Il crollo di Ponte Milvio. Cosa dovrebbe fare il Comune e non sta facendo. Un contributo

6 novembre 2016
Presto saranno accertate la cause del cedimento, e conseguente crollo, di parte dell’immobile residenziale sito in Via della Farnesina, 5. Al di là dei risultati che ci forniranno i tecnici incaricati dalla Procura di Roma, probabilmente un coacervo di concause, non possiamo e non dobbiamo sottovalutare i rischi che nascono dall’incontro tra edilizia datata e di scarsa qualità e un territorio, come quello di Ponte Milvio, caratterizzato da un sottosuolo che presenta molteplici criticità.
Partendo da questa valutazione, l’attività dell’amministrazione dovrebbe concentrarsi su due aspetti fondamentali. Da un lato occorre avviare una seria campagna di indagini geognostiche, al fine di valutare scientificamente le condizioni di sicurezza e mappare eventuali altri rischi. Sulla base degli esiti andrebbe definito un piano di consolidamento del territorio e di adeguamento degli edifici.
Dall’altro l’amministrazione dovrebbe ridefinire la sua missione intrecciando il suo operato con i destini dei proprietari dell’immobile crollato. E’ evidente che occorre demolire e rimuovere i pericoli nel minor tempo possibile così come prescritto dall’ordinanza del Sindaco n. 85/2016. Non è tuttavia pensabile che Roma Capitale e Municipio XV esauriscano in questo modo la loro azione. L’atto, di per se corretto sotto il profilo amministrativo e doveroso nei confronti di tutto coloro che per ragioni di sicurezza hanno lasciato le proprie case, ha il sapore di una presa di distanza netta con la vicenda, drammatica, di chi è chiamato a spendere grandi risorse per l’abbattimento della propria abitazione, e non offre una prospettiva di sostegno al superamento delle difficoltà che sono costretti ad affrontare.
Il Comune potrebbe invece valutare la possibilità di intervenire per garantire forme di credito agevolato e coordinare un intervento di sostituzione edilizia, attraverso la demolizione e ricostruzione del fabbricato. Le norme in vigore, legge regionale n. 21 del 2009 e Delibera dell’Assemblea capitolina 9/2012, definiscono infatti le procedure e i margini per immaginare una trasformazione che potrebbe ridurre sensibilmente i costi a carico dei proprietari. In particolare l’art. 4 della legge 21 stabilisce che per edifici plurifamiliari a destinazione residenziale superiori a 500 metri quadrati in stato di degrado, sia possibile l’ampliamento fino al 60 per cento, a condizione che venga mantenuto almeno il precedente numero di unità immobiliari in capo ai proprietari e nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla legislazione vigente. Parliamo di una misura pensata proprio a favorire l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente alla normativa antisismica, il miglioramento della qualità architettonica e la sostenibilità energetico-ambientale del patrimonio stesso, secondo le tecniche, le disposizioni ed i principi della bioedilizia.
A Roma non partiamo proprio da zero. Il programma di riqualificazione urbana dell’ambito denominato Giustiniano Imperatore è stato uno dei primi interventi di demolizione e ricostruzione urbana avviati in Italia. L’abbattimento di alcuni edifici intensivi degli anni Cinquanta, interessati da gravi dissesti strutturali che ne hanno compromesso irrimediabilmente la statica, è stata l’occasione per la loro ricostruzione in un’area limitrofa e la riqualificazione di parte del tessuto esistente. I proprietari, costituiti in un Consorzio, hanno sottoscritto uno specifico atto d’obbligo di adesione ai termini complessivi del programma di interventi. Il Comune ha gestito e coordinato il processo di ricostruzione basando sull’aumento degli indici di edificabilità preesistenti la fattibilità economica dell’intera operazione. In estrema sintesi con la ricostruzione più di quanto demolito è stato possibile abbattere, per i proprietari, i costi di dell’intervento.
In questi anni la legislazione ha fatto importanti passi in avanti e operazioni come quella descritta possono essere condotte e autorizzate con maggiore semplicità e, soprattutto, incoraggiate grazie ai meccanismi di premialità. L’ammodernamento del patrimonio edilizio e il governo delle trasformazioni del territorio, seppur di natura privata, rimangono questioni di grande rilevanza pubblica. E pubblica deve essere la regia che deve guidare i processi.
Nel caso di Ponte Milvio il comune potrebbe coordinare i proprietari, garantire l’accesso al credito in forma agevolata e assumere la responsabilità delle procedure di selezione pubblica finalizzate ad individuare sul mercato operatori capaci di garantire qualità e costi più contenuti. Contestualmente potrebbe gettare le basi per un programma di rigenerazione del quartiere che si ponga l’obiettivo della messa in sicurezza e di una migliore vivibilità dello spazio pubblico.
Occorre però decidere in fretta, sapendo che l’intensità con la quale il Comune deciderà di essere presente in questa vicenda non sarà indifferente rispetto ai destini di chi ha perso la propria casa. Si tratta del ruolo del Campidoglio rispetto alla vita delle persone e Roma può fare di più. 
Marco Tolli       
(Hanno collaborato Federico Proietti e Marcello Morlacchi)

13 commenti | dì la tua:

Anonimo ha detto...

Ok, credito agevolato. Io penserei pure a un fondo con denaro pubblico.
Ma non ho capito perché si dovrebbe permettere l'ampliamento del 60%. Troppi spazi vuoti, a Roma?
Per quello che vale - poco, ovviamente - non sono d'accordo.
Cordialità

Anonimo ha detto...

Il Comune, invece, ha detto ai proprietari di pulire le macerie e di sbrigarsi anche.

Ottima idea quella di sostenere la Raggi alle ultime comunali, comunque.
Dico sul serio, eh! almeno avete materiale in abbondanza per aumentare il vostro appagamento e la vostra autoreferenzialità.

Anonimo ha detto...

Il credito è oggi già di per sé agevolatissimo, con tassi prossimi allo zero assoluto e tempi di restituzione "a babbo morto".
Le tavole geologiche del sottosuolo già esistono e sono comunemente utilizzate per la Relazione Geologica, preliminare a qualsiasi progetto strutturale odierno.
I piani di recupero zonali sono plausibili, ma necessitano di accordi tra centinaia di famiglie ed investimenti che non tutti sono disposti a fare, soprattutto le persone anziane.
Forse sarebbe il caso di limitarsi ad un intervento di ricostruzione del fabbricato, nel rispetto delle volumetrie e delle superfici preesistenti, facilitando l'iter delle autorizzazioni e riducendo gli oneri di costruzione ed urbanizzazione dovuti al Comune.
Ovviamente sono fatti salvi i diritti di rivalsa nei confronti di chi dovesse risultare responsabile del crollo.

Anonimo ha detto...

Non vedo perché i soldi pubblici debbano essere utilizzati per riqualificare abitazioni private. Fossimo ricchi ci passerei sopra...

Anonimo ha detto...

la sindaca di Roma deve unirsi ai sindaci di Cagliari Parma Verona e Napoli. E' inutile che faccia orecchie da mercante, senza ironia sulle sue orecchie, il suo futuro è lì e lo sa benissimo anche se non vuole ammetterlo. Così come sta messa ora non hanno un futuro né lei né soprattutto Roma.

Anonimo ha detto...

deve tagliare i ponti con la ex-lavanderia e con il mondo che la rappresenta, saltare il fosso e iniziare a fare politica sul serio, adesso e non fra cent'anni.

Anonimo ha detto...

Cosa dovrebbero fare i proprietari e non stanno facendo?
Semplice: vendere il suolo edificabile a un'impresa interessata a demolire quel che resta dell'edificio e a costruirne uno nuovo.

bat21 ha detto...

Mi sembrano delle idee di buon senso

Anonimo ha detto...

intanto basterebbe rendere obbligatorio, magari a scadenze quinquennali, il capitolo del fabbricato.

Anonimo ha detto...

domanda : se un edificio è mal costruito e dopo alcuni decenni è lesionato o addirittura crolla - anche a seguito una alluvione o un sisma - perchè devono pagare i proprietari e non il costruttore originario ?
Oppure il comune (cioè i contribuenti) e non il costruttore originario ?

Anonimo ha detto...

il piano di giustiniano imperatore ha anche prodotto la costruzione di un maxi albergo, visibile a chi percorre la colompo tra piazza dei navigatori e la sede di Tre e dell'agenzia delle entrate - che è vuoto da anni e sta andando in malora. occhio agli sprechi ...

Anonimo ha detto...

Ottimo articolo e soprattutto argomento importantissimo.
Su un tema diverso concordo con un commento precedente : devono pagare anzitutto i costruttori che negli anni 50, 60 e 70 hanno edificato della robaccia nei nostri quartieri e non gli sventurati che hanno acquistato immobili senza conoscerne i difetti. Lo stesso vale per i costi sul fascicolo del fabbricato o addirittura di una ipotetica assicurazione obbligatoria sulle case.
Naturalmente in caso di ristrutturazione la responsabilità passa al prorietario che la esegue. E purtroppo non ci sono controlli effettivi ed efficaci su tante di queste ristrutturazioni perchè ormai tutto si autocertifica dopo che i lavori sono iniziati o contestualmente ad essi.

Anonimo ha detto...

CHI SCRIVE è una delle persone che hanno visto sgretolarsi la loro vita insieme al loro palazzo, e devono pur andare avanti se non altro per i propri figli, devastati, scioccati, tra difficoltà immani e di tutti i tipi e nel silenzio assordante delle istituzioni.
Ci sarebbe di che scrivere libri, trattati interi, per chiarire le idee a chi parla senza avere minimamente idea di come stanno le cose, che sono estremamente complesse.
Mi limito ad enucleare alcuni brevissimi dati di fatto:
1) fondamentale, le cause del crollo sembrano alle evidenze raccolte ad oggi assolutamente estranee al crollo strutturale e quindi dovute a cause esogene su cui siamo molto molto "curiosi" di indagare più a fondo non appena ci sarà data la possibilità di farlo apprfonditamente.
2: il palazzo non aveva mai presentato problemi di alcun tipo e si è crepato ed è crollato nel corso di una giornata (vedi e connnetti col punto 1)
3. Si sono verificati in zona, a ridosso del nostro crollo, una serie di episodi di guasti/dissesti che rendono evidente come ci sia un problema generalizzato nel territorio e come sia evidentemente doveroso che se ne occupino a tutto tondo le istituzioni, il comune in primo luogo, e non dei privati già distrutti e che hanno perso tutto (connetti con i punti 1_e 2) .
considerazione finale: quando crolla un edificio per il terremoto (a tal proposito notare che il resto del nostro non e stato minimamente intaccato dalle forti scosse degli scorsi giorni, a riprova della sua solidità), i terremotati vengono trattati giustamente da vittime e assistiti come tali, nè mi sembra che qualcuno si metta a discriminare in merito alla adeguatezza strutturale dei palazzi crollati che magari, se fatti ad arte, sarebbero rimasti in piedi.. Noi invece, a fronte di evidenze che escludono il crollo strutturale, siamo abbandonati a noi stessi e dobbiamo pure pagare la demolizione... È semplicemente vergognoso, incommentabile, surreale. Ma purtroppo questa è la nostra realtà.
Ultima per chi vive di luoghi comuni: vivere a ponte milvio non vuol dire essere necessariamente ricchi..
Consiglio per alcuni: evitate di scrivere eresie se non avete idea di quello di cui si parla.
Sarebbe potuto capitare a voi e non lo auguro davvero a nessuno.
Grazie.

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