', gestito proprio da Decaux. La notizia è che mentre il Velib' festeggia i suoi primi 10 anni di eccellente servizio a Roma si procede per "sperimentazioni". Sarebbe ridicolo se non fosse tragico. Questa imbarazzante sperimentazione, impossibile da far funzionare, con 6 stazioni in un solo Municipio contro le centinaia e centinaia di qualsiasi bike-sharing degno di questo nome, rischia di essere un granello nell'ingranaggio. Non servirà a nulla per i cittadini (anzi contribuirà a gettare dalla finestra tantissimi soldi pubblici), ma sarà strumentalizzata da chi nel Movimento 5 Stelle (in stretta alleanza con il PD e Forza Italia) sta cercando di stoppare il bike-sharing ufficiale così come è previsto dal Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari e dal Piano Generale del Traffico Urbano. Queste 78 biciclette totalmente inutili e pretestuose rischiano di far arenare qualsiasi reale e concreta riforma fino all'agosto 2020, "perché tanto fino ad allora dobbiamo vedere come va la sperimentazione". Una follia che oggi il Corriere della Sera saluta come notizia positiva e che la sempre più imbarazzante Linda Meleo saluta come strumento "innovativo" (?) per "testare il gradimento" dei cittadini verso il bike-sharing. Peccato che una sperimentazione a Roma si stata fatta nel 2008, quasi 10 anni fa, proprio negli anni in cui tutte le città partivano con questo servizio. La sperimentazione andò bene, ma si dovette interrompere per la incapacità del Comune di riformare il settore dei cartelloni che tradizionalmente remunera gli operatori del bike-sharing in tutto il mondo. E' davvero strano che Meleo spari idiozie su questo progetto forsennato e non dica nulla sul fatto che qualche settimana prima aveva perso il suo delegato alla ciclabilità. Davvero strano e assurdo.

Oggi, quando la riforma dei cartelloni è fatta e andrebbe solo applicata potendo generare in un attimo oltre 300 ciclostazioni e uno schema davvero efficace di bike sharing, l'amministrazione propone un progetto di finta sperimentazione in complicità con chi vuole buttare in caciara tutto. Un progetto, quello del IX Municipio, che dovrebbe chiamare in causa la Corte dei Conti: come si fa a sciupare così centinaia di migliaia di euro? Di progetti di bike-sharing municipale sperimentali ce ne sono stati a bizzeffe in questi anni (al Pigneto o a Ostia, tutti studiati semplicemente come strategia dilatoria per procastinare la partenza di un bike-sharing vero) e tutti sono ovviamente falliti miseramente perché proporre il bike-sharing in un territorio circoscritto è una contraddizione in termini: non può funzionare e lo sanno tutti. Equivale a sperimentare un servizio di scooter sharing nel centro storico di Venezia: fisicamente impossibile. 

Se Linda Meleo si fosse dotata nel frattempo di un delegato alla ciclabilità serio e capace glielo avrebbe fatto notare con la massima autorevolezza evitandole questo ennesimo scivolone. Ma forse proprio per questo una persona seria, preparata, internazionale e capace in quel ruolo non ci sarà mai. Perché, anche se i cittadini non lo sanno, sul progetto di bike-sharing e di bici in condivisione passano degli interessi enormi e passa la scelta politica di lasciare la città alla camorra micidiale delle dittuncole romane dei cartelloni o di metterla in palio affinché venga gestita dalle più qualificate società internazionali che portano qualità, servizi di eccellenza e benessere in tutte le città d'Europa e d'Italia a partire da Napoli, Firenze o Milano. Indovinate un po' il MoVimento 5 Stelle quale scelta sta intraprendendo...

Ultimo elemento misterioso e inquietante? Sta sempre nel post in cui Bellino annuncia le sue dimissioni: "Continuo a collaborare sui temi della ciclabilità, ma in forma per ora privata e volontaria, con chi ha la responsabilità politica di Roma. Con una formulazione differente tra qualche mese". Bellino, insomma, ha un nuovo incarico temporaneo (chi decide deve sentire lui) e presto diventerà ufficiale con una "formulazione differente". Praticamente, non se ne esce.

Follia. Per pulire i parchi il Servizio Giardini si serve di chi ci dorme dentro abusivamente

26 maggio 2017

Semplicemente il colmo dei colmi. Le classiche cose che il vostro blog pubblica e che, come si suol dire, a raccontarle fuori da Roma non ci crederebbe nessuno.
Ieri ho visto movimento al Parco di Via Statilia, che ha una condizione allucinante di cui avete già parlato in passato, e c'era il camion-cassone del Servizio Giardini. Alleluja ho pensato. Poi ho capito, informandomi, che non stavano pulendo (o meglio dire: disboscando) perché era opportuno farlo, ma solo perché nel parchetto si terrà un evento sabato prossimo, con tanto di patrocinio del I Municipio.



Ma insomma stavano pulendo e togliendo le erbacce altre oltre un metro e i cumuli di feci umane, visto che ne parco vivono decine di persone. Ho notato delle scene strane e ho chiesto: praticamente gli addetti del Servizio Giardini hanno chiamato le persone che vivono abusivamente nel parco e hanno chiesto loro di lavorare in loro vece. Gli addetti comunali se la prendevano rilassata e i profughi lavoravano come somari. "Ma poi avvisate i servizi sociali per far togliere tutte queste casette nate sotto agli archi? Pare di stare alla vergogna del Mandrione negli anni Cinquanta", ho chiesto. "Ma no, ma che, ma chi vuoi avvisà. E poi ndo' li mandano?". Mi hanno risposto. "E questi ragazzi?". "Beh", hanno risposto, "gli abbiamo chiesto di dare una mano e hanno detto di sì...".


Io, per mille motivi, sono rimasto sconvolto. Oggi qui abbiamo un palco finalmente senza erbacce ma con una quantità incredibile di alloggi sotto agli archi di un importante e storico acquedotto. Stanotte è nata una seconda tenda: una baraccopoli. Domani il Primo Municipio farà in questo contesto la sua festa? O faranno finta di togliere i giacigli per qualche ora?
Ester

*Rigraziamo Ester, il resto delle riflessioni e delle immagini nel nostro filmato. 
-RFS

Tavolini invece del posto disabili. Un altro caso assurdo in centro storico

25 maggio 2017

Dopo quasi un anno di amministrazione a dir poco latitante, il centro storico è ridotto ad una sorta di grande parco divertimenti decadente, anzi decaduto, ad uso e consumo di un turismo di qualità sempre più infima. 

Si ha la netta sensazione che la volontà sia quella di allontanare i pochi residenti che ancora resistono e lasciare il centro nelle mani di gestori di B&B abusivi, ristoranti di mediocrissima qualità, negozi di paccottiglia nei punti più prestigiosi e così via. 


Eppure qualcuno ancora cerca di resistere al degrado oramai "legalizzato" nell'assenza totale di controlli, provando caparbiamente a segnalare piccoli e grandi abusi. Uno degli ultimi in ordine di apparizione riguarda l'attività di ristorazione in Via dei Filippini 4/7 che con grande arroganza e disinvoltura si è incredibilmente appropriata di almeno due posti macchina piazzando i propri tavolini in barba a qualsiasi concessione, autorizzazione e sicurezza per i clienti. Ecco le foto che documentano la situazione. Alle mie rimostranze il gentile e raffinato gestore ha risposto "Ahò .. manco le machine ce ponno parcheggià".
Ilaria


*Onestamente come la pensiamo lo sapete: secondo noi in quel preciso punto i tavolini stanno molto meglio delle macchine. Il punto è che i tavolini devono essere autorizzati (e bisogna essere in grado di darle queste autorizzazioni, anche in deroga al Codice della Strada - che non ha senso per i centri storici - e non di negarle a prescindere o con metodi patetici come i Piani di Massima Occupabilità) e che devono pagare fior di miliardi perché non esiste che tu guadagni come uno sceicco dando in cambio le briciole al Comune che di guadagnare ti ha permesso cedendoti il suo suolo pubblico. 

Il tutto in un contesto di grande trasparenza per cui, come succede a New York, ogni esercente ha un cartello sulla vetrina che indica quanti tavolini può mettere fuori, quante sedie, quando è stata chiesta l'autorizzazione, quando scade e un bel codice QR da cliccare per chi vuole saperne di più o segnalare anomalie. Chi non ha il tagliando e ha tavolini è abusivo e deve schiattà, ma proprio schiattà.


Dovunque in Europa e in Occidente i tavolini all'aperto oltre ad essere un servizio formidabile per cittadini e turisti, oltre ad essere un elemento distintivo di disegno della città (ma a Roma ci piacciono le piazze trasformate in parcheggi, cimiteri di lamiere), oltre a consentire lo sviluppo e la crescita economica e l'aumento dei posti di lavoro, sono un introito cospicuo e irrinunciabile per gli enti pubblici che grazie a quei soldi possono pulire le strade, manutenerle, renderle sicure, illuminate e controllate. 
Tutto questo a Roma non accade. Roma è la patria del compromesso al ribasso: io non ti do' i permessi, tu stai abusivo, io non ti dico nulla, però non esigi da me il fatto che io sia capace, preparato, onesto, aggiornato. Così ci "guadagniamo" tutti: tu hai i tavolini ma non paghi la tassa, io ho il tuo consenso però non devo neppure sbattermi per guadagnarmelo e meritarmelo. Quindi l'imprenditore ha la scelta davanti a se: o la povertà e il fallimento, o l'abusivismo e la connivenza con la pessima politica.
La notizia - queste immagino lo dimostrano - è che non è cambiato nulla dopo un anno di amministrazione di "ragazzi meravigliosi", coraggiosi, rivoluzionari e soprattutto honesti. Ma sapete che vuol dire nulla? Ecco nulla. Tutto come prima. I prepotenti e i paraculati godono, gli imprenditori onesti (quelli senza la acca) portano i loro denari altrove, a Milano o all'estero. 

PS. Dopo aver letto un nostro articolo di esattamente un anno fa, la Sindaca in un convegno durante la campagna elettorale promise esattamente di implementare la gestione newyorkese delle OSP. La promessa è rimasta tale e non se n'è parlato più.
-RFS

Marco Terranova. Il Consigliere M5S chiede ai cittadini di aiutarlo nel suo lavoro privato

24 maggio 2017

Ne capita una al giorno quando va bene, alcuni giorni ne capitano anche svariate. Stiamo parlando degli sfondoni assolutamente inaccettabili che i rappresentanti amministrativi a 5 Stelle ci regalano ogni dì invece di concentrarsi ad amministrare la città.
Sfondoni, gaffes, irritualità, mancanza totale di rispetto delle istituzioni. Ieri, per dire, il capogruppo pentastellato in Campidoglio se n'è uscito con un post su Facebook (poi modificato, ma Facebook conserva impietoso la cronologia delle modifiche) in cui strumentalizzava a squallidi fini politici la memoria di Giovanni Falcone. Non felice la sindaca Virginia Raggi ha proseguito blaterando di San Francesco e di come il Movimento politico cui appartiene (ma lei ha scritto MoVimento, la V maiuscola, la V di Vaffanc...) si riferisca al santo di Assisi come stella polare per le proprie azioni. Falcone, San Francesco... Poi vai ad indagare e trovi un gruppo di affaristi che da mesi si muovono a Roma con l'unico scopo di accumulare potere e consenso occupando militarmente la città nell'ambito di una fratricida lotta tra fazioni avverse. Il tutto utilizzando come scorciatoia la assoluta tutela delle lobbies, delle mafiette, dei piccoli e dei grandi racket che hanno spolpato la città negli ultimi trent'anni: cartellonari, dipendenti pubblici, tassinari, vigili urbani, balneari, ambulanti e bancarellari sono solo degli esempi soft.

In tutto questo teatro continuo, in questa ininterrotta performance dell'assurdo e della mancanza di dignità, in questa pozzanghera di mal governo in cui le azioni dei pochi pentastellati in gamba vengono inquinate e vanificate, si rischia di "perdersi" le chicce più di nicchia. 



Ieri ne abbiamo trovata una niente male. Riguarda il buon Marco Terranova, da qualcuno soprannominato "me lo magno" per i modi volitivi con cui si rivolge al prossimo quando si arrabbia (la conversazione in cui parlava di Marcello De Vito è solo un esempio).



Rappresentante di quella genìe pentastellata del XIV Municipio di cui abbiamo parlato diffusamente in questo anno per tutto quello che di raccapricciante è successo nel territorio dove è nata e cresciuta politicamente la nostra Sindaca.


Ebbene in perfetta coerenza e addirittura con le stesse frasi e la stessa impostazione riportate nelle migliaia di manifesti abusivi - ovviamente contro "il PD"... - che hanno incartato la città in questi giorni, il presidente della Commissione Bilancio del Campidoglio (sic.) ha deciso di utilizzare il suo ruolo per aizzare i cittadini contro una riforma (giusta o sbagliata non sappiamo e poco ci interessa in questa sede) promossa dal Governo. Ma perché lo ha fatto? Perché crede che la cosa riguardi Roma? Perché è un tema di interesse collettivo? Perché è un tema coerente con il suo complicatissimo ruolo di Consigliere Comunale? 
Niente di tutto questo: lo ha fatto perché l'Aci Informatica, presunta vittima della riforma del PRA che il Governo sta portando avanti, rischia di trasformarsi o di chiudere e lui... lavora ad Aci Informatica.

Un livello di ineleganza e inopportunità amministrativa che, a parti inverse, avrebbe fatto gridare come aquile e scendere in piazza qualsiasi grillino che si rispetti. Ma ora che al potere ci sono loro, nelle piccole e nelle grandi cose, si comportano molto ma molto peggio di come facevano quelli prima. Utilizzare un ruolo pubblico e istituzionale per coinvolgere l'attenzione dei cittadini su battaglie assolutamente private se non addirittura personali. Grande squallore.

Ma in realtà la cosa che ci interesserebbe di più è capire cosa ne pensa il buon Terranova delle migliaia e migliaia di manifesti abusivi e anonimi (anzi, firmati dai "lavoratori e lavoratrici di Aci Informatica", ovvero i suoi colleghi) che umiliano la città in questi giorni, che invadono stazioni della metro, mura monumentali, che coprono pubblicità regolarmente acquistate, che stuprano pareti storiche e che - su questo Terranova in qualità di Capo della Commissione Bilancio dovrebbe dire qualcosa - comportano spese su spese per le defissioni al Comune...

Come vuoi il tuo nuovo Viale Marconi? 6 soluzioni al voto, ma solo una da votare

23 maggio 2017

Ottima l'impostazione dell'amministrazione comunale che in vista del progetto di riqualificazione di Viale Marconi ha sollecitato l'Agenzia della Mobilità nel produrre una serie di ipotesi di layout stradale mettendole poi ai voti (non vincolati, perché già si sa che ci saranno le truppe cammellate di votanti mossi da interessi non necessariamente nobili) cercando così di coinvolgere i cittadini. Le votazioni sono aperte fino a domani e noi non ci siamo fatti scappare la chance sia di farci su un ragionamento. In realtà non siamo molto soddisfatti delle soluzioni proposte: spesso manca il coraggio di eliminare la sosta, cosa da fare tassativamente se si vuole sul serio riqualificare e rigenerare; e purtroppo non si è neppure ragionato sul ridurre la sezione stradale che comunque resta a due corsie per senso di marcia. Servono? Inoltre non c'è nessuna considerazione del fatto che qui il nostro Piano Regolatore prevede una importante fermata metropolitana: quella della Linea D che questa amministrazione ancora non ci ha detto se vuole o non vuole fare.
Tutto ciò premesso, abbiamo buttato giù una rudimentale analisi delle proposte in lizza e vi chiediamo di votare per quella che, unica in assoluto, raggiunge e supera la sufficienza. Che ne pensate? Intanto ECCO IL LINK DOVE VOTARE.




SOLUZIONE 1 - voto 5
Due corsie preferenziali ai lati, enormi e sovradimensionate corsie per il deflusso delle auto. Restano gli alberi nella spina centrale della strada. E' una buona soluzione perché elimina totalmente la sosta sulla strada, fa correre gli autobus laddove devono correre (ai lati del marciapiede!) anche se sulla mappa la preferenziale non sembra protetta e deve assolutamente esserlo. La soluzione deve essere corroborata da piazzole di carico e scarico sul primo posto auto libero sulle traverse, protezione per la preferenziale e una ciclabile o sulla spina centrale (modello Togliatti) o in una intercapedine tra preferenziale e marciapiede. La cosa potrebbe essere così molto utile a ridurre le carreggiate così troppo larghe.
La soluzione è relativamente buona ma non raggiunge la sufficienza perché a quanto pare questa configurazione di preferenziali non possono ospitare la futura tramvia. Da capire come il problema potrebbe essere superato. Comunque si tratta di una soluzione non molto costosa e, a nostro avviso, capace di contrastare la sosta selvaggia da una e dall'altra parte della carreggiata.

SOLUZIONE 2 - voto 3
Un pasticciotto utile a far perdere tempo agli amici di Roma Mobilità, invece di concentrarsi sulle cose serie: la soluzione non ha ciclabili, ha corsie sovradimensionate, ha preferenziali miste (una al centro, una di lato dove è ora) ha una disposizione della sosta caotica e disordinata e prevede l'abbattimento di tutto l'affascinante patrimonio arboreo della strada. In più tutto sto accrocco non è compatibile al tram che qui dovrà passare speriamo presto. Io boh...


SOLUZIONE 3 - voto 3
Corsia preferenziale centrale, ordinata ma distante dai marciapiedi. Adatta più ai vialoni della banlieu di Istanbul che ad una strada che di fatto è in centro. Peraltro non compatibile con il futuro tram. E poi la strada che rimane un volgare parking a cielo aperto con auto parcheggiate dovunque a centinaia. 


SOLUZIONE 4 - voto 4,5
Buona la collocazione delle ciclabili. Enorme rischio di sosta selvaggia (quando c'è sosta, è facile che ci sia doppia sosta purtroppo), abbattimento degli alberi e corsia preferenziale collocata lontano dai marciapiedi. Inoltre non compatibile con il futuro tram.


SOLUZIONE 5 - voto 5,5
Soluzione coraggiosa e interessante che si prende carico di ripensare davvero la strada, al di fuori da dogmi e superstizioni. La preferenziale è pronta per il futuro passaggio del tram (che quando dovrà essere implementato non comporterà interferenze sul traffico privato), le ciclabili sono ottimali (sotto gli alberi e a doppio senso), il riordino in termini di arredo è pesante. Ovviamente è impensabile, come propone la soluzione (che infatti non raggiunge la sufficienza neanche lei), rendere il viale a senso unico. Ma la correzione è facile e sta nella soluzione successiva: l'attuale corsia direzione centro va tramutata in corsia a doppio senso, con due corsie per senso di marcia. Le dimensioni ci sono tutte: parliamo di una carreggiata di 12 metri abbondanti e dunque c'è tutto lo spazio per fare 4 tranquille corsie: basta togliere gli stalli per la sosta. E' del tutto evidente che riprogettare una strada come questa non può in maniera assoluta prevedere sosta delle auto in superficie. 


SOLUZIONE 6 - voto 7
Ci piace abbastanza francamente! E' molto impegnativa a livello progettuale perché bisogna ripensare tutta la viabilità laterale, ma questa è una bella sfida perché alcune strade laterali di Viale Marconi potranno avere l'ultimo tratto pedonalizzato, con la creazione di tante micro piazze. Davvero interessante questa soluzione e dalle grandi potenzialità per una rigenerazione non solo dello stradone tra Piazzale della Radio e la Colombo ma di tutto il grande quartiere popolare e commerciale che insiste nel raggio attorno a Piazza Enrico Fermi.


SOLUZIONE 7 - voto 5,5
Questa soluzione ha molti elementi di interesse, ma anche molti difetti. Il primo difetto è lasciare la sosta a fianco dei marciapiedi. La sosta, se davvero (davvero!) si vuole riqualificare la strada, su Viale Marconi non ci deve essere. Men che meno deve essere ai lati dei marciapiedi. Ai lati dei marciapiedi ci devono essere dei servizi pregiati: o una ciclabile, o una preferenziale o, semmai, i flussi veicolari. Non la sosta. Anche perché in una configurazione simile la sosta chiama sempre e necessariamente la doppia sosta illegale e genera delle gravi strozzature di traffico nei momenti di manovra. E' inaudito pensare ad una strada di scorrimento interquartiere come questa, a due corsie, con auto che adocchiano un "buco", si fermano, fanno manovra in retromarcia per trovare posteggio. Oppure escono dal posteggio stesso. Pericolo e strozzatura del traffico. Questa appare la soluzione più potabile, tuttavia trasformerebbe la intera strada in un doppiafilodromo pazzesco. D'altro canto in questo quadrante i posti auto non servono, altrimenti i cittadini di Via Enrico Fermi non avrebbero lottato anni e anni contro un ottimo progetto di parcheggio interrato che avrebbe risolto il problema lungo quella strada, riqualificandola. Se occorrono posti auto si facciano appunto sotto Via Fermi e facendo partire al più presto il grande cantiere del park interrato sotto Piazzale della Radio, non certo condannando Viale Marconi ad altri anni di degrado e di caos quando c'è la occasione cristallina di riqualificarlo.

Adottano una piazza, sconfiggono il degrado, ma Acea gli toglie l'acqua





Scrivo a nome di un gruppo di cittadini che hanno adottato una piccola area verde di Roma, abbandonata al degrado. Si tratta del giardinetto di Piazza Confienza, vicino all’Università La Sapienza, in una zona centrale della città.

Non senza fatica, manteniamo il giardinetto verde pulito e lo difendiamo dal vandalismo. Abbiamo scartavetrato, aggiustato e dipinto le panchine in legno, rifatto completamente il prato, piantato il plumbaco lunga la recinzione e creato le aiuole fiorite. Le persone lo apprezzano, lo usano per fermarsi a leggere il giornale, riposarsi o scambiare due chiacchiere, gli stranieri stupiti scattano qualche fotografia, la notte i senza tetto lo utilizzano per dormire…


Questa iniziativa ha fatto incontrare i residenti, ha insegnato ai nostri figli che la “cosa pubblica” è preziosa e va difesa con l’impegno e la collaborazione di tutti e ha creato un po’ di solidarietà in un quartiere dove si ignora anche il dirimpettaio.
Da oltre un mese nel giardinetto non è più disponibile l’acqua corrente e siamo costretti a portare a mano pesanti secchi per innaffiare le piante, in una stagione asciutta e calda.
Dopo centinaia di segnalazioni e solleciti, siamo ancora in attesa di un intervento dell’ACEA che si è limitata a riscontare un guasto in una centralina.
Scrivo ai servizi “competenti” per segnalare il problema e, come gli altri residenti, chiamo l’ACEA per spiegare l’urgenza del necessario intervento. Ascolto silenziosamente gli innumerevoli impiegati che rispondono al numero verde, i quali ripetono che attiveranno un sollecito urgente e, in un infruttuoso esercizio di resilienza, tengo faticosamente a bada l’insofferenza e l’irritazione che mi divora.


Le foto descrivono le condizioni di abbandono e di degrado in cui il giardinetto verteva prima del nostro intervento e la sua bellezza grazie al lavoro dei residenti organizzati nell’associazione culturale Valentino Caracciolo e grazie all’impegno di Susante, cittadino dello Sri Lanka, che cura amorevolmente e con competenza le piante.

Aiutateci a credere che sia possibile ottenere un intervento risolutivo dell’ACEA prima che sia troppo tardi!

Intrappolati nella Metro B spaccano finestrini per fuggire. Il video dei fatti di sabato

22 maggio 2017

Parte la metro. Subito si arresta dopo un gran tonfo pauroso. Un rumore di aria compressa che esce all'impazzata. Polvere e fumo. La gente si spaventa dentro, siamo sulla Metro B a Castro Pretorio, è sabato. L'altoparlante parla di un guasto ma - come racconta Repubblica, unico giornale a riportare i fatti insieme a RomaToday - chi è dentro ai vagoni non si accontenta: siamo ancora in stazione e le persone pensano ad un attentato o ad un incendio e vogliono uscire immediatamente dal convoglio. Le porte però sono bloccate. Nel caos e nel terrore generale la gente inizia a spaccare i finestrini. A mani nude o con zaini e valigette. Alla fine del filmato si vedono le persone con gli arti insanguinati. La gente in preda al panico più assurdo esce dalle feritoie e si fa aiutare da chi è fuori, altri continuano a spaccare i vetri del treno.
Dopo qualche istante le porte si aprono da sole, qualcuno spiega che si è trattato del "semplice" guasto ad un compressore.




Il video ci racconta il livello di sfiducia e di assoluto nervosismo a fior di pelle che serpeggia negli utenti del trasporto pubblico. Tra incendi continui agli autobus, reputazione sotto i piedi della manutenzione Atac e caos dovuto alla sfilza di guasti sotto la metro, nessuno si fida più di nessuno e una rassicurazione ufficiale ormai non basta: tutti pensano che sia meglio scappare. Quella gente era assolutamente convinta che Atac le stesse facendo fare la morte del sorcio. Ed ha reagito istintivamente di conseguenza: in maniera profondamente irrazionale, probabilmente autosuggestionatisi l'un l'altro. 
Si è perso totalmente il rapporto fiduciario tra cittadino e istituzione. Questo è pericoloso. Ancor pericoloso che nessuno stia lavorando per ricostruire questo rapporto. Per ri-edificare attorno a istituzioni come Atac un percepito di autorevolezza.

"Erano le 15.30 di sabato per l'esattezza. Mi trovavo nella metro B alla fermata di Castro Pretorio" ci racconta Cécile, l'autrice del video. "Ad un certo punto si è bloccato il treno e si sentiva del fumo nell'aria. Abbiamo avuto una crisi di panico e abbiamo cominciato ad urlare: non avevamo mezzi per poter aprire le porte o per rompere i vetri. Allora abbiamo cominciato a rompere i finestrini coi piedi e le mani. Siamo dovuti passare attraverso i vetri rotti, perciò ci siamo tutti tagliati le mani e le gambe. E quando siamo tutti usciti dai vagoni abbiamo visto che dalla coda del treno usciva fumo. Dopo l'accaduto nessun membro dell'Atac o della Polizia o dei controlli ha preso in mano la situazione. All'esterno qualcuno per fortuna aveva chiamato delle ambulanze, per precisione tre, ma questo sempre indipendentemente dai responsabili della sicurezza di Castro Pretorio".

Un fatto gravissimo (prontamente messo sotto al tappeto, zero dichiarazioni tra l'altro da parte della politica) sotto vari punti di vista che risulta ancor più folle guardando il filmato che Roma fa Schifo è in grado di divulgare. Una ennesima scena di assoluto delirio urbano che sarebbe impensabile in qualsiasi altra capitale occidentale. Con vittime gravi che, come di consueto, non ci sono state solo per via della buona sorte.

Il regolamento sui bancarellari e la triste sensazione d'essere amministrati da una setta

19 maggio 2017

A coronamento di un anno allucinante declinato tra clamorose incapacità, tra nomine opache, tra lotte intestine tra fazioni, clan e correnti senza esclusioni di colpi, tra provvedimenti tutti volti a ripagare le cambiali elettorali (ai Vigili, alle municipalizzate, ai cartellonari, ai dipendenti comunali) e nessuno volto a rimettere in sesto la città, l'amministrazione di Virginia Raggi ha fatto approvare (per ora solo in Commissione, ma il passaggio in Aula è solo questione di tempo) un imbarazzante regolamento per il commercio su area pubblica.

Si tratta di un danno per la città infinito e profondo: con questo regolamento si certifica che nessuna delle postazioni che oggi distruggono Roma e la rendono un posto osceno saranno eliminate. Nessuna. Dalle bancarelle a Viale Cola di Rienzo o a Viale Trastevere che stanno massacrando il commercio regolare ai camion bar di fronte ai Musei Vaticani; dalle bancarelle di fronte al Pantheon a quelle di Fontana di Trevi passando per la situazione emergenziale che si trova all'Eur, attorno a Piazza Bologna e su tutte quante le consolari (su Appia e Tuscolana no si riesce proprio più a camminare).

Tutto questo rimarrà così. Non cambierà nulla. Con una perdita economica per la città allucinante, soldi che i cittadini metteranno al posto degli operatori miracolati. Gli unici interventi del regolamento puntano a trovare ogni stratagemma possibile per confermare i monopolisti attuali (famiglie di pastori o zingari abruzzesi che si sono prese Roma, avendola trovata indifesa e ben disposta a svendersi per tre denari) scendendo fino al ridicolo di mettere per iscritto, in un articolo del regolamento, i colori e perfino le decorazioni adesive dei furgoni loro appartenenti. Poi ci sono le multe che calano, poi c'è la Fiera di Piazza Navona (per fortuna bloccata da anni) che torna in mano ai soliti e infine c'è il concetto di "anzianità" (lascito di Storace in Regione) che per la prima volta viene sposato dal Comune.

Un insulto ai giovani tra l'altro: in tutto il mondo l'universo dei food truck è il luogo dove chef emergenti e ristoratori rampanti si confrontano per poi crescere e esordire nel mercato più strutturato. Qui tutto questo è e sarà per sempre impossibile. Da regolamento.


Non ci addentriamo però nel merito del provvedimento perché ne abbiamo parlato e straparlato in passato. Quello che volevamo notare oggi è altro e attiene alla reazione che questo scandalo amministrativo e politico ha provocato: la reazione è nulla. Zero. Piatta.

Un consigliere decide di portare la città su posizione assurde, tradendo totalmente il mandato elettorale (lo dimostrano le centinaia e centinaia di commenti che Andrea Coia sta collezionando sulla sua pagina), approvando provvedimenti che se fossero stati approvati da altri avrebbero visto tutti i grillini scendere in piazza. Eppure nessuno tace. Escono articoli su tutti i giornali che condannano la cosa, ci sono migliaia di elettori (ex) grillini che si dicono indignati e nessuno parla.

Provi a sentire le persone singolarmente, off records, e le cose cambiano: senti i singoli consiglieri pentastellati, senti le persone più in vista di quel partito, senti i componenti della giunta, gli staff degli assessori. Tutti ti dicono la stessa cosa: "ma tanto non andrà mai in aula", "non siamo minimamente d'accordo con questa impostazione", "non sappiamo cosa pensare", "non facciamo altro che litigare con Coia", "stiamo lavorando nella direzione inversa". Già, però sottotraccia e senza dirlo alla città.

Ci fosse mezza presa di posizione pubblica. Ci fosse qualcuno che pone un dubbio. Ci fosse uno, uno solo, tra le decine di consiglieri indignati contro Coia che ha il coraggio di dirlo apertamente come succederebbe in un caso del genere in ogni altro partito politico. Si preferisce tenersi l'onta di essere correi ad un fatto così grave piuttosto che avanzare una semplice critica, una semplice opinione difforme. Non si parla. Semmai si aspetta che parli il guru. E così viene anche il dubbio che la mossa di Coia - favorire le micidiali lobbies degli ambulanti - non sia in realtà una scelta personale ma in realtà sia una mossa condivisa e pianificata. Ma nessuno rilascia dichiarazioni in un senso o nell'altro.

Questo è il modello con cui si autoregolano le sette però, non i partiti politici che si dovrebbero basare sulla libera opinione e sulla democrazia interna. Solo le sette si modulano sulla fedeltà al capo, sulla paura, sulla repressione preventiva. Come è possibile che esca un pezzo di questa durezza sul Fatto Quotidiano (peraltro l'organo di stampa di riferimento della galassia pentastellata) e nessuno - nessuno! - replichi in alcun modo? Come è possibile che i militanti sul territorio inondino di critiche il partito per una scelta forsennata e nessuno risponda?

Delle due l'una. Siamo di fronte ad una setta o siamo di fronte ad un partito che passa sopra a tutto e a tutti pur di portare avanti i suoi propositi affaristici, criminali e vetero clientelari. In ogni caso è una pessima notizia.  

Le condizioni delle periferie. Un lettore e il suo documentario da Centro Serena\Ponte di Nona

18 maggio 2017
Questa è stata la mia passeggiata in bici a Centro Serena, quartiere confinante da un lato con Ponte di Nona, dall'altro con Villaggio Prenestino.
Nel video ci sono le riprese di due di tre parchi confinanti, separati solo da due strade che li intersecano. Forse il video è meno d'impatto ma dal vivo la scena è da atmosfera post-apocalittica. Ovviamente sono aperti al pubblico e "praticabili". C'erano cancelli e reti che li circoscrivono totalmente divelti, distrutti, smontati. Il video continua mostrando il cuore di questo quartiere: strade esistenti delimitate da plinti di cemento e new jersey atti a non renderle praticabili con vetture e camion dove c'è praticamente di tutto, comprese auto smontate e bruciate e un edificio costruito e abbandonato.
Una parte del video è all'interno del palazzo dove sinceramente sono rimasto shockato ed ho anche avuto paura a fare le riprese... se fosse sbucato qualcuno all'improvviso non avrei saputo come fare: l'edificio viene usato come deposito di auto rubate e "tagliate". Ci sono poi le riprese di un'altra area non accessibile, al confine tra Centro Serena e Ponte di Nona, tangente alla famosa Via Mejo de Gnente. Anche qui strade costruite che tagliano tra cantieri di palazzi mai terminati...

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