5 motivi per cui l'incidente mortale a Via Maria Adelaide è assai più probabile a Roma che altrove

26 agosto 2015

Non si ferma la lista dei morti ammazzati sulle strade, d'altro canto è sciocco e ipocrita sorprendersi: siamo la città dove si muore di gran lunga di più in Europa. Con dati spaventosi rispetto alle altre grandi città del continente. Per quanto possa valere, l'ultimo nostro articolo su questo scandalo che i romani vivono come normalità ineluttabile e immodificabile lo avevamo fatto proprio l'altro ieri, 24 ore prima dei terribili fatti di sangue di Via Maria Adelaide che hanno visto una signora, architetto di 59 anni, perdere la vita per colpa di una strada disegnata male, mai riqualificata, abbandonata nonostante flussi enormi di autovetture.

Via Maria Adelaide nessuno la conosce di nome, ma tutti l'hanno percorsa centinaia di volte nella loro vita. E' la strada che fai quando vieni dal Lungotevere andando verso nord e ad un certo punto devi girare per andare al Muro Torto. Non potendo farti passare da Piazza del Popolo, ovviamente, la viabilità ti propone una chicane tra Via Ferdinando di Savoia e Via Maria Adelaide. Proprio su questo slalom il proprietario di un furgone ha perso il controllo, si è distratto a leggere il telefonino, andava troppo veloce, si è sentito male, ha fatto uno starnuto troppo violento come ha egli stesso dichiarato (ogni ipotesi è indifferente rispetto all'altra) o qualsiasi altra cosa ed ha centrato i pedoni sul marciapiede uccidendo una donna.
Vi sono una serie di motivi per cui incidenti come questo - che possono succedere dovunque al mondo - a Roma si trasformano in tragedie e carneficine in maniera molto più probabile che altrove. Vediamoli.

1. spartitraffico


Tra Via Fedinando di Savoia e Via Maria Adelaide c'è uno spartitraffico. E questo è un bene perché gli spartitraffico canalizzano la circolazione, moderano la velocità, destano l'attenzione di chi guida che è costretto a stare entro le canalizzazioni. Già, peccato che lo spartitraffico qui fosse "alla romana" ovvero semplicemente "consigliato" e non effettivamente realizzato in muratura. Se al posto di quella sciocca isola spartitraffico disegnata a terra vi fosse stato uno spartitraffico vero (che tra l'altro avrebbe inglobato l'attraversamento pedonale dividendolo in due come si conviene) non ci sarebbe stato nessun morto, probabilmente, in quel preciso punto, non ci sarebbe stato nessun incidente. Sfidiamo chiunque a contraddirci. Ma qui siamo nella città in cui si tolgono i cordoli delle preferenziali perché limitano la libertà dei coatti in scooter a superare i 110 orari. E dopo questa folle scelta di Alemanno ancora stiamo aspettando il ripristino dei cordoli: nulla!

2. dimensioni del marciapiede

Assurde, vergognose e imbarazzanti le dimensioni del marciapiede. I pedoni obbligati di fatto a stare, inermi, in mezzo alla strada, a pochi centimetri dal flusso di auto (quando anche questo spazio non è rubato da furgoni in sosta sul marciapiede). Perché? Perché secondo qualche folle analisi dei flussi qui ci devono essere 4 corsie a senso unico, manco fossimo su una highway di Los Angeles. E ai pedoni? Lo spazio che resta: un mozzico di marciapiede da un metro e mezzo o giù di lì. Se un furgone sbanda non hai neppure il tempo di rendertene conto e ti è addosso, se sei protetto da un marciapiede più ampio magari le cose cambiano. A Roma le strade sono disegnate con lo stesso e identico layout di sessant'anni fa. Nessuno si pone il problema di cambiarle e succede anche oggi. Ogni cantiere al massimo rifà il catrame dei marciapiedi, tra

3. velocità

A Roma è vietato calmierare la velocità delle auto. Punire chi supera i limiti è correntemente e diffusamente (anche dai Vigili stessi, parlateci!) considerata una scorrettezza... Questa morte, ma ancora di più le morte dei giorni scorsi (ecco la mattanza fresca fresca, ma dopo questa pubblicazione ne sono successe altre, come il signore di ieri a Pomezia ucciso sulle strisce pedonali), sono anche, probabilmente, morti figlie dell'alta velocità. Gli autovelox vengono vissuti come un sopruso, il 99% della popolazione pensa che siano armi per "fare cassa" (dicono tutti così, come se un Comune, ovvero un ente pubblico, che faccia cassa su chi viola le regole compia chissà quale atto impuro invece di fare precisamente il proprio dovere di tutela delle persone per bene, magari reinvestendo il provento in trasporto pubblico o sicurezza stradale). A Via Labicana hanno messo il sacrosanto limite a 30 all'ora e subito l'autovelox, stiamo cercando ancora chi ha convinto la Polizia Municipale a toglierlo: perché c'è anche questo, le pressioni politiche per togliere gli autovelox. Con pochi autovelox mobili e quasi nessun autovelox fisso non esiste nessuno che rispetti i 50km all'ora, perché se vai a 50 forse non fai una strage se sbandi. Anzi, se vai a 50 forse proprio non sbandi.

4. parapedonali

Cosa sono quei ridicoli parapedonali pubblicitari che si sono piegati come stuzzicadenti all'arrivo del pericolo? Ma non servono proprio a parare i pedoni dai rischi della strada? Oppure servono per mostrare pubblicità e basta tra l'altro con un formato che non ha eguali e paralleli in nessuna città del mondo? Volete ridere (o meglio piangere?), beh nella parte più avanti di Via Maria Adelaide ci sono i parapedonali seri, quelli che forse reggono all'urto e non caracollano addosso alla vittima assieme alla vettura che dovrebbero contenere... Lì però, nel punto di massima visibilità, ci sono i parapedonali pubblicitari alla romana. Orrendi, inutili, mortali. 

5. mezzi pesanti

Roma è piena di furgoni. Se sbanda una macchina è una cosa, se sbanda un mezzo pesante è un'altra. E magari i mezzi pesanti (che infatti dovrebbero stare in larga misura fuori dalle città e non per questioni di divieto ma per questioni di organizzazione del traffico) hanno una percentuale ben superiore di sbandate. Con 10mila ambulanti, con un servizio di carico e scarico merci da quarto mondo, con un passaggio di bus turistici da paese sottosviluppato e con l'invasione ormai dei furgoni NCC che portano in giro i turisti, ormai a Roma la percentuale di mezzi pesanti è spaventosa. La mobilità abbandonata, non pensata, non gestita porta a presentare sulle strade un mix insostenibile (per i pedoni ma anche per le bici, per le moto e per le altre auto) di protagonisti della strada. Se un mezzo merci si ferma in una piastra logistica e scarica lì (ecco il nostro progetto) non può entrare nella città e schiacciare qualcuno. E intanto nel prosieguo della giornata di ieri un altro morto: un motociclista sulla Togliatti, ucciso indovinate un po' da chi? Da un furgone...

La dinamica dell'incidente, dunque, è totalmente irrilevante (c'è da dire che probabilmente i sanpietrini hanno aiutato...): rilevante è il contesto in cui l'incidente è avvenuto. Il contesto di una città dove crepano (ma sono statistiche atrocemente per difetto) 300 persone all'anno sulla strada contro le 25 di Parigi. Il contesto di una città dove le strade sono fatte per le auto, con un arredo urbano appositamente trascurato, fuorilegge e superato: i pedoni sono mal tollerati e il fatto che ogni tanto vengano uccisi fa parte del gioco. Punto. Anzi, troppi ne vengono risparmiati. Vi basti notare che Roma è l'unica città del mondo (ma manco in Messico o in India) dove se un automobilista si ferma alle strisce pedonali facendo passare chi attende viene ringraziato. Ringraziato!

La Commissione Lavori Pubblici del I Municipio ha dichiarato, dicendosi molto "scossa", che si riunirà con urgenza per introdurre "un sistema di dissuasione di velocità nell'area dell'incidente". Hanno detto proprio così, non in tutta Roma, no, solo "nell'area dell'incidente". Insomma ci mettono una pezza, rigorosamente dopo. Ma tanto cosa importa, oggi tutti i giornali parlano di "eccesso di velocità". Certo, come no... Sarebbe bastato aver realizzato uno spartitraffico (collegato ad un salvagente utile a spezzare in due l'attraversamento pedonale) invece di averlo disegnato e il fattaccio non sarebbe mai successo. Ci arriveranno? Ma soprattutto ci arriveranno a monitorare le diecimila strade disegnate in maniera criminale come questa che rappresentano una pistola puntata alla tempia di ogni pedone?




Pare di no: stanno continuando a realizzare strade così. Questo cantiere ancora non è terminato e guardate cosa hanno fatto. Siamo a Porta Portese e i lavori vengono promossi con soldi dell'Unione Europea. Invece di realizzare in muratura delle orecchie salvagente agli angoli del marciapiede le hanno soltanto disegnate. Ovviamente i risultati sono quelli che vedete: anche in pieno agosto auto posteggiate laddove ci dovrebbe essere un marciapiede. Auto che così impediscono una corretta visibilità sugli attraversamenti pedonali. Quando questo provocherà un incidente urleranno che è colpa della velocità e cercheranno di dimostrare che il guidatore è drogato. In realtà drogato, ma pesantemente, è solo chi progetta, chi realizza e chi approva strade disegnate per ammazzare chi le utilizza non dotato di automobile. 

Metropolitana totalmente infestata di borseggiatori. Turisti circondati da piranha. Ecco cosa fanno quando li filmiamo

25 agosto 2015

Non accenna a diminuire l'intollerabile situazione sotto la metro di Roma. I turisti (ormai unici utilizzatori dell'infrastruttura, diventata inaffidabile per i lavoratori della città) sono letteralmente circondati da piccoli branchi di pesci piranha pronti a colpire. 
E' facile riconoscerli, ma le forze dell'ordine non sembrano interessate a farlo. Anche perché c'è poca soddisfazione: le leggi sono dalla parte di questi criminali che spesso, riuscendo a risultare minorenni, tornano sul loro luogo di lavoro dopo poche ore dall'arresto, sputando in faccia (non figuratamente) a chi li ha fatti arrestare. 

Con le nostre telecamere sono meno spavaldi per fortuna, almeno in questo caso: si coprono, imbastiscono siparietti ridicoli, non sanno gestire l'unico cittadino (il nostro lettore, cui vanno tutti i complimenti del caso) che li contrasta con un mano un semplice smartphone. Pensate se fossero contrastati da più persone insieme: forse non tornerebbero più...
Intanto guardatevi i video, osservate le sgradevoli facce dei personaggi, memorizzatele per stare attenti e mettere in guardia chi viaggia con voi. E divulgate. 

Perché dopo un anno dal Piano Regolatore i cartelloni stanno tutti ancora lì? Ecco come Roma distrugge se stessa. Per gli interessi di chi?


"Cari amici di Roma fa Schifo, esattamente un anno fa seguii con passione il gran can can che faceste sull'approvazione del Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari. Grazie a tutto quel casino il Piano venne approvato, ma come mai poi non se n'è saputo più niente? Come mai i cartelloni sono tutti ancora lì? Come mai non si sono svolti i bandi internazionali rispetto ai quali ci avete fatto una capa tanta per anni?".

Bella domanda. Che ci dà modo di spiegare cosa sta succedendo. Perché dietro ai tempi estenuanti con i quali sta andando avanti la grande riforma della pubblicità esterna a Roma (ricordiamo che siamo al medioevo mentre tutte le città del mondo e d'Italia sono nel futuro, e ci stiamo solo perché negli anni passati si è deciso di favorire il racket che c'è dietro questo settore con decine di ditte infiltrate dalle mafie) c'è qualcosa di molto più schifoso di quanto si possa immaginarsi.



La procedura, dopo l'approvazione del Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari (PRIP) la scorsa estate, prevedeva tutta una serie di attività che - ovviamente, siamo in Italia - sono state in primis rallentate dai ricorsi al TAR. Per fortuna i ricorsi sono stati persi dalle ditte che li hanno intentati (anche se un nuovo pronunciamento ci sarà ad ottobre) e allora si è andati avanti a produrre, per ogni Municipio, dei Piani di Localizzazione, nel frattempo il Comune si è quasi fatto convincere a sperimentare alcune modalità cadendo per un pelo nelle trappolette delle ditte. Gli step dovevano comunque essere: redazione dei Piani di Localizzazione (15, uno per ogni Municipio. Il primo ad essere stato presentato in anteprima fu a febbraio il VII) > la loro presentazione agli uffici competenti > la presentazione alla città > un passaggio istituzionale (approvazione in Consiglio? In Giunta?) definitivo > l'indizione dei bandi internazionali che avrebbero portato - speriamo - ditte internazionali e serie a gestire un settore molto particolare, specifico e delicato che le dittuncole cafone romane si sono rivelate inadatte (ed è un eufemismo) a gestire.

Cosa è successo? E' successo che il processo si è arenato al primo step. I 15 Piani sono stati redatti da Aequa Roma, ma una volta inviate agli uffici (leggasi soprintendenze) per un avallo formale, hanno ricevuto centinaia e centinaia di osservazioni. 



Le stesse soprintendenze che hanno taciuto, per trent'anni, quando la città (e gran parte delle aree tutelate, monumentali, archeologiche) veniva ricoperta di impianti di ogni forma e ogni colore gestiti sovente dalla criminalità, ora fanno il pelo e il contropelo alla proposta del Comune di riformare il settore, rallentando la procedura, facendo perdere all'amministrazione una montagna di soldi, rinforzando le ditte e il loro potere contrattuale in sede di ricorso. Uno scandalo in piena regola. Che diventa uno scandalo allucinante (ma, tranquilli, i giornali della città non ne parlano) se si pensa che tra gli uffici che dovrebbero "tutelare" i beni culturali, quello che più di ogni altro ha avuto da ridire è stata la Sovrintendenza Capitolina. Non quella Monumentale, non quella Archeologica che anzi si è comportata in maniera molto corretta, no: quella Capitolina. La Sovrintendenza Comunale, quella retta da Claudio Parisi Presicce, che è di fatto un ufficio del Comune, un organo dell'Assessorato alla Cultura, assimilabile ad un Dipartimento di Roma Capitale.



Insomma è la città che si fa male da sola. Che si umilia da sola. Che si mette i bastoni tra le ruote da sola. L'assessorato al Commercio e il Dipartimento delle Attività Produttive cercano di riformare un settore terrificante dopo decenni di crimine e abusivismo rispetto al quale tutti si sono voltati dall'altra parte, e proprio ora tutti si svegliano: stiamo parlando di qualcosa come 800 pagine di osservazioni. Equivalgono a quelle operazioni Calderoli Style fatte in Parlamento per bloccare qualche riforma utile ma scomoda con tonnellate e tonnellate di emendamenti. Ed è il Comune che sevizia se stesso, ripetiamolo. Si potrà dire: ma la Sovrintendenza semplicemente applica la legge e fa notare se determinati impianti non possono stare in un certo luogo. Già, ma a parte che certi impianti in "quel luogo" ci stavano da anni senza che nessuno abbia detto nulla, solo che prima ci stavano nel caos, ora ci stanno in un disegno strategico di riforma. Ma poi non è solo questo: il documento riporta tutta una serie di interpretazioni, deduzioni e chili&chili di mancanza di elasticità.

Risultato? Questo scherzo potrebbe rendere tutta l'operazione infattibile. I lotti che poi verranno messi a gara potrebbero risultare non appetibili dal punto di vista commerciale, le gare insomma potrebbero andare deserte o non consentire al Comune di chiedere in cambio i servizi che in tutto il mondo si ricavano dalla valorizzazione della pubblicità esterna (arredo urbano, bike-sharing, toilette, mappe, ma soprattutto un sacco di soldi per l'amministrazione che ne ha bisogno) e l'operazione di riforma potrebbe andare a farsi benedire facendo restare tutto com'è. Magari qualcuno dentro determinati uffici capitolini mira proprio a questo...

La città dei ratti. Video da un'invasione a Prati. E sotto la metro ormai è come a New York

24 agosto 2015

Non che la presenza di topi di fogna (di tutti i tipi, non solo roditori) sia una novità in questa città, tuttavia qui forse si sta esagerando. Complice la traballante raccolta rifiuti, la perdita di presidio su tutte le procedure standard (si fanno disinfestazioni o anche questo comparto era in mano alla malavita e dunque finita la pax mafiosa dopo le inchieste del Tribunale tutto è saltato anche qui?) e una metropolitana sicuramente non manutenuta, la situazione sta andando un po' fuori controllo.

In questi due video scene abbastanza inquietanti. Una quantità notevole di sorci si rincorrono nel cuore di Prati, una delle zone residenziali più eleganti della città. Nel frattempo la fermata Termini della metropolitana si è trasformata in una qualsiasi delle fermate di Harlem o del Queens della subway di New York City. Di New York prendiamo solo i difetti senza acquisirne i pregi, però...


Mille posti disponibili ciononostante mille auto fuori posto. La Roma che si comporta peggio dei Casamonica


In queste giornate, mentre le attenzioni della città sono state - giustamente - monopolizzate dai funerali di Vittorio Casamonica, le macchine hanno mandato al campo santo 4 persone e molte sono finite all'ospedale.

Invece di ridurre, incentivare alternative, disincentivare l'utilizzo dell'auto, Roma sta facendo (ormai da 25 anni) esattamente il contrario di quanto si fa in tutto il resto del mondo. Le conseguenze sono nei numeri: si muore 10 volte più che a Parigi. E l'incapacità degli amministratori si sposa alla perfezione con la prepotenza dei romani che quando si tratta di macchine si trasformano in licantropi irriconoscibili. Guidare in questo modo, comportasi in maniera prepotente e pericolosa, non curarsi delle conseguenze di quello che si fa determina 200 morti e 40mila feriti all'anno. Numeri che non hanno paralleli in nessuna città al mondo. Una mattanza, una guerra civile che la città accetta impassibile, come se fosse normale.

Si fa un gran parte della mafia, dei Casamonica, degli Spada, dei Fasciani e dei Senise. Speriamo che queste dinastie criminali vengano eradicate completamente, ma non ci si chieda con sorpresa perché i cittadini romani non si scagliano contro la malavita: è evidente perché. Perché nessuno si comporta bene, nessuno si pone il problema di comportarsi in maniera civile. L'ambiente che facilita la crescita delle mafie e che determina ciò che vedete in questo video è lo stesso ambiente, ecco la relazione che c'è tra le due cose quando diciamo che la mafia a Roma è una sciagura, ma non farà mai gli stessi morti e gli stessi danni delle macchine. Le prepotenze di un automobilista qualsiasi a Roma pari sono a quelle di Casamonica qualsiasi che estorce o spaccia: chi guida a Roma sa a che livello di violenza e aggressività si arriva e quando i numeri parlano di una guerra, è difficile dire che le due cose non siano paragonabili.

Provate voi, ad esempio, a spiegare questo video in qualsiasi altra città del mondo. Qualsiasi cittadino vi risponderà: ma è mafia! Per dire che è prepotenza, è assurdità, è senso di totale impunità, è fregarsene di poter far del male al prossimo, è egoismo. Fino alla scorsa settimana (ma magari anche questa) Roma è stata piena zeppa di posteggi disponibili e comunque piena zeppa di auto in sosta abusiva. Dovunque. Questo video è stato girato in una zona dove ogni santo agosto torniamo per dimostrare come sia falsa e ridicola la filastrocca secondo cui i romani parcheggiano male perché non hanno posti auto a disposizione. Niente di più falso. I romani parcheggiano male perché si comportano da criminali anche nel semplice atto i fermarsi con l'auto. Un comportamento che genera più morti di qualsiasi mafia in città. E poi tutti si sento brave persone puntando il dito contro i Casamonica: le famiglie malavitose hanno prosperato innanzitutto grazie alla mentalità mafioseggiante dei romani. Mentalità che si palesa sopra ogni altra cosa nel rapporto malato dei cittadini della capitale con le loro automobili. Un autentico cancro: quando interveniamo?

Racket, inefficienze, incapacità e clientele. Ecco perché i prontosoccorsi di Roma violano i diritti umani

23 agosto 2015

Come può accadere che in una capitale dell’occidente benestante i cittadini debbano attendere giorni per essere ricoverati nel reparto di un ospedale pubblico? Trascorrendo l’estenuante attesa su barelle ammassate nei corridoi del pronto soccorso, in situazioni al di fuori di ogni protocollo, in cui si mette a rischio la salute della persona, violandone per certo privacy e dignità.
La situazione descritta è tristemente nota a molti che l’hanno vissuta in prima persona, sul proprio corpo o su quello dei propri cari. Tuttavia questo scandalo quotidiano desta la giusta attenzione dei media solamente quando accadono eventi drammatici. L’ultimo dramma descritto dalla cronaca locale e nazionale è la morte di una signora anziana, caduta dalla barella dopo aver passato 6 giorni nel corridoio del pronto soccorso dell’Ospedale Tor Vergata. Ovviamente si è posto risalto sulla caduta dalla barella e sul mancato controllo dei sanitari. Ma il vero scandalo è l’attesa di 6 giorni per un posto letto, tutt’altro che eccezionale, dovendo aspettare in un dipartimento di emergenza sovraffollato in cui il personale non è in grado di garantire la sicurezza, logistica e sanitaria, di tutti i pazienti.
Questa situazione drammatica è purtroppo nota da anni. Nel febbraio del 2012 fu l’attuale sindaco Marino a denunciare la situazione intollerabile all’interno del Policlinico Umberto I. La visita del medico politico seguì alla diffusione della notizia di una paziente in coma (in assenza di margini terapeutici) che attendeva un posto letto da giorni, sottoposta a mezzi di contenzione in una barella del pronto soccorso. Marino allora dichiarò “ognuno di noi potrebbe essere quella donna, non si può andare avanti così. E il nome del reparto dove abbiamo trovato la donna è agghiacciante: “la piazzetta”. Potrebbe accogliere massimo 8 persone e noi ce ne abbiamo trovate 21”.
Perché c’è tutta questa difficoltà a ricoverare i pazienti, in particolare anziani? La risposta classica dei reparti è “non abbiamo posto letto”. Ma la risposta è totalmente giustificata dai famosi tagli alla sanità (i posti letto in Italia sono diminuiti dai 296.000 circa dell’anno 2000 ai 230.000 del 1° gennaio 2012) o una organizzazione più efficiente potrebbe garantire cure e dignità a tutti i pazienti?


Se andiamo a valutare i dati notiamo che nella regione Lazio il numero di posti letto/1000 abitanti non è inferiore a quello di regioni del nord dove l’attesa di un posto letto a reparto è nettamente inferiore, in alcuni centri avvicinandosi allo zero.
Si evince quindi che la causa non può essere ricercata solamente nella carenza di posti letto.
Infatti nel sistema più diffusamente adottato dagli ospedali romani i medici del pronto soccorso, quando decidono di ricoverare un paziente, devono chiedere la disponibilità del posto letto ai reparti. Questi ultimi sono generalmente liberi di accettare o rifiutare il ricovero, senza nessun vincolo, potendo dichiarare l’assenza di posti letto senza in assenza di controllo, e il paziente se ne rimane nel corridoio del pronto soccorso sulla sua barella.
I sistemi di organizzazione più efficienti, che tutelano maggiormente il paziente, sanciscono invece l’obbligo per i reparti ospedalieri di ricevere un certo numero di pazienti al giorno, compatibilmente con il numero di posti letto del reparto e con la degenza media prevista. Questo sistema, adottato anche in numerosi ospedali del Nord Italia, obbliga il reparto a mantenere ritmi di lavoro virtuosi e impedisce allo stesso tempo di “riservare” i posti letto per pazienti seguiti in privato, ricoveri in elezione, parenti o personaggi famosi...
Lo stesso presidente della Simeu (Società Italia di Medicina d’Emergenza Urgenza) del Lazio Francesco Rocco Pugliese, in una lettera aperta (http://www.simeu.it/file.php?file=leggi&sez=articoli&art=3246), ha dichiarato che “l’affollamento del pronto soccorso infatti non è solo un problema del pronto soccorso, ma di tutto l’ospedale”, auspicando l’istituzione di una rete che monitori l’attività e razionalizzi adeguatamente le risorse in base alle reali necessità, concludendo come “la Regione Lazio abbia iniziato il percorso giusto basato su dati di attività ufficiali, ma il lavoro non sarà né semplice né facile e molti saranno coloro che proveranno ad interromperlo.”
Un evento, speriamo eccezionale, che ha mostrato livelli estremi di malcostume è salito all’attenzione grazie alla denuncia di una studentessa di infermieristica: (http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/14_agosto_12/umberto-arriva-senatore-pazienti-sfrattati-stanza-8885a4e6-2204-11e4-81f2-200d3848d166.shtml) “Una sera, verso le 20 ho notato una certa agitazione da parte del personale. Due pazienti, senza ricevere alcuna spiegazione, sono stati spostati in stanze in cui erano presenti già altri quattro letti, mentre quella in cui si trovavano loro è rimasta vuota. Lo stato di agitazione continuava: apriamo le finestre, spruzziamo un deodorante, il nuovo letto deve essere perfetto. Il nuovo letto. Uno solo. Io non ho molta esperienza, per questo mi è sembrato naturale chiedere lumi. “Domani arriva il senatore. Deve stare in una stanza singola, disposizioni del primario”. Il Policlinico Umberto I si è poi difeso giustificando l’accaduto, sollevando questioni di privacy legati a motivi sanitari, indipendenti dallo status di senatore... La replica lascia sicuramente molti dubbi, e il fatto che sia stata una studentessa a denunciare il fatto da l’idea di quanto sia tollerata la mentalità clientelare.
In un sistema sanitario ideale il paziente dovrebbe rimanere all’interno del pronto soccorso il tempo strettamente necessario: il compito è infatti quello di inquadrare la situazione, eseguire le terapie necessarie in urgenza, decidere chi deve essere ricoverato e prescrivere esami da eseguire successivamente per chi può essere dimesso.
E’ infatti dimostrato come il sovraffollamento degli ambienti del pronto soccorso sia associato a un aumento della mortalità. Nel Regno Unito questo concetto è talmente radicato al punto che il Dipartimento di Emergenza ha l’obiettivo di decidere il destino del paziente (ricovero/dimissione) entro 4 ore dall’arrivo.
Il sindacato degli infermieri Nursind ha denunciato che a Roma il 40% dei pazienti presenti in pronto soccorso sono in attesa di un posto letto a reparto. Questo obbliga il personale sanitario a un carico di lavoro extra, creando un ambiente di lavoro frenetico e caotico, dove il rischio di compiere errori è alto.
A Roma l’obiettivo non può certo essere il limite di 4 ore come nel Regno Unito… poiché già 24 ore sarebbe un grande successo. Tuttavia urge una rivoluzione, organizzativa e di mentalità, per non dover più assistere nei nostri ospedali a situazioni al limite della violazione dei diritti umani.
Tommaso

Video. E Casamonica minaccia di morte Matteo Salvini e David Parenzo in diretta tv. A questi personaggi avete regalato Roma

22 agosto 2015

Hanno accumulato 100 milioni di euro, ma sono dati del 2011/2012, si sono succeduti poi anni di credit crunch da parte delle banche e dunque di campo libero all'usura, loro grande specialità. Sono i boss del recupero crediti: tu hai emesso una fattura da mille euro, il tuo cliente non ti paga, il credito viene rilevato dai Casamonica che rispetto ad una cifra che non vedrai mai ti garantiscono a te 500 e vanno dal tuo clienti facendogli pagare gli altri 500, a suon di minacce e cazzotti. E pagano tutti. Si sono impossessati di intere aree pubbliche della città, strade e quartieri, in barba a pensa che a Roma non esista il controllo del territorio da parte delle mafie. Durante le elezioni del 2008 riuscirono a far si che il loro candidato fosse il recordman di preferenze. I loro mille e più appartamenti sono affittati ai clandestini e questo vi dice molto sull'organizzazione militare con la quale vu cumprà di ogni nazionalità operano nel centro dell'Urbe. Sono, citando una mitica inchiesta di Lirio Abbate che anticipò di molto l'inchiesta Mondo di Mezzo - Mafia Capitale, una delle quattro famiglie (assieme ai Senise, ai Fasciani ed a Carminati) che costituiscono il quadrumvirato de I Re di Roma e con il funerale dell'altro giorno si candidano a prendere il posto di Carminati stesso ai vertici di questa gerarchia criminale. Hanno in pugno in toto il traffico di droga, le estorsioni, il commercio di autovetture di lusso, locali di ogni livello e qualche stabilimento balneare. E le forze dell'ordine locali, che non osano torcere loro un capello. Hanno costruito decine e decine di immobili abusivamente e si sono guadagnati il rispetto di molti cittadini romani, anche di quelli intimiditi, insolentiti, umiliati.

Da un cursus honorum simile ti aspetteresti dei fior di criminali, e invece i Casamonica sono quello che potete vedere in questo video. Fresco fresco di ieri, quando in diretta tv a In Onda su La7 hanno ottenuto quello che più di ogni cosa ambiscono dopo i soldi: partecipare ad un talk televisivo. Il livello è più basso di ogni aspettativa. Incapacità di articolare un ragionamento, incapacità di mettere una parola in fila ad un'altra in italiano per lo meno comprensibile, incapacità di non contraddirsi e di non fare gaffes, vaneggiamenti continui tra l'inno di "Mamei" e "Zico Re dell'Udinese" fino ad arrivare alle minacce di morte di prammatica con invito diffuso a non far "sciacalismo" su un funerale. In questo filmato abbiamo fatto un medley delle perle emerse ieri sera, davvero una pagina di alta televisione. Il punto più geniale, che dice molto della follia che anima queste menti, è la ragazza che fa di tutto per andare in tv, fa di tutto per farsi vedere, fa di tutto per parlare e poi dice che essere riconosciuta in quanto Casamonica potrebbe farle perdere il lavoro...


Ma non c'è da ridere. C'è piuttosto da vergognarsi. Se i romani si fossero arresi a criminali di caratura uno ci sarebbe pure potuto stare, ma vedere il ventre molle della capitale del paese che da 40 anni china il capo nei confronti di una mandria di analfabeti in totale e costante confusione mentale è umiliante. Significa che gli anticorpi della città nei confronti della prepotenza e della spacconaggine non sono pochi, sono semmai nulli. Ed è la vita di tutti i giorni, se ci pensate, a dircelo: chiunque si comporti da strafottente e da aggressivo ha la meglio, ottiene il suo risultato, invece di essere additato, marginalizzato, magari deriso e umiliato, è rispettato. Molto di più di quanto avvenga in altre capitali della criminalità italiana, qui la violenza, di qualsiasi tipo, è premiata. La pigrizia, l'ignoranza, la mancanza di un progetto civico, il cinismo, l'individualismo, l'enorme tasso di omertà sono l'humus nel quale la gramigna della malavita crescono alla perfezione, altrimenti i Casamonica sarebbero probabilmente ancora commercianti di cavalli e giostrai. Perché storie criminali come quelle dei Casamonica possono germinare solo in una città dove "chi se fa l'affari sua torna sano a casa sua" è un motto che le mamme insegnano i loro piccoli.

Per "ovvi motivi" non abbiamo potuto fare le multe ai tanti Casamonica che affluivano al funerale in moto e senza casco, dicono i Vigili Urbani. E fa il paio con "muoriamo di evasione tariffaria ma non possiamo chiedere il biglietto sugli autobus perché la risposta è aggressiva" del direttore generale di Atac Francesco Micheli. Basta un pizzico di aggressività, una minima dose di violenza, un tono di voce un po' più alto (poco importa se distante dall'italiano) che il risultato viene perché dall'altra parte non esiste reazione ne da parte del cittadino ne da parte delle autorità.

Combattere la criminalità? A Roma "non si può fare". Su quello che c'è dietro a questa frase parlammo il 18 agosto scorso. Giusto 48 ore prima dell'inizio della funzione funebre nella chiesa di Don Bosco.

Video. Le condizioni da voltastomaco del Parco della Resistenza. Con però un finale di speranza


Dovevano migliorare, secondo qualche proclama pre-estivo, le condizioni del Parco della Resistenza e invece, se possibile, sono peggiorate. Il parco, potenzialmente stupendo, è in condizioni disperate da ben prima dello scoppio dello scandalo Mafia Capitale e dunque le scuse di "aver-dovuto-tagliare-58-appalti" (da leggere a mo' di cantilena) reggono poco e niente. 

Il contesto è raggelante. Immondizia dappertutto, bivacchi, tante persone accampate, panni stesi. Turisti? Pochi e sparuti, ma con gli occhi di fuori. . 

Abbiamo girato questo video esattamente negli stessi istanti in cui, a qualche chilometro di distanza, si svolgeva il funerale di Vittorio Casamonica. Simbolica come cosa. 
La parte finale del video apre un piccolo squarcio di speranza semmai, un giorno, ci sarà qualcuno intenzionato e voglioso di governarla per davvero questa città. Paradossale che fuori a questo schifo, immediatamente fuori, ci sia un piccolo paradiso. Un chiosco, preso in gestione un paio d'anni fa da alcuni ragazzi, che si chiama Tram Depot, ha sistemato il verde circostante con una qualità impensabile a Roma sia per quanto riguarda le essenze arboree, sia per quanto riguarda i fiori, sia per quanto riguarda gli arredi. Tutto è di una bellezza e di un un gusto altissimo, mentre bassissimi o comunque corretti sono rimasti i prezzi del cibo e delle bevande. Bravissimi loro, ma la cosa fa rabbia: pensate cosa potrebbero essere i nostri parchi se si lavorasse in questo senso, valorizzandoli, rendendoli luoghi vivi grazie ad una offerta enogastronomica peculiare: tanti posti di lavoro, tante idee che si trasformerebbero in realtà, un buon introito per l'amministrazione e parchi puliti indipendentemente dal ridicolo walzer degli appalti cittadini: puliti da privati perché è loro stesso interesse pulirli. Utopia? In tantissime città è la norma.

I commenti dei Casamonica su Facebook su chi li attacca dopo il funerale. "Andiamo a fargli una visitina", "je manca poco", "qualcuno penserà a sto infame"

21 agosto 2015

E' sempre molto istruttivo e pedagogico farsi ogni tanto un giro tra i mille profili Facebook del network Casamonica. Se lo avessero fatto le forze dell'ordine o la magistratura, ad esempio, avrebbero scoperto con due giorni d'anticipo sulla morte di Vittorio Casamonica, ad esempio, visto che i parenti avevano dato il triste annuncio in maniera totalmente pubblica e online, altro che sorpresa.
Ma è interessante aggirarsi per il network di questa famiglia e delle famiglie ad essa collegate. Saltando da un profilo all'altro perché tanto a commentare foto di Ferrari, di tatuaggi, di catenone d'oro al collo, di piscine, di abbigliamenti improbabili e di puledri in salotto che guardano la televisione assieme al mammasantissima di turno sono sempre loro: Casamonica, Di Silvio, Spada e poco più.



Da qualche parte si trova anche qualche commento curioso sulla grande campagna stampa che si è scatenata ieri, tipo questi qui sopra. Una Di Silvio condivide l'immagine, salvata dal suo cellulare, di un ragazzo che, ripubblicando la notizia del funerale pubblica frasi ingiuriose contro il defunto Vittorio Casamonica. Apriti cielo: escalation di commenti violenti fino a che qualcuno non preconizza la morte del povero utente Facebook, si augura di cagargli sulla tomba e cerca di organizzare "na visita"...

Qualcuno avverta il povero Lorenzo De Santis che rischia. Ma a giudicare dalla sua pagina Facebook sembra che abbia cancellato il contenuto che ha fatto arrabbiare i membri del clan...

Video. Ecco che succede a mettersi contro i Casamonica. Succede che li fai arrestare, solo che nessun romano ha il coraggio. Un iraniano sì...


Impossibile trovare un romano che si sia ribellato ai Casamonica. Se la città avesse avuto, come dice l'assessore Sabella oggi, gli "anticorpi" per reagire alla mafia, la mafia non si sarebbe proprio generata o sarebbe stata al posto suo, operando ad un livello fisiologico come in tutte le normali grandi metropoli del mondo.

E invece no. Omertà e connivenza all'ennesima potenza, unite da una politica marcia fino al midollo e ad una magistratura per la quale è più opportuno evitare aggettivi. E allora anche quattro zingaroni analfabeti diventano temibili padrini.


Medhi Dehnavi

Che i Casamonica chiedano forniture e poi non si abbassino mai a pagarle, a Roma è cosa notissima. Come è cosa nota che nessuno osi reagire a queste prepotenze. Qualcuno lo ha fatto e Report lo ha raccontato in questo video di qualche anno fa. 



Oggi è assai significativo rivederlo perché il racconto di questo imprenditore iraniano ci regala mille spunti. Ci dice molto sull'immigrazione (gli immigrati creano problemi, per carità, ma mai quanti ne creano i romani), ci dice molto sui rapporti tra i Casamonica e il potere (Samuele Piccolo, prima di venire arrestato era il recordman delle preferenze a Roma, tutti sapevano da dove venivano. Oggi quelle preferenze dove vanno?), ci dice moltissimo sulle modalità con cui questo clan opera (non ammazzano mai nessuno: ti riempiono di botte, ti spaccano le ossa, ti rendono invalido ma non ti uccidono: così si beccano solo 5 anni - che significa non andare in carcere manco un giorno - e tutto tranquillo) e soprattutto ci dice assai sull'atteggiamento dei romani. 
Nel video passa un po' in secondo piano un episodio riguardante il PM Staffa, del Tribunale di Roma. Colui che fece arrestare in passato molti appartenenti al clan. Uno dei questi appartenenti, per avere un trattamento di favore, cosa fece? Mando la sua stessa compagna a circuire ed a scoparsi Staffa, il quale poi venne scoperto ed ora è sotto processo. Questo sono i Casamonica: le debolezze, le incapacità, le disonestà e le mollezze altrui sono il loro trampolino.


Guido Casamonica

Il protagonista del video, Medhi Dehnavi (qui la sua pagina Facebook mentre qui c'è quella di Guido Casamonica) nonostante tutto quello che ha passato appare ancora incredulo: "ma come si fa a non denunciare una roba del genere?". "Ma come si fa a permettergli di costruire tutte queste ville abusive?". Già, come si fa?

Ecco cosa succede a mettersi contro ai Casamonica se non si è dei conigli. Il problema è che a non mettercisi contro succede ancora peggio.

PS. avete visto, di rosa abbigliato, nei primi fotogrammi chi c'è? Fatelo presente al buon Don Manieri della Parrocchia di Don Bosco...

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