Nelle scorse settimane, a seguito di alcuni bandi comunali, Roma si è dotata di un servizio di monopattino-sharing con quattro o cinque operatori abilitati a offrirlo.
Sperando che le cose cambino presto e che tutto questo sia frutto solo dei uno sciatto effetto-novità, occorre rendersi conto che il servizio è stato recepito dai romani nel peggiore dei modi. Nessuno utilizza gli apparecchi come reale strumento di mobilità per spostarsi da un punto A ad un punto B per motivi di lavoro, di servizio o di studio. Nulla di tutto questo. Una enfasi fuori luogo da parte della sindaca e del suo codazzo per un servizio che non dà e non darà un solo grammo di valore aggiunto alla mobilità urbana della città.
Un servizio usato solo per divertirsi (male) e non certo per spostarsi
La schiacciante maggioranza dei noleggi (basterebbe chiedere dati ufficiali alle compagnie, che hanno big data perfetti da analizzare e devono condividerli quanto meno con l’amministrazione!) è invece appannaggio di ragazzi e, soprattutto, ragazzini che utilizzano i velocipedi elettrici per scorrazzare per il centro, fare le impennate, fare prove di carico con due, tre o più persone sul singolo monopattino e soprattutto organizzare gite di gruppo sciamando in maniera scomposta e caotica per la città (molti di loro non hanno neppure la patente). Spuntano da tutte le parti come palline impazzite di un flipper ad alto tasso di rischio abbattendo totalmente la serenità di chi decide di sposarsi a piedi e in bici: il rischio non è solo che non migliorino nulla della mobilità sostenibile della città, ma che la peggiorino consigliando a chi prima prendeva la bicicletta o andava a piedi a fare diversamente! Il colmo dei colmi.
Esiste qualcuno che passeggiando in centro in questi giorni non si sia sentito almeno una volta minacciato da un ragazzino cretino su un monopattino con avvinghiato l'amico addosso?
Qualcuno dirà: meglio che girino su piccoli monopattini elettrici rispetto ai caroselli coi motorini. Vero in parte, ma stiamo parlando di luoghi della città dove caroselli pericolosi non ce n'erano - non potevano essercene - e dove invece oggi ci sono.
E pensare che alcuni consiglieri pentecatti si aggirano sui social - poi hanno smesso dopo i primi incidenti - a vantarsi dei buoni risultati dei primi giorni di servizio. Si facessero dire l’età media dei noleggiatori, si facessero dire in che zona avvengono i noleggi e quali sono i percorsi. Andassero a sperimentare cosa significa da qualche settimana frequentare il centro storico sentendosi come attaccati da uno sciame di api inferocite.
Le compagnie hanno tutto: si capirebbe a quale esigenza rispondono i monopattini a Roma: tutto fuorché una civile esigenza di commuting casa-lavoro, data anche la ridicola area operativa di alcuni operatori che si limita ad una piccola parte del centro storico.
Le compagnie hanno tutto: si capirebbe a quale esigenza rispondono i monopattini a Roma: tutto fuorché una civile esigenza di commuting casa-lavoro, data anche la ridicola area operativa di alcuni operatori che si limita ad una piccola parte del centro storico.
Tutto questo determina però non pochi pericoli (già ci sono stati vari incidenti) e soprattutto una atmosfera orribile di insicurezza in zone che, almeno la sera, erano facilmente fruibili da chi decide di spostarsi a piedi o in bici.
A causa dei monopattini è diventato pericoloso andare a piedi e in bici
Il filmato è stato girato da una famiglia che - ieri sera - dovendo muoversi dall’Esquilino per andare a cena al Flaminio ha deciso di utilizzare la bici. L’andata è stata fattibile, il ritorno (a mezzanotte) è stato semplicemente un incubo a causa dei mezzi elettrici che sfrecciavano da tutte le parti. Davvero uno scenario difficile da raccontare e il video fa fatica a farlo. Questa è la situazione di un normalissimo giovedì sera di post emergenza: non siamo nel week end, non siamo con una città piena di turisti. Pensiamo cosa può succedere in seguito...
Dice: ma i monopattini ci sono in tutto il mondo ormai. Verissimo. Ma in tutto il mondo i monopattini (quelli di Parigi come quelli di Milano) sono inseriti in un articolato ecosistema di mobility sharing più ampio. Ecosistema che ha al vertice un ampio schema di bike sharing pubblico (quello che a Roma non si fa perché il Comune ha deciso di favorire i malavitosi della cartellonistica) che negli anni ha in qualche modo educato la popolazione a cosa significa utilizzare strumenti di mobilità in condivisione.
Il vero problema? A Roma non c'è un ecosistema di sharing mobility
A Roma nulla di tutto questo. A Roma - dopo aver visto il trattamento che la città aveva riservato alle biciclette di qualche sparuto bike sharing privato - migliaia e migliaia di monopattini sono stati consegnati nelle mani di una popolazione totalmente impreparata, immatura rispetto ai principi del mobility sharing. i risultati sono sotto gli occhi di tutti e, dopo alcuni feriti, si aspettano purtroppo incidenti più gravi. Ma la cosa più brutta in questo momento è che l’atmosfera per i veri utenti della mobilità leggera (non i ragazzini annoiati che giocano a fare le gare) è peggiorata: andare in bici specie la sera è diventato insidioso. Davvero un bel risultato...
Incubo monopattini. Come provare a risolvere?
Quali contromisure possono essere rapidamente prese contro questo autentico scempio che ben presto, oltre a ulteriori incidenti, inizierà a portare morti e renderà sempre più infrequentabile il centro per chi si muove a piedi e in bici?
Qualche idea:
1. Obbligare gli operatori a aumentare di molto i costi di noleggio orari rendendo invece piuttosto vantaggiosi gli abbonamenti. In questo modo il servizio resterà appetibile per i turisti, per chi usa davvero i monopattini per lavoro ma non per i depensanti che lo usano due ore la sera per cazzeggiare.
2. Escludere i monopattini dalle aree pedonali. Molto complicato a livello normativo e molto complicato da far rispettare però.
3. Incrementare di molto controlli e multe (ieri alcuni ragazzi dicevano “aho c’ha fermato a Munigibale e c’ha fatto scenne perché eravamondue”: beh non ti deve fare scendere, ti deve fare scendere e farti 250 euro di multa; poi forse te la fai finita)
4. Obbligare gli operatori implementare un blocco sui monopattini oltre una certo peso (120kg ad esempio) in modo da rendere impossibile il costume di usarlo in due
5. Obbligare ad un limite di età. Misura antipatica ovviamente (ci vanno di mezzo i giovanissimi che però sono persone per bene) che non risolve il fatto che molti coglioni su due ruote sono ben più che maggiorenni
6. Imporre al funzionamento degli apparecchi un limite orario. Altra misura antipatica, ma se le cose continuano così sarebbe opportuno chiedere agli operatori di spengere i trabiccoli tra mezzanotte e le sei
7. Vietare agli operatori (come fanno oggi, vedasi la app di Lime) di incoraggiare con sistemi di pagamento e di sblocco vantaggiosi le “corse di gruppo”. Che saranno anche divertenti ma sono molto pericolose sia per chi le fa sia per chi le deve subire come appunto chi cerca di transitare in bici o a piedi.
Tutto ad ogni modo potrebbe essere in qualche modo inutile se, come prevediamo, gli apparecchi verranno danneggiati così tanto dal poco corretto utilizzo che se ne fa da costringere le compagnie a sospendere o a modificare radicalmente il servizio.
Beninteso - per chiudere - siamo stati tutti giovani e abbiamo fatto tutti scemate per divertirci anche oltre i limiti. Ma qui la sensazione è che nella totale irresponsabilità si sia consegnato nelle mani di migliaia di ragazzini uno strumento profondamente pericoloso per loro e per gli altri. Il problema non sono i diciassettenni mentecatti e lobotomizzati (tutti più o meno lo siamo stati), il problema è cosa possono o non possono fare. Si intervenga.