Giorgio scappa da Roma, si stabilisce a Milano e qui si sfoga

4 gennaio 2019

Ultimo scatolone sigillato.
Valigie pronte, casa ormai praticamente vuota.
Conto e riconto la lista delle scatole da far salire sul camion, controllo che non sia rimasto fuori niente, mi preoccupo ancora di sollecitare gentilmente ACEA nell’inviarmi i moduli per la voltura del gas: l’ho chiesto da 15 giorni, ad ora non ho avuto risposta.
Sarà il periodo di iper-lavoro, o sarà che - tendenzialmente - poco gliene frega.
Lascio un bellissimo appartamento in un quartiere una volta bellissimo, ora ridotto in stile Beirut post-bombardamento: i marciapiedi sono inagibili, le lamiere impediscono di percorrere quelle - poche - parti ancora calpestabili.
Ufficialmente il maxi-quartiere si chiama Gianicolense, ma tutti gli abitanti lo chiamano “Monteverde”.
L’origine del nome sembra provenire dalle vecchie cave di tufo verde che, ormai oltre un secolo fa, avranno sicuramente dato un bel colore naturale alle collinette che compongono la zona.
Ora, di verde credo ci siano solo le tasche di chi si svena per acquistare un appartamento in questa zona: i prezzi sono da mazzata secca, in certe parti (nella zona dei famosi ‘villini’, oppure nella parte vecchia verso via Alessandro Poerio) sfondano gli oltre € 4.000 a metro quadrato.
Per carità, la zona è storica, residenziale e tranquilla: forse troppo tranquilla, visto che non ci passa la metro e che l’unico vero mezzo per non morire isolati è il tram numero 8 o (ma secondo alcuni sembrerebbe trattarsi di una creatura mitologica) il famigerato bus H.
Se non ci fosse il tram, una zona popolata da circa 150.000 residenti sarebbe praticamente isolata non solo dal centro, ma pure anche dalla semplice stazione di Trastevere.
Forse è per questo che ogni famiglia ha in media tre automobili, che ovviamente parcheggia perennemente sulla strada: i box, i posti auto ed i garage ci sarebbero - non molti, ma ci sono - ma perché spendere € 100 al mese quando puoi trovare posto sul marciapiede, magari dopo aver girato 135 volte attorno al tuo isolato e perso 40 minuti della tua giornata?

L’importanza di parcheggiare ‘a maghina

A Monteverde, ma in tutta Roma in generale direi, ci sono auto che stanno ferme nello stesso punto per settimane, se non mesi: magari solo la terza o quarta auto della famiglia e, finché nessuno si deciderà di mettere finalmente una zona blu a pagamento (rigorosamente DA PAGARE anche per i residenti), tali vetture rimarranno a soffocare il quartiere per sempre.
Nei circa dieci anni che ho vissuto a Monteverde, mi sono slogato due volte le caviglie cadendo (letteralmente) in due crateri scavati in marciapiedi che neppure Bagdad durante pesante bombardamento combinato anglo-americano.
C’era un ragazzino qui nella zona pregiata dei ‘Villini’, lo conoscevano tutti: purtroppo, era un povero sfortunato tetraplegico.
Non solo al padre i bastardi occupavano abusivamente il posto invalidi faticosamente ottenuto in concessione, ma per far uscire il povero infelice e portarlo anche solo al pacchetto di Largo Ravizza era ogni giorno un’avventura.
Tra macchine parcheggiate in doppia o tripla fila, marciapiedi totalmente impercorribili anche per un normodotato di gambe, merde di cane che Arale si troverebbe nel suo paradiso ideale, il povero genitore, già in sofferenza per il proprio figliolo, doveva fare la gincana e la corsa agli ostacoli ogni santo giorno, ovviamente ripiegando poi quasi sempre per transitare - pericolosamente ma obbligatoriamente - sulla carreggiata, spingendo la carrozzella del ragazzo.
Ogni volta che vedevo quel poveraccio tentare anche solo di uscire dal portone - con un cazzo di SUV a sbarragli la trada di fronte, oppure un’altra cazzo di Smart di merda messa per traverso - mi saliva una rabbia generalizzata non solo verso i residenti, ma verso chi permetteva loro di UMILIARE così tanto un essere umano, già peraltro umiliato dalla sorte avversa.

L’amministrazione capace per gente capace

Monteverde, così come Roma tutta, ha l’amministrazione non solo che si merita, ma che gli calza a pennello: incapace in quasi tutti i settori, incompetente a livello di gestione, logistica e marketing, lassista con doveri e responsabilità, violenta ed arrogante col debole e meschina e servile col potente.
Da ragazzo pensavo che questi problemi, questi mali diciamo, fossero appannaggio di un po’ tutto il Paese, e non solo di Roma; crescendo e viaggiando, ho constatato che Roma è “la Capitale” in tutti i sensi: non ho visto mai (mai, lo ripeto) nessun altro posto d’Italia con tale degrado non solo sociale, ma oserei dire ‘strutturale’.
Se a Palermo fottono 10, a Roma la ‘struttura’ creata in anni ed anni di lassismo e pessima gestione, ti fotte 100, forse 1000.
Lassismo e cattiva gestione perpetuati grazie al voto compiacente dei romani; a volte, anche del mio.
Il decadimento socio-economico cittadino, che solo agli occhi di chi non è nel settore terziario da anni pare scoppiato tutto d’un botto, altro non è che la fine di un lungo periodo di stupri che la piccola-media economia cittadina (essenziale in ogni grande metropoli e fondamentale anche nei paesini) ha accettato, firmato e deciso di subire. E con gioia, anche.
Amministrazioni incompetenti non esisterebbero se la maggioranza dei residenti s’intendesse un po’ di economia aziendale, di mercato e di mercatologia.
Ma la maggioranza della gente non ha mai avuto un’impresa - seppur piccola - non sa eseguire uno scorporo d’IVA, non sa cos’è l’IRAP, non sa fare distinzione tra un bilancio consuntivo e preventivo, non è assolutamente in grado di organizzare manco un trasloco di casa, figurarsi occuparsi della logistica di un’azienda, ad esempio.
Roma e la sua economia sono morte e sepolte perché è da almeno vent’anni che i cittadini hanno smesso di contare, affidandosi piuttosto al lamento come arma di distrazione di massa (e sfogo).
Dico venti ma in realtà basterebbero anche dieci, e se qualcuno era a Milano dieci anni fa e c’è riandato ora sa perfettamente di cosa parlo.

Un degrado che parte da non troppo lontano

Posso dire una cosa senza che i soliti ‘honesti’ mi spaccino per piddino, per colluso, per mafioso o per corrotto, senza nessun tipo di avvisatore acustico orario a casa?
Il degrado di Roma, specie della sua amministrazione, parte da lontano ma... Non troppo.
Guardando PIL ed interventi strutturali della città, gli ultimi fondi spesi seriamente, rinnovando pesantemente il tessuto urbano e portando i vantaggi di cui tutti ora stanno godendo (che all’epoca però, ovviamente, crearono caos e disagi) furono quelli che gestì Francesco Rutelli durante la propria gestione di Roma.
Sì, quella ormai ‘storica’ a ridosso del Giubileo del 2000.
Con una giunta competente, Rutelli fece uscire Roma da decenni di isolamento, trasformandola in una metropoli più o meno moderna.
Dico ‘più o meno’ perché tutte le massicce opere realizzate durante quegli anni, benché appunto strategiche e fondamentali, non furono comunque sufficienti a portare a compimento il cambio e la trasformazione cittadina.
Complice un mandato scaduto, certe scelte scellerate dell’allora PDS e la venuta di un pessimo Sindaco come Walter Veltroni, il famoso ‘Mister Lottizzazione’.
Negli anni di Rutelli, anche Milano guardava con una certa invidia e rispetto Roma: se l’economia viaggiava su ben altri livelli - mi spiace per leghisti e grillini - il vantaggio non era di quella merdosa moneta che avevamo e che volava perennemente in iper-inflazione, ma fu un progetto condiviso e a lungo termine, durato anni, in cui l’amministrazione decise di uscire dalla merda.
Perché cambiare si può, quando ci sono le condizioni e le possibilità.

Milan l’è un gran Milan... Ora, però

È notizia abbastanza recente quella in cui Milano è stata considerata come la città (parlando di metropoli, s’intende) più vivibile d’Italia.
La cosa personalmente non mi sorprende: negli ultimi tempi, ho praticamente passato più tempo a Milano che a Roma, e ho potuto apprezzare il grande sforzo per il rinnovamento totale che la città ha sostenuto nell’ultima decade.
Uno sforzo condiviso dalla sua amministrazione, a livello inter-partitico, dal tessuto produttivo e anche dai cittadini.
Uno sforzo che è costato molto ma che ha dato indietro un ritorno d’investimento decisamente eccellente.
Milano 15 anni fa era Roma: io c’ero, me la ricordo bene.
Un accumulo di lamiere, sporcizia, grigio, inquinamento e gente che parcheggiava praticamente davanti a San Babila, e si sentiva legalizzata a farlo.
Poi, l’amministrazione ha deciso di cambiare. E l’ha fatto, con un progetto condiviso e di lungo respiro.
Certo, gestendo anche bene i fondi dell’EXPO, come peraltro Rutelli e la sua giunta gestirono bene i fondi del Giubileo.
Si può dire questo, evitando d’essere accusati di far parte di Mafia Capitale da gente che mediamente occupa posizioni che non le competono, visto che ci sono curricula che non permetterebbero neppure di pulire i cessi da Mc Donald’s?
Ora Milano è una città moderna, molto meno grigia e depressa di come lo era pochi anni fa, in cui muoversi in maniera sostenibile non solo è possibile, ma è la scelta primaria (per quelli dotati di buon senso e logica, ovvio), in cui il tessuto economico vede l’intreccio di tante tipologie di servizi, anche un incredibile nuovo settore terziario che, diciamocelo, i milanesi si sono costruiti da soli e da zero.
Tutto ciò è costato fatica, cantieri, lavori, cambi d’abitudini nefaste e una buona dose di rigidità e tolleranza zero da parte dell’amministrazione verso piccoli e grandi abusi che, di fatto, poi alla fine regolano il vivere quotidiano.
Un esempio rapido? Dissuasori pressoché ovunque sui marciapiedi, da Via Brera a Viale Monza.
Curve degli stessi rifatte, strette, protette da paletti e che rendono impossibile il parcheggio selvaggio sopra il mattonato.
Cordoli per le preferenziali dappertutto, che rendono impossibile la doppia fila.
Il milanese imbruttito medio, ovviamente, abituato per decenni a parcheggiare praticamente dentro l’androne del suo palazzo, sicuramente avrà masticato amaro, e sicuramente avrà inveito contro l’amministrazione, ma poi si sarà trovato obbligato a comportarsi bene e, in ultima battuta, s’è trovato una città percorribile a piedi senza corse ad ostacoli, e senza prendere un jet a decollo verticale per uscire dal portone di casa.

A Roma devi soffrire

Forse, me la prendo troppo.
Forse, Roma è destinata ad essere così.
Forse, dovevo anch’io abituarmi allo schifo del lago di siringhe usate che vedevo al Parco di Centocelle negli anni ‘80, alla pila di rifiuti che si formava dopo ogni Natale sotto casa mia davanti ai secchioni, al lassismo e all’ignoranza dei miei compagnucci di scuola, che s’ingollavano di Girella e buttavano la plastica per strada, anche quando a soli due metri c’era il secchio.
Forse, dovevo abituarmi anch’io alla sciatteria, alla speranza - anzi, all’epoca era una certezza - del ‘posto fisso al Comune’ a fare il meno possibile, ad evitare di applicare i regolamenti con buon senno, ad interpretare la legge in favore del cittadino e non in favore della voglia di fare sempre il minor compito auspicabile.
Forse. Ma non l’ho fatto.
Non l’ho fatto ed è per questo motivo che ogni volta che sono dovuto andare in Municipio, dal banale rinnovo della Carta d’Identità alla SCIA per l’apertura di un’attività, ho sofferto.
Ho sofferto quando ho dovuto spiegare al solerte istruttore comunale che, vivendo solo con una madre gravemente invalida, non potevo farla uscire di casa senza pericoli, per via del marciapiede devastato dove è già caduta una decina di volte.
Ho sofferto quando due tecnici del SUAP - uno alla scrivania di destra ed uno a quella di sinistra nella stessa stanza - sciorinavano pareri diametralmente opposti sulla stessa, grave problematica (un accidenti di muro in cartongesso divisorio della mia attività), facendomi perdere sei mesi di tempo, oltre 2.000 Euro e 200 grammi di fegato.
Ogni volta che vedevo una maledetta automobile salire di prepotenza il marciapiede di Via del Babuino - perché qualche genio, durante la comunque ottima ristrutturazione, ha scordato di far installare semplici dissuasori - io vi dico che soffrivo.
Io soffrivi quando dovevo aspettare il 719 per un’ora e mezza solo per arrivare ad una metro che, seppur in linea d’aria molto vicina, è di fatto un miraggio per tutti quelli che vivono nell’abbandonato - amministrativamente - quadrante della Gianicolense-Portuense.
Soffro ogni volta che vedo un articolo impietoso su “Roma fa Schifo”, perché... Roma fa schifo davvero. E per un romano ammettere questo è sofferenza.
Soffro ogni qual volta sento parlare i soliti radical-chic, che in vita loro non hanno mai preso compasso e riga in mano manco alle scuole medie, parlare di ‘sbegulazione’ per ogni progetto serio che invece riqualificherebbe la montagna di letame post-guerra di cui Roma è vergognosamente fatta.
Tutti architetti, tutti ingegneri, tutti lì a decretare ‘sbegulazione’ ogni maledetta idea di recupero del territorio.
Io soffrivo e ancor soffro, ma evidentemente la maggior parte dei romani no.

A 30 chilometri dal centro, non ci toccate ‘a maghina

Lo ‘sbattersene i coglioni’, il lassismo come stile di vita, il ‘ma bbasta che parcheggiamo ‘a maghina’, il ‘vabbè ma Roma è grande’ e cazzate simili, che sento ripetere come un maledetto mantra sin da quando ho memoria, evidentemente sono ‘must have’ intellettuali e comportamentali dei cittadini dell’Urbe.
Ormai, di ciò ne ho praticamente certezza: esattamente come il lavativo che cerca lavoro e poi prega un qualsiasi dio di non trovarlo, anche il romano medio si lagna costantemente dello stato in cui è piombata la città ma non ha invero nessuna intenzione di far cambiare le cose.
Non si spiega sennò la vena masochistica di circa 2.800.000 persone - solo nell’area del vecchio Comune di Roma - che, da almeno 15 anni a questa parte, hanno scelto quasi sempre i peggiori soggetti politici a cui affidare le loro vite.
Dal 2000 al 2017, in Italia gli stipendi medi sono cresciuti tra l’1,4 e l’1,7%, a fronte di un tasso di inflazione medio annuo di circa 3% (che fa oltre il 50% su base di diciassette anni).
Se il dato fa già paura da solo, a Roma diventa ancora più orribile: durante la bolla immobiliare, questa città ha visto i prezzi di tutte le zone - in particolare modo quelle periferiche e meno pregiate - rincarare con picchi fino al 300%.
Ovviamente l’amministrazione locale, invece che contrastare il fenomeno tentando di riqualificare le aree depresse e modernizzare quelle di pregio (consentendo dunque ai nuovi schiavi dei mutui trentennali di non morire in solitudine, Porta di Roma docet), inasprendo quindi l’emarginazione sociale e l’esclusione di oltre due milioni di residenti da una vita perlomeno dignitosa.
Piuttosto, s’è deciso di ghettizzare ed umiliare ancor di più chi è stato costretto da un mercato letteralmente impazzito ad andare a vivere a 20 o 30 chilometri dal centro.
Come? Facendo fallire ATAC e la sua folle politica di tolleranza estrema (leggasi: lassismo) verso gli abusivi del tornello, togliendo le corse e le linee, riducendo al minimo indispensabile la manutenzione del parco mezzi, evitando quanto più possibile la costruzione di nuove linee di tram, rimanendo completamente indifferenti alla richiesta di corsie preferenziali per i bus (sennò ‘e maghine dove si parcheggiano?), gestendo la ZTL di uno dei patrimoni mondiali dell’Unesco con un piano semplicemente schizofrenico (attualmente non esiste ancora una ZTL continua e, soprattutto, unificata negli orari!), permettendo ad aziende palesemente inadempienti di proseguire appalti milionari per infrastrutture cardine come le metropolitane e.... Veramente, qui ci vorrebbero un’altra ventina di pagine elettroniche solo per elencare tutte le operazioni VIGLIACCHE che questa sciagurata città ha perpetuato nei confronti dei propri cittadini; quelli, per intenderci, che per un motivo o per l’altro non volevano o non potevano scegliere ‘a maghina come mezzo di locomozione.

Chi ha distrutto il TPL romano?

Per la cronaca: io odio le autovetture, almeno in una metropoli moderna.
Nel 2018, una città che voglia definirsi tale la riconosci non solo per il numero di esseri umani che riesce a stipare, ma anche (e forse, soprattutto) per la qualità di vita e di servizi che essa riesce a garantire.
Un efficiente sistema di trasporto è uno dei servizi cardine di questo supposto.
Altrimenti, Calcutta (che pure ha una rete su ferro invidiabile!) oppure Città del Messico od ancora Il Cairo, se si prendesse ad esempio solo il numero di gente che ammassano, sarebbero posti idilliaci.
Così proprio non è.
Un efficiente Trasporto Pubblico Locale è quindi indispensabile per garantire la mobilità dei residenti, e deve essere costantemente potenziato ed accordato al numero degli stessi, comprensivo anche di tutti gli ‘esterni’ (turisti, pendolari, viaggi d’affari, ecc.) che comportano un ulteriore aggravio al muoversi quotidiano della città.
È semplicemente impensabile pensare ad un 100% di cittadini che si muovono ogni giorno con mezzi privati: neppure nei sobborghi di Cleveland (dove ho vissuto ed in cui il trasporto pubblico fa abbastanza schifo) è ipotizzabile la totalità dei cittadini a muoversi con le autovetture proprie!
Se questo è ben chiaro alle maggiori metropoli europee, americane, cinesi e giapponesi, a Roma la cosa è stata sempre sottostimata.
Il problema del TPL romano ha origini antiche ma neppure troppo, a ben vedere: nell’immediato dopoguerra, Roma aveva una rete su ferro invidiabile per davvero, tra le prime d’Europa.
Il ‘tramvetto’ copriva quasi tutta l’estensione cittadina, ancora non stuprata in ogni orifizio possibile dal potere dei ‘palazzinari’.
I guai cominciarono dagli anni ‘70 in poi, per acutizzarsi e divenire cronicizzati a fine anni ‘80: piano piano si sono smantellate infrastrutture su ferro di superficie utili, per far posto ai nuovi quartieri e preferendo costantemente il trasporto privato.
La costruzione della Metro A, ad esempio, fu un calvario degno delle peggiori amministrazioni sudamericane, che durò ben oltre il limite dei consegna dell’opera: fu ostacolato in ogni mezzo possibile (i soliti ‘comitati di quartiere’, e se non ci credete rivedetevi le cronache del ‘Messaggero’ dell’epoca), il consorzio che costruì l’opera lavorò in modo dissennato ma, incredibilmente, il progetto almeno fu completato.
Cosa che di certo non si può dire della Metro C attuale, al momento moncata a San Giovanni (e molto probabilmente, senza grandi speranze di continuare oltre i Fori Imperiali).
Rivedere tutto il percorso accidentato che ha portato a ritardare di così tanto i lavori della Metro C, gli sbagli, le inadempienze, gli errori e le omissione di entrambe le parti (consorzio e Comune) credo sia impossibile da sintetizzare: se lo volete (e volete soffrire ed incazzarvi) vi consiglio l’ottimo blog del “Comitato MetroxRoma”, poiché posto più completo d’informazioni e dettagli sul web davvero non c’è.

Prenditi anche tu un fantastico bilocale in estrema periferia a 3.000 Euro al mq, dai!

Chi ha ben pensato di acquistare una casa a 30 chilometri dal centro, per gentile concessione delle lottizzazioni selvagge della giunta Veltroni, negli anni d’oro del mattone romano?
Tanta gente, a giudicare dal NTN (Numero Transazioni Normalizzate) nel periodo della bolla immobiliare: un settore, quello edilizio, che arrivava a fatturare 2/3 (considerando l’indotto) di tutto il PIL romano.
Di rimando, l’altra domanda che i romani dovrebbero farsi ora che la bolla è scoppiata dovrebbe essere: chi ha permesso la costruzione di interi ed enormi quartieri-dormitorio bruttissimi, scomodissimi, isolati da tutto e da tutti, buoni solo ad aumentare la percentuale di impermeabilizzazione del territorio e il livello di smog?
Già, perché proprio nessuno in questi 15 anni di amministrazione romana s’è fatto seriamente due calcoli sull’effettiva convenienza di indire la circolazione a targhe alterne e i blocchi domenicali quando invece migliaia di metri cubi di (brutto) cemento, tutti contornati da altrettanto orribili centri commerciali, causano sì l’agglomerarsi di inquinamento spaventoso.
Perché? Perché questi quartieri a decine di chilometri dal centro della città, non essendo serviti da nessun mezzo pubblico efficace, obbligano i residenti a spostarsi con i mezzi privati!
Sul serio, pensate davvero che un blocco delle macchine a targhe alterne ogni morte di Papa può mai far scendere il livello di polveri sottili ed inquinamento vario quando ogni santo giorno centinaia di migliaia di romani s’intasano tutti su Prenestina, Tiburtina, Collatina, Casilina, GRA e tutte le altre consolari per ritornare ai loro quartieri-dormitorio?
Se davvero lo pensate, vi meritate davvero di pagare un mutuo tombale persi nel traffico, nell’inquinamento e nella certezza che le cose non miglioreranno mai.

Zona a Cervelli Limitati

Quando venne istituita la prima ZTL romana, a metà degli anni ‘90, come al solito il romano medio cominciò a sbraitare e ad infuriarsi, sempre per il solito, annoso problema del ‘ce levate er posto a ‘e maghine!’.
Ovviamente, per tali buzzurri, era molto più praticabile ed urbanisticamente ineccepibile continuare ad usare San Giovanni o Piazza del Popolo come enormi parcheggi gratuiti a cielo aperto.

Se è quello che vi meritate...

La verità è che la maggior parte della popolazione romana è lassista.
E adora esserlo.
La verità è che gran parte della popolazione si davvero di sprofondare nel letame e nei rifiuti, come si merita di morire bruciata dentro un bus vecchio di 15 anni senza più olio nel motore, si merita che i piccini crescano giocando sopra a cumuli di topi morti ed immondizia.
Si merita il peggio, perché quello ha comunque voluto: se è refrattaria ad ogni tipo di cambiamento (leggasi il referendum sull’ATAC, ignobilmente boicottato!), che la smetta di lamentarsi e continui a vivere nella perenne indigenza strutturale, nella parvenza di civiltà, nel sogno (che mai si realizzerà) di una metropoli europea, che di europeo ha solo il collocamento geografico.
Buon decadimento nel vostro bilocale a Centocelle comperato a 200.000 Euro, buone bestemmie ogni mattina quando pesterete una merda di cane che vi farà spaccare la caviglia su un cratere lasciato lì sul marciapiede che ormai è più vecchio di voi.
Che dite, vi sembra fin troppo ‘celodurista’ tutto questo? Vi sembra decisamente stantio e inutilmente retorico?
Sì, è vero: lo sembra. Non so se lo sia veramente.
Però è quello che attualmente appare: appare che la popolazione romana sia totalmente refrattaria al cambiamento, e che il lagnarsi ed il piangere miseria di mali (risolvibili) sia l’unica soluzione possibile.
ATAC offre un servizio pubblico mediocre, quando non inesistente, ed il romano che fa?
Quando ha l’opportunità di cambiare le cose, come con lo scorso referendum, si dilegua.
Se è questo che la maggioranza della popolazione vuole, questo ha ottenuto.
Eppure, io credo che ciò non sia totalmente attinente al vero.
Non lo credo non solo perché ho vissuto a Roma buona parte della mia vita, ma perché ho anche visto la disperazione dei romani tramutata nei voti di Gianni Alemanno e Virginia Raggi, ad esempio.
Il lassismo c’è, è indisponente e fagocitante, ma la scossa non si può dire che non sia arrivata: l’elezione dell’ultimo Sindaco del Movimento 5 Stelle è la massima espressione della frustrazione cittadina, che per una volta tanto ha dato una (mezza) spallata al lassismo.
Appunto, mezza: e manco troppo forte, però.
Sicuramente inutile, visti i disastri dell’amministrazione pentastellata.

Vi saluto, tante cose e un bacio ai pupi

Per evitare le solite puerili polemiche degli analfabeti funzionali: sono romano, figlio di romani (per quanto la cosa possa valere, poi).
Di più: sono trasteverino, nato proprio nel ‘core de Roma’.
Ho ricordi meravigliosi di questa città, che purtroppo però sono tutti solo ricordi.
E manco tanto recenti considerata, ahimé, la mia età non proprio giovanissima.
Due anni fa, prospettando un calo considerevole del fatturato aziendale unito a contingenze sia locali che di settore, ho cominciato a trasferire il mio business a Milano.
Città che, lo ripeto a costo di divenire ossessivo, ormai ha superato Roma in ogni campo: economico sicuramente, ma ormai anche sociale e culturale.
Rispetto ai ricordi che avevo di Milano quando la frequentavo da ragazzo, ho trovato un ambiente eccezionalmente propositivo, aperto ed incoraggiante.
Urbanisticamente può piacere o non piacere, e di certo nemmeno il milanese più campanilista oserebbe mai paragonare il centro di Milano a quello di Roma, Firenze o Venezia.
Ma è una città vivibile, pratica e funzionale.
Quartieri che io un tempo vedevo orripilanti come la Bovisa, Loreto o la Ghisolfa sono rifioriti del tutto, o stanno per rifiorire.
Come? Semplicemente portando un po’ di ordine e riqualificazione del territorio.
E senza neppure spendere molto, a ben vedere: in molti casi è bastato ordinare il traffico, impedire le soste selvagge, potare l’erba dei parchi e riportare il decoro urbano.
Certo, poi ci son stati gli investimenti pesanti, quelli grossi, come le nuove linee di metro; ma anche lì, la scelta è stata sostenuta da un progetto forte, portato avanti a prescindere dal partito politico al potere comunale.
Non c’è solo il caso - per quanto eclatante - di Isola o City Life: Milano ha usato saggiamente le risorse e le trasformazioni dell’EXPO in una grande occasione che non s’è fatta sfuggire per migliorare tutta la città.
Sì, esatto, come fece il povero Roberto Giachetti a Roma nel 2000, sotto la giunta Veltroni.
PIDDINOOOOOO, CORROTTOOOO!!!111” tra 3, 2, 1...
Pazienza: hanno provato ad insultarmi con parole ben peggiori.
Io me ne vado.
Io vado a portare la mia esperienza e la mia capacità di far ricchezza altrove, nell’unica città veramente europea d’Italia, che - tra le altre cose - con me e col mio lavoro non s’è mai dimostrata né fredda e né inospitale, anzi.
E se direte “E ‘sti caxxi?!” - e non ho dubbio alcuno che eviterete di farlo - sta bene, ma ricordatevi che, negli ultimi 10 anni, c’è stata una quantità enorme di persone come me, che hanno chiuso i battenti qui e se ne sono andati verso altri lidi, un pelo più sostenibili e un pelo anche più convenienti.
Quando rimarrete solamente con Bangla-Shop, con urtisti, con All-you-can-eat, con kebabbari e con parrucchieri, con centri commerciali enormi in cui vi delizierete a non potere spendere soldi che non avrete (perché non lavorerete), forse ‘i caxxi’ vi importeranno un poco di più.
La umana è breve, e passarla tutta a rodersi il fegato nell’impotenza è decisamente un qualcosa che lascio volentieri agli altri.
Mi auguro e vi auguro che da qui a poco tutti i problemi romani saranno risolti o comunque ridimensionati, e mi auguro e vi auguro di poter tornare in gita qui un giorno e dire: “Però, com’è cambiata Roma, che bello!”.
Dire ‘che bello’ sarebbe bello, in effetti.
Fino ad allora, scusate ma ho una pin-up vestita da coniglietta che mi aspetta in via Brera.
See you later, taaac!

Giorgio Fiorini
georgefiorini.eu

P.S.
A scanso di equivoci, per evitare il solito trollaggio degli analfabeti funzionali o dei galoppini di partito vorrei precisare che:

  • Non sono iscritto al PD né a nessun altro partito politico;
  • Non sono - purtroppo - finanziato da George Soros;
  • Eccezion fatta per un anno in cui ho svolto il ruolo di docente, non ho mai preso un euro di soldi pubblici, né tantomeno mi guadagno il pane con la politica;
  • Non ho piantato radici solo a Roma, e qualche grande città europea ed americana l’ho vista... E l’ho ben vissuta;
  • Di sveglie ne ho già imballate un paio per casa nuova, potete anche evitare di consigliarmene altre

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