È la zona della Stazione Tuscolana ma sembra Harlem negli anni Ottanta. La storia dell'immobile massacrato in via Noto

29 marzo 2015




Sono un vostro assiduo lettore e vi vorrei segnalare (foto in allegato) quanto da me visto su Via Noto nella zona Stazione Tuscolana.
Su questa via si eleva la facciata di uno stabile, con ingresso nell’adiacente Via Gela, per il quale dei lavori di riconversione (da impianto industriale ad edilizia residenziale) sono fermi da diversi mesi (se non anni).
Su questa parete, alcuni “artisti” dello spray, con evidente sprezzo del pericolo, si sono arrampicati (magari sfruttando alcuni ponteggi ancora in piedi) per testimoniare alla cittadinanza tutta la loro sublime arte.
Che dire?
Sarebbe bello che tale energia e voglia di fare, fosse invece destinata ad abbellire, ripulire, mantenere e non a deturpare.
Sarebbe pure interessante sapere cosa spinge una persona a scrivere con lo spray una “firma” che lo rappresenti.

Spero che dalle finestre  delle case di questi “artisti” non si debba godere dello stesso spettacolo… Grazie per l’attenzione e per il vostro operato.
Vincenzo

"A Roma serve il lanciafiamme". Il terrificante editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Da leggere, rileggere, divulgare


Il Pd e Roma, l’etica ormai perduta e la catastrofe di una intera città

Il Campidoglio è precipitato nella voragine delle spese e dei debiti incontenibili, dell’inefficienza più spaventosa dei suoi servizi pubblici. Tra vigili assenteisti e indagati

di Ernesto Galli della Loggia
 

La catastrofe del Pd romano non nasce né oggi né ieri. Essenzialmente è l’esito della catastrofe di un’intera città. Se si vuol cominciare a capire basta passeggiare una mattina per una delle sue tante strade commerciali, dove si addensano negozi e bancarelle di ambulanti. E osservare in mezzo alla confusione di quel mercatino all’aperto, dei clienti davanti alle vetrine, l’incedere lento, annoiato e superbo, del vigile e della vigilessa di turno. Furgoni e automobili stazionano regolarmente in sosta vietata, in doppia fila, ma per tutto questo i due non hanno occhi, perlopiù non se ne curano. Loro entrano nei bar o nei negozi, ai cui affari certo non nuoce che si possa arrivare in macchina fino al loro uscio; parlottano amichevolmente, celiano, scambiano battute con i proprietari, escono. Talvolta con qualcosa sotto il braccio. Passano alla bancarella dell’ambulante, quasi sempre extracomunitario. Adesso sui loro volti si disegna un certo cipiglio, il gesto si carica d’autorità, nelle poche parole il tu è d’obbligo. Il vigile e la vigilessa palpano la merce, i golfini, le borse, gli stracci. Capita anche che tirino fuori qualcosa con dei moduli, che impugnino una penna. Ma prima di scrivere ci sono sempre lunghi parlottii, conciliaboli. Alla fine quasi mai il modulo viene riempito. Il giro può proseguire. Questa, vista dal basso, è Roma, la capitale d’Italia. Dove il corpo dei Vigili Urbani insieme ai funzionari degli uffici comunali che di essi più si servono (l’Urbanistica, l’Edilizia, il Commercio) sono da sempre oggetto di inchieste e di denunce d’ogni tipo. 

Ma come del resto i suddetti funzionari, loro, i vigili, sono sempre lì, indomabili, zazzeruti, a volte lavativi, quasi mai sulla strada. E al pari dei taxisti, intoccabili. Ne sanno qualcosa quei loro pochi comandanti che, poveri illusi, hanno creduto di poter cambiare le cose. Sono l’emblema di un Comune dove tutto sembra avere un prezzo (anche per riscuotere un mandato di pagamento pare che si debba lasciare una tangente). Precipitato nella voragine delle spese e dei debiti incontenibili, dell’inefficienza più spaventosa dei suoi servizi pubblici — oltre un terzo dei cui mezzi sono ogni giorno fermi per mancanza di pezzi di ricambio, con la raccolta dei rifiuti ormai in certi quartieri quasi inesistente —. Servizi pubblici che un sindaco di memorabile nullità — Gianni Alemanno — affidò solo pochi anni fa a dei veri gaglioffi, capaci di assumere in poco tempo oltre mille, dicesi oltre mille, tra parenti, amanti, mogli e amici. 

Un Comune, quello di Roma, nel cui Consiglio sono ormai decenni che non mette più piede quasi nessuna persona disinteressata, appartenente all’élite sociale e culturale della città, desiderosa di offrire le proprie competenze, vogliosa di impegnarsi per il bene pubblico. Niente: da decenni quasi solo vacui politicanti di serie B, faccendieri, proprietari di voti incapaci di parlare italiano, quando non loschi figuri candidati a un posticino a Regina Coeli. Del resto non è a un dipresso così dappertutto? L’Italia del federalismo e dei «territori» non è forse, con qualche eccezione, tutta più o meno nelle mani della marmaglia? E sempre di più della malavita. Con le sue potenti risorse organizzative e finanziarie la delinquenza calabro-napoletana ha messo al proprio servizio la delinquenza romana. E dopo aver piazzato qui il grande mercato dei suoi traffici di droga, ha deciso di fare delle attività commerciali e produttive dell’Urbe lo strumento del riciclaggio dei suoi soldi. Il rapporto con l’amministrazione e la politica cittadina è stato un momento decisivo di questa infiltrazione. La vasta pratica corruttiva da tanto tempo fisiologica negli uffici comunali, della Provincia, della Regione, ma tutto sommato fino ad allora di non grande cabotaggio, si è trovata esaltata e moltiplicata. È diventata pervasiva. E per un effetto necessario, sempre più contigua a una dimensione crudamente criminale. Ormai il cuore della ricchezza cittadina è questo. E intorno ad esso è cresciuto a Roma un ceto più o meno vasto di professionisti, di «consulenti», di personaggi introdotti in alcuni punti chiave dello Stato, di veri e propri delinquenti in guanti bianchi, ma anche di uomini-ombra più di mano, tipo Salvatore Buzzi, la cui attività sostanziale è ormai quella di intermediare il malaffare con la decisione politico-amministrativa: che si tratti di un grande appalto o una di una Ong per i migranti. Con un tenore di vita, di abitazioni, di auto, di consumi, la cui origine illegale si respira nell’aria. 

Il Pd arriva a questo punto. Il Pd era l’unico partito romano che conservava almeno in parte un rapporto con la base popolare, quella del vecchio Partito comunista: e probabilmente proprio questo è ciò che l’ha perduto. Una base popolare dai tratti spesso plebei — chi ha una certa età se lo ricorda — che per forza era contigua a persone e cose non proprio in regola con la legalità (ladruncoli, piccoli spacciatori, topi d’auto): ma finché a sovrintendere ci sono stati il controllo etico-politico del partito e la decisione inappellabile dei vertici in materia di cariche e di mandati elettorali, nessun problema. Come si sa, però, a un certo punto tutto questo è svanito. È accaduto allora come se quella base popolare fosse rimasta affidata a se stessa e alle regole spesso demenziali (vedi primarie «aperte») ed estranee della nuova democrazia interna. È allora che si è aperto il varco: non avendo più un vero corpo, il partito non ha avuto più anticorpi.

Mentre il Pd si confermava nella città come il partito di fatto stabilmente dominante, con tutte le possibilità di affari connesse a un tale ruolo, una parte dei suoi uomini ha capito che esso poteva essere assai utile per riempirsi le tasche. Lo ha capito anche la delinquenza più sveglia e più attrezzata, che è stata pronta a stabilire rapporti con la sua nuova classe, a mettere a libro paga persone, a costruire filiere, a organizzare complicità e ricatti. Così, servendosi dei mezzi del clientelismo politico più ovvi, è cominciata la scalata al Pd da parte del malaffare. Lo ha detto bene in un rapporto Fabrizio Barca, dopo aver indagato quanto accaduto nei circoli dem della Capitale: il Pd è diventato «un partito cattivo, ma anche pericoloso e dannoso», i suoi iscritti sono troppo spesso «carne da cannone da tesseramento». Matteo Renzi è avvertito: questa è Roma, la capitale dell’Italia del cui governo egli è a capo. Questo è — qui ma non solo — il partito di cui egli è segretario. Ma a questo punto, sia chiaro, non servono le parole e neppure l’accetta. Serve il lanciafiamme.

Lo stato comatoso delle fontane monumentali di Roma. Un nuovo raccapricciante filmato di Striscia La Notizia

28 marzo 2015

Intimidazioni mafiose, danneggiamenti e minacce solo perché segnala le auto in sosta selvaggia alla Polizia Municipale. Una testimonianza


Vi scrivo perché ho avuto un episodio che ti fa "sentire" di troppo in questa città, ma forse anche in questo paese. 

Partiamo dall'inizio. Io sono il cittadino che girando per Roma, se vedo una macchina o moto che sta violando il CdS segnala l'accaduto all Polizia Roma Capitale via Twitter, come si può vedere in allegato, e parecchie volte, sono intervenuti e hanno sanzionato le auto. Le segnalazioni qui sopra sono state fatte nella giornata di oggi nel quartiere Esquilino.

Circa un mese fa, ci è stato un vero episodio che mi ha scioccato. Hanno iniziato a danneggiando la porta d'ingresso presso la mia abitazione. La settimana successiva, hanno tagliato le quattro ruote alla macchina di un mio familiare. E ieri, epilogo grandioso, una lettera di minaccia, con testuali parole: 

Caro signor ********, se suo figlio non smettere di mandare le segnalazioni ai Vigili Municipali si vedrà fare un danno per ogni multa segnalata.
Ma suo figlio non ha niente altro di costruttivo da fare nella vita ?
DISTINTI SALUTI: ANONIMO 

Quindi, analizzando i fatti per non essere danneggiato non dovrei essere onesto in questa città di mafiosi. L'istinto? E' quello di fuggire. Fuggire da questa città. Fuggire da questo paese, che per i giovani onesti, come pochi,  non ci sta spazio. Io continuerò con il mio spirito ma non mi sento di appartenere a questo paese. Spero che pubblichiate questa mia riflessione sulla città di Roma. 
Valerio M.

*Caro Valerio,
non fuggire. Piano piano, passo a passo, saremo noi a far fuggire loro. Dovranno andar via o dovranno cambiare. 
Anzi, di più: Valerio manda a noi le tue segnalazioni e le inoltreremo alla Polizia Locale con il profilo Twitter di Romafaschifo. E facciamo appello ai tanti lettori che stanno leggendo e commentando questa notizia: se vi trovate in zona Esquilino aggiungete le vostre segnalazioni. Segnalate a non finire le auto dei malefici banditi che hanno intimidito e minacciato. Pensano di essere in maggioranza, devono scoprire di essere pochi e accerchiati dalla gente normale. Che non ne può più di prepotenze e soprusi.
-RFS

Guerra civile strisciante a Via Urbana. L'ennesimo post? Ma noi insistiamo finché Ignazio Marino non si decide a coglier questa straordinaria occasione

27 marzo 2015










E intanto a Via Urbana incapacità amministrativa, insipienza dei Vigili Urbani, inciviltà dei residenti e mancanza di visione da parte del Sindaco stanno generando, da una cosa bella e unica come la mobilitazione per una strada pedonale, fatta da residenti e commercianti assieme, una strisciante guerra civile. Davvero immondo quello che sta succedendo: con il Municipio che ha deliberato per una strada chiusa al traffico - e alla sosta! - in attesa di decisioni e con tanti residenti, invece, che si infilano per posteggiare le loro automobiline dove non consentito. E con dispetti, minacce, insulti. Auto in sosta di fronte alle porte dei palazzi, vetture a impedire l'apertura dei negozi. E i Vigili? "La segnaletica non è chiara". Non bastano, per loro, i segnali di divieto di sosta e le ordinanze approvate in Municipio (ordinanze che alcuni cittadini hanno stampato per apporle sulle auto in divieto di sosta!). Si sono mossi esclusivamente quando i promotori della pedonalizzazione hanno minacciato una sacrosanta denuncia per omissione in atti d'ufficio. Così siamo messi. A quel punto la segnaletica è diventata chiarissima e le multe sono fioccate. Solo dietro minaccia. 
I responsabili dei comitati che seguono la trasformazione, assai simbolica, di questa strada continuano a essere perseguitati dai pochi cittadini contrari. Ormai ogni incontro, ogni appuntamento, ogni riunione vede la presenza di un gruppetto di disturbatori che cerca di buttare in caciara tutta la partita. 

Se il Sindaco non si esprimerà quanto prima e se i lavori per l'eliminazione della sosta dalla strada e la realizzazione di percorsi pedonali protetti (gli stessi percorsi che l'assessore del Primo Municipio Tatiana Campioni considerava impossibili causa niet della Soprintendenza, ma che poi lo stesso Primo Municipio ha votato!) non partiranno, la pressione della parte più incivile della cittadinanza, quella che considera le strade alla stregua di garage, potrebbe avere pian piano la meglio. Sarebbe un peccato enorme e la dispersione di un patrimonio di cui tutti hanno parlato, giornali internazionali compresi, meno che il Sindaco. Gli hanno preparato una pietanza golosissima servendogliela su un piatto d'argento e lui la ignora, di fatto sputandoci dentro. Ma come si fa, Sindaco!? Sei tornato da Parigi? Hai visto che lì tutte le strade sono protette da paletti come da progetto per Via Urbana? E allora non basta dire di volersi allineare alle migliori esperienze internazionali, bisogna anche farlo.

E intanto le iniziative vanno avanti. Via Urbana visto l'impegno di cittadinanza attiva che l'ha contraddistinta è stata scelta tra le strade simbolo di Roma per l'evento Earth Hour 2015: la più grande mobilitazione globale nata come evento simbolico per fermare il cambiamento climatico. Le luci si spegneranno per un’ora, dalle ore 20.30 alle 21.30, attraverso tutti i fusi orari, dal Pacifico alle coste atlantiche. Via urbana è stata scelta tra le strade simbolo di questo evento. Si spegneranno le luci delle attività sulla strada dalle 20:30 alle 21:30: per illuminare, candele e fiaccole. E, magari, anche un cero. In attesa delle determinazioni del sindaco...

"Aoh a Roma solo maghina che coi mezzi è impossibbbile". Nuova prova da Colli Portuensi a Via Veneto (e ritorno a casa, purtroppo)


Eccola l'ormai famigerata manina gialla: è sempre il solito polso rotto, causa caduta da bici, che da qualche settimana mi obbliga a provare ciò che raramente provavo: il funzionamento dei mezzi pubblici a Roma. Ieri sera lo spostamento è avvenuto dai Colli Portuensi, incrocio con la Circonvallazione Gianicolense a Via Veneto dove l'appuntamento per cena, in un importante albergo, era per le 20 in punto.
Terrorizzato dall'ora di punta e dal fatto che "A ROMA I MEZZI NUN FUNZIONANO E NUN ESISTONO" parto dal lavoro quasi un'ora prima. C'erano tante alternativa. Ad esempio prendere il 33 fino a Valle Aurelia (o a Cipro) e poi la metro A fino a Piazza di Spagna. O il 792 fino a Cornelia e poi sempre in metro fino a Spagna. Alla fine ho optato per il tram 8. Il timbro del biglietto (avvenuto pochi istanti dopo l'arrivo in fermata per fortuna) è delle 19.04.


Nonostante, come mi dicano gli indicatori delle Google Maps, la zona sia molto trafficata evidentemente tutti godono a stare in macchina visto che il tram parte (ovviamente) vuoto, ma resta (sorprendemente) vuoto fino al capolinea. 

Alla partenza

All'arrivo

A proposito di capolinea, ci arrivo alle ore 19.33. L'8 purtroppo ci impiega una vita: quasi 30 minuti per fare tutto il percorso. E questo per colpa del fatto che il tram non abbia semafori asserviti e sia costretto a fermarsi ai lunghi semafori di Piazzale Dunant, Ministero dell'Istruzione e Stazione Trastevere come se fosse un mezzo privato qualsiasi. Un vero peccato. Come un peccato notare di essere stato praticamente l'unico ad aver timbrato un biglietto.
A quel punto chiedo un suggerimento a Moovit: non conosco quale bus va dove, ignoro completamente la materia, ma ora c'è tutto un universo di applicativi smart che permettono a chiunque di avere queste informazioni con tanto di assistente digitale che ipotizza per te le strategie di mobilità da seguire. Una cosa non da poco. 



Moovit (uso Moovit perché la app ufficiale di Atac, che pure ho scaricato, non merita commenti perché seguirebbe una querela per diffamazione a mezzo stampa...) mi comunica che per arrivare a destinazione, a Via Ludovisi, mi conviene portarmi all'inizio di Via del Corso e da lì aspettare praticamente un autobus qualsiasi e poi scendere a Via Veneto. Così faccio: il 160 arriva subito: zero attesa. Sono come si può vedere dalla foto le 19.37. Siamo partiti 33 minuti fa da una zona piuttosto decentrata e siamo già a bordo di un bus a Via del Corso di fronte a Palazzo Chigi. Ma non s'era detto che i mezzi pubblici, specie in ora di punta, sono infrequentabili e che i romani "sono obbligati" a prendere l'auto? Certo c'è da dire che il 160 era in condizioni un po' particolari, diciamo un po' vintage...



Il bus corre per Via del Corso, gira per Largo Chigi, sale per il Tritone, circumnaviga Barberini e sale per Via Veneto. Sono arrivato.


Scendo e sono le 19.45: sono a 4 minuti a piedi dalla destinazione e ho un dannato anticipo. Tempo di percorrenza 41 minuti. Probabilmente leggermente di più del motorino (ma proprio leggermente), ma con costi inferiori, stress inferiore, opportunità superiori, ad esempio e come ho fatto, di fare cose, telefonate, sbrigare lavoro durante il viaggio. Insomma sono arrivato alle 19.45 spendendo 1,5 euro e senza dovermi mettere a controllare 40 minuti di e-mail arretrate mentre magari col motorino sarei arrivato alle 19.40 ma con la necessità di riservarmi qualche minuto di lavoro. E allora chi ha risparmiato tempo? Ma c'è una riflessione da fare: i tempi del mio spostamento sono stati dignitosi - anzi buoni - perché? Semplice: perché i mezzi che ho utilizzato hanno viaggiato tutti o in corsia preferenziale o in strade prive di sosta ai lati (Corso, Tritone). Ecco perché sono andato spedito. Ed ecco perché non è affatto vero che si usano le auto perché il trasporto pubblico non funziona, ma il rapporto causa effetto è inverso: si usano le auto E QUINDI si condanna il trasporto pubblico a non funzionare. E' diverso, no? Ed ecco perché è fondamentale togliere le auto dalle strade (specie le auto in sosta) e fare corsie preferenziali dovunque. Un piccolo investimento che rivoluzionerebbe la città e le pessime abitudini dei suoi cittadini. Perché non si fa? Quando supereremo questa tara culturale che ci vede unici in occidente?











Col tempo risparmiato poi si può sempre dedicare 5 minuti alla documentazione delle condizioni invereconde di Via Veneto. Una delle strade iconiche del pianeta Terra trasformata in bidonville a causa delle auto parcheggiate dovunque. Con le rampe di carico e scarico dei grandi hotel tramutate in informi parkin abusivi. Era la strada più elegante d'Europa, oggi pare Mogadiscio e tutto per colpa delle macchine. Ma d'altronde questi 'poveri' automobilisti hanno ragione: "i mezzi a Roma non funzionano...".


Arrivo di fronte all'albergo alle 19.57. Fin troppo puntuale, ma soprattutto non puzzolente di smog e non stressato dal traffico. Dopo la bella serata le note dolenti però, attenzione, arrivano per la strada di ritorno. Si tratta di tornare da Via Ludovisi a Porta Maggiore. Un tratto davvero breve. Rinunzio alle linee notturne (ma forze sbaglio, avrei dovuto provare) e opto per mezzi alternativi. Guidare per un pezzetto così piccolo con una mano sola? Proviamo. Ma Car2Go e Enjoy, che mi avrebbero permesso di tornare a casa con 3 euro non ci sono nei paraggi. Uber, che mi avrebbe portato a casa con 8 euro netti, non c'è e non ha auto disponibili. Non resta che il taxi. Mi porto su Via Sistina, aspetto pochi minuti, passa una Mercedes ultradecennale, alzo la mano e si parte per il banale percorso Sistina-Quattro Fontane-Viminale-Santa Maria Maggiore-Piazza Vittorio-Santa Croce. Per la 'modica' cifra di 11,30 euro per 3200 metri di percorso. Con le nuove tariffe notturne a Roma ti senti semplicemente DERUBATO. E per fortuna che l'ho preso al volo, altrimenti dovevi aggiungere due o tre euro minimo...


Uno scempio totale, frutto della follia alemanniana orientata dalla pazzia di alcuni rappresentanti dei taxisti, che danneggia in primis in tassisti che a queste condizioni vengono utilizzati in maniera marginale e turistica e non come strumento di mobilità integrata come accade in tutto il mondo. E' proprio a causa di questa parte finale, di questo 'ultimo miglio' del viaggio che spesso molta gente è forzata a iniziare, a monte, il proprio viaggio con il mezzo privato. Perché poi sa che alla fine, anche se tutto funziona, c'è la sola. Una persona normale la prossima volta, dopo questa esperienza, non solo non salirà mai più su un taxi, specie di notte, ma probabilmente prenderà l'auto e la parcheggerà come gli incivili che vedete sopra, sulle strisce di fronte al parking Ludovisi (tra l'altro dotato di tariffe onestissime). Perché tanto a comportarsi male non si paga mai e a comportarsi in maniera occidentale si prendono le sole come quella che vedete nella ridicola e irregolare ricevuta qua sopra. Naturalmente non è colpa del tassista, sia chiaro, che è stato super veloce, cortese e professionale. E che aveva accesa Radio24, non la Radio de Marione... E ora via ai soliti commenti. 

Via del Corso appena riqualificata (coi soldi tuoi) già in condizioni pietose. Garantita "per due anni" dura in realtà due settimane. Chi avvisa l'assessore Maurizio Pucci?

26 marzo 2015











6 milioni di euro per rifare il 5% delle strade di Roma. Fra queste, nel piano straordinario annunciato in pompa magna dall'assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Roma Maurizio Pucci, anche via del Corso. 
E infatti meno di un mese fa viene riasfaltata nel suo tratto ridotto peggio, fra Piazza Venezia e Via di Pietra. Subito però c'eravamo accorti che qualcosa non andava. Lo strato di catrame era infatti troppo alto rispetto alle caditoie e molte di queste, al momento dei lavori, erano addirittura state riempite d'asfalto. 
I risultati di questo capolavoro li vediamo oggi: con sole quattro gocce di pioggia marzolina possiamo ammirare bei laghetti ovunque e gente che per salire sull'autobus è costretta al "salta su" o, in alternativa, a farsi un bel bagnetto inzaccherandosi l'abito. Ma i danni non sono finiti qui: come si evince da due foto in molti punti l'asfalto sta già cedendo e da qui a brevissimo avremo già le famose buche. L'assessore Pucci e il sindaco Marino avevano assicurato che la qualità del catrame sarebbe stata talmente buona da durare "almeno due anni". 
Visto che non è durata neanche un mese, Maurizio Pucci può fornirci il nome della ditta che ha eseguito i lavori? Possiamo avere diritto a sapere perché i nostri soldi vengono spesi così male? Inoltre: chi supervisiona l'andamento dei lavori? Le spese dei lavori di ripristino del ripristino del manto stradale saranno nuovamente a carico del Comune? Attendiamo risposte.
Giorgio Carra

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