La simpatica figlia di Asia Argento che imbratta i bus Atac e se ne vanta

30 luglio 2018
Foto da Instagram di Asia Argento
Dopo i bravi ragazzi che filmandosi col telefonino gettavano le biciclette del bike sharing dentro al fiume sotto a Ponte Sisto, abbiamo un'altra candidata d'eccellenza per un incontro al vertice in Campidoglio. Perché sì, invece di invitare le forze dell'ordine ad agire senza nessuna pietà, la nostra sindaca i vandali li incontra, li invita, li fa salire nel palazzo civico, ci si fa le foto e pianifica assieme a loro nuove attività e iniziative. Li accoglie a braccia aperte in quelle stesse sale che alla gente per bene, onesta e normale rimarranno per sempre precluse.

Oggi c'è una nuova pretendente a queste riunioni, dicevamo, e si chiama Anna Lou Castoldi. Ed è anche una ragazzina famosa, per cui la sindaca può avere ulteriore visibilità dall'invito. La giovane Castoldi è infatti la nipote del grande Dario Argento, figlia di Asia Argento e di Morgan dei Blu Vertigo. Ha 16 anni e, dice, ama scrivere e Marilyn Manson. 



Il problema è che ama anche scrivere sui mezzi pubblici, sui sedili dei bus del trasporto pubblico romano, imbrattando i veicoli di Atac. Qualche giorno fa il suo tag è apparso sulle sue storie di Instagram. Il tag è la firma con cui la teppaglia graffitara - ormai esistente solo a Roma, unico luogo del mondo dove scarabocchiando la si passa liscia - si fa riconoscere. Come sapete le storie Instagram durano 24 ore e dunque queste qui non sono più pubblicate, ma qualche nostro lettore ha effettuato dei mitici shot screen a vantaggio della sindaca che vorrà invitare in Comune la provetta 'scrittrice' minorenne. 
Nella Instagram Storia si vede il tag di Anna Lou che passa nelle foto con la sovraimpressione "imbrattato", semmai non fosse chiaro. Ma come facciamo noi a ricondurre con questa sicumera quel tag alla povera Anna Lou? Semplice: appare molte altre volte nel suo profilo Instagram, è inequivocabilmente la sua firma. Se qualcuno volesse sentirla, magari per chiedere un risarcimento di quei danneggiamenti, potrebbe chiederglielo facilmente.

L'episodio è assai triste non per i danni del fatto in se (i bus Atac sono alla canna del gas, uno scarabocchio in più o uno in meno cambia nulla) ma per lo spaccato che dà sulla vita dei ragazzini, per le riflessioni che apre sull'utilizzo e sull'abuso dei social media, sul messaggio che partendo in questo modo colpisce decine e decine di migliaia di persone facendo passare un comportamento incivile come qualcosa di figo, come qualcosa da imitare, come qualcosa messo in pratica da una potente influencer giovanile. Anna Lou è seguita sui suoi profili social da svariata migliaia di suoi coetani e tutto quello che fa ha delle conseguenze, benché lei stessa sembri non rendersene conto. Con ogni probabilità non se ne rende conto neppure la mamma visto che la foto che pubblichiamo in apertura è stata scattata (e postata!) da Asia Argento in persona che così immortala la figlia mentre si esercita nell'applicare un adesivo su un cartello stradale. Nulla contro la street culture (benché ridicola nel 2018 e per di più messa in pratica da una bambina nata dopo il 2000), tuttavia se proprio non si può fare a meno di imbrattare segnaletica stradale - atto pericolosissimo potenzialmente perché adesivo dopo adesivo ci sono segnali stradali di divieto e di senso unico completamente spariti, con incidenti di conseguenza - lo si faccia almeno evitando di condividere il contenuto e milioni di persone invitandoli di fatto ad imitare e incitando dunque al reato. 

A Roma l'atmosfera di abbandono e impunità è tale che anche se sei un personaggio pubblico, puoi permetterti di danneggiare quello che è di tutti e vantartene sui social media. Non arriva punizione (molte persone dopo aver visto le immagini passare sul profilo di Anna Lou hanno contattato Atac, senza ottenere alcunché), non arriva biasimo pubblico, non rischi nulla. Al massimo vai ospite in Comune dalla Sindaca e ti ci fai le foto insieme...

Il Comune non spende i 40 milioni per l'emergenza abitativa stanziati dalla Regione (e fa bene!)

28 luglio 2018
C'è solo un ente sul territorio italiano più losco, doppiogiochista, menzognero del Comune di Roma pentastellato, la Regione Lazio zingarettiana. Pensate come stiamo messi bene: i peggiori amministratori locali tutti concentrati a stressare un solo povero unico territorio; nella fattispecie la capitale d'Italia.

Il precendente assessore alla casa della Giunta Zingaretti, terrorizzato dai movimenti per la casa (e non possiamo biasimare, gentaglia violenta e pericolosa), aveva approvato una serie di provvedimenti scandalosamente a favore di chi aveva illegalmente occupato immobili negli anni passati. In passato lo abbiamo denunciato e solo per questo ci siamo beccati le rappresaglie legali da parte della Regione. Contro i blog civici ci si scaglia con tanto di avvocatura regionale, contro gli occupatori nada, anzi si fanno norme a favore. 

Le norme poi sono state finanziate e il finanziamento è stato girato al Comune di Roma. Il Comune avrebbe dovuto dunque, con la controfirma dell'assessore responsabile e dei relativi dirigenti, assegnare dei finanziamenti mettendo sullo stesso piano chi ha occupato immobili illegalmente e chi è stato composto - magari dormendo in macchina - ad aspettare che il loro posto in graduatoria scorresse.

Ovviamente nessun dirigente sano di mente e non voglioso di essere perseguito legalmente avrebbe mai potuto mandare avanti un provvedimento del genere e dunque bene ha fatto l'amministrazione Raggi ad ignorare la delibera ed a rimandare al mittente il trappolone regionale fatto solo per mantenere buoni rapporti tra alcuni politicanti di quart'ordine e la mafietta tutta romana degli occupatori. 

Peccato che i soliti noti, residuati bellici di Sel e dintorni che oggi si propongono come alternativa al Movimento 5 Stelle al potere (ogni riferimento a Amedeo Ciaccheri è voluto), sono partiti con le loro intemerate senza vergogna. Incuranti del fatto che così facendo insultano e umiliano chi ha davvero bisogno, a fronte di chi se n'è sempre approfittato utilizzando il disagio per costruire potere e consenso. 

La Regione invece di giocare allo scaricabarile col Comune, compilando leggi inattuabili e poi dando la colpa al Comune per non averle attuate, dovrebbe ridistribuire le case popolare anche in base alla metratura visto che oggi sono pensate per nuclei di 5 o 6 persone che non esistono più (quello insomma che si sta facendo a Bologna proprio in questi giorni), dovrebbe sostenere maggiormente chi vive in strada, dovrebbe trasferire con maggiore puntualità le risorse per il sostegno agli affitti. E invece nulla di tutto questo. E invece si approvano norme per sostenere l'illegalità e la prepotenza delle occupazioni abusive, che solo in parte a Roma danno risposte ai bisogni sociali ma in larga parte servono come strumento di ricatto, di potere, di serbatoio di consenso per la buona riuscita di manifestazioni e competizioni elettorali. Come atroce strumento di pressione alla faccia di chi ha bisogno davvero. E poi si pretende anche che questa politica ignobile, ideata dalla Regione, venga attuata dal Comune che dovrebbe metterci la faccia a livello di responsabilità legale. Bella forza. Per fortuna non ha funzionato: se volete, cari amici della Giunta Zingaretti, regalare le case a chi occupa prendendo per i fondelli le decine di migliaia di famiglie che sono in lista d'attesa per una casa popolare fatelo voi direttamente no?! Perché chiederlo al Comune?

Dopo una settimana abbiamo fatto un video a Corso Vittorio dove è morta Caterina Pangrazi

26 luglio 2018


Davvero con una immensa tristezza nel cuore ci siamo avvicinati alle strisce pedonali (per modo di dire) dove una settimana fa ha perso la vita Caterina Pangrazi travolta da un pulmino turistico. Già, a caldo, avevamo provato ad ipotizzare qualche riflessione riguardante la segnaletica, oggi siamo andati sul posto a filmare i cambiamenti del contesto dell'incidente a una settimana dal terribile accadimento.

In Italia c'è un modo di dire, tremendo e cinico: "ci deve scappare il morto". Ovvero deve succedere un fatto gravissimo prima che qualcuno si smuova finalmente per risolvere strutturalmente una anomalia. Ebbene a Roma questo detto non vale. Non vale più. Anche se ci scappano i morti, e ce ne scappano tantissimi, le cose non si toccano minimamente. Vale per tutta la città, dal centro a Piazza Istria passando appunto per Corso Vittorio. La gente muore ammazzata e nessuno fa niente, il valore della vita umana stessa ha assunto dei contorni e delle sembianze davvero meschini in questa città. Vai dopo una tragedia di questa portata sul "luogo del delitto" e dovresti trovare controlli, multe a chi insiste a sgarrare, decoro e dignità almeno di fronte ai fiori che ricordano il morto. 

Nulla di tutto questo. Davanti ai mazzi che commemorano Caterina ci sono le strisce pedonali totalmente cancellate; sia su una carreggiata che sull'altra (guardate le foto) ci sono vetture, furgoni e van parcheggiati con due ruote sul marciapiede e due nella preferenziale. Sembrano "innocue" soste selvagge alla romana, in realtà sono auto che tolgono totalmente la visibilità su quelle strisce. Il pulmino che è sopraggiunto aveva - come quasi sempre accade - il solito furgone del carico e scarico piazzato in mezzo alla strada a togliere la visibilità sulle strisce? Ma ci rendiamo conto quanto è pericoloso? Eppure tutto Corso Vittorio (ma anche Via Nazionale e mille altre strade) è così: pieno zeppo di auto, furgoni e van dovunque alla rinfusa a creare un caos visivo che è nemico giurato della sicurezza stradale. 


Ma oltre alle foto guardate il video. Cinque minuti verso mezzogiorno di oggi. Il passaggio dei bus turistici è continuo, sono il corrispettivo romano delle "grandi navi" per Venezia (ammesso che le grandi navi siano davvero così nocive) solo che delle grandi navi parlano tutti e c'è un dibattito culturale e urbanistico da anni, dei bus turistici molto meno e la città continua a pagarne conseguenze immense. Invece di sbrigarci a far passare la Metro C sotto Corso Vittorio (quanti anni ci hanno fatto perdere i Cinque Stelle, indecisi a tutto?), lo lasciamo in queste condizioni: percorso da motorini sfreccianti, da furgoni di ogni genere, da autobus di tutte le dimensioni, pieno di gente che passa col rosso (fate caso nel video), praticamente tutti i negozi chiusi (quale commerciante investe in questa fogna?); i cartelli stradali piegati pronti a crollare sulla carreggiata. Una devastazione. E con la gente che muore ammazzata se per una volta si distrae ad attraversare la strada. 

Incidente mortale a Corso Vittorio. Senza le strisce si sarebbe potuto evitare?

23 luglio 2018
La morte di Caterina, 22 anni, a Corso Vittorio Emanuele sulle strisce pedonali ad opera di un pulmino turistico deve essere lo spunto, superato il necessario cordoglio, a parlare di segnaletica stradale a Roma (e, in verità, in Italia); a parlare in senso lato delle prescrizioni imposte da un Codice della Strada spesso superato, mai in linea con le necessità, sovente più attento ai diritti degli automobilisti che alla garanzia di sicurezza stradale. 

Cosa è successo? Pomeriggio, Corso Vittorio, il cuore della città. Una ragazza attraversa lungo le strisce pedonali per tornare a casa. Pare, ma non è certo, che abbia attraversato col rosso. Pare, ma non è certo, che fosse distratta con la testa piegata sullo smartphone. Pare, ma non è certo, che l'autista del pulmino andasse oltre i limiti di velocità anche perché se fai i 50 all'ora (o forse lì ci sono proprio i 30 all'ora) non puoi maciullare un corpo in quel modo e soprattutto se rispetti i limiti anche se qualcuno ti attraversa davanti mentre hai tu la precedenza, hai il tempo di evitarlo.

Mentre gli inquirenti stanno cercando di capirci qualcosa sempre barcamenandosi tra filmati rabberciati e immagini di sorveglianza di pessima qualità vista l'assenza cronica in città di un sistema di CCTV avanzato, approfittiamone appunto per riflettere sulla segnaletica. Convinti che la segnaletica abbia avuto in questo grave incidente un ruolo, da capire quanto rilevante e decisivo.

Tutti gli abitanti di Roma con più di trent'anni erano abituati a vedere gli attraversamenti pedonali ai semafori segnalati a terra da strisce di attraversamento tratteggiate. Oggi non si sa bene per quale motivo quelle linee sono quasi tutte state sostituite dalle classiche strisce pedonali, volgarmente dette zebre. Non sappiamo quale sia stata la dinamica dell'incidente che ha portato alla morte di una ragazza in Corso Vittorio Emanuele quello che sappiamo per certo è che sul luogo dell'incidente a terra sono disegnate le strisce che secondo il codice della strada Titolo 1. art.3 comma 3.  definiscono il diritto di precedenza del pedone rispetto ai veicoli. 

Il pedone se guarda a terra e non guarda il semaforo sa che i veicoli devono fermarsi. La stessa cosa è successa a chiunque di noi, solo dopo aver fatto due passi per attraversare sulle strisce ci siamo accorti che c'era anche un semaforo. Il conducente del veicolo d'altro canto vede il semaforo verde ed è convinto che nessuno provi ad attraversare nonostante la presenza delle zebre.

Esiste una normativa chiara? Approfondendo ho scoperto che il secondo l'articolo 191, art.1: “quando il traffico non e' regolato da agenti o da semafori, i conducenti devono fermarsi quando i pedoni transitano sugli attraversamenti pedonali”. E allora quando il traffico è regolato da semafori i pedoni dovrebbero fermarsi, ma come può saperlo chi attraversa se dà per scontato, magari essendo sovrappensiero, di avere precedenza sulle strisce? Insomma: se io vedo delle strisce possono essere portato semplicemente a guardare a sinistra e a destra, per controllare che non ci sia nessuno, e non di guardare in fondo all'attraversamento per capire se oltre alla segnaletica orizzontale ve n'è una, prioritaria, verticale. 

Ricercando in rete ho scoperto che non si tratta di una questione banale. Ad esempio a Melbourne hanno iniziato a cancellare le zebre per tornare alle vecchie strisce tratteggiate. A Londra, tanto per dire, non esistono zebre in corrispondenza dei semafori. Dovremmo allora chiederci se per evitare tragiche morti non sia necessario tornare anche qui a Roma a scelte più semplici e chiare: mettere le strisce dove non ci sono semafori e le linee tratteggiate ai semafori e negli attraversamenti pedonali. In modo tale che sia chiaro visivamente, anche per i tanti che purtroppo camminano distratti per mille motivi, quando si ha la precedenza e quando bisogna alzare il capo e cercare le indicazioni di un semaforo. 
Laura Cabrini

Roma fa Schifo non è più su Facebook, ecco perché

20 luglio 2018
***DISCLAIMER: i contenuti su Facebook, salvo nuovi attacchi, continuano su questa nuova pagina: https://www.facebook.com/romafaschifo2, seguiteci e divulgate***

Per carità, non possiamo essere noi a dirlo perché siamo parti in causa, tuttavia in un'Italia che si avvia a grandi passi verso una deriva da Russia di Putin questa novità non ci voleva. 

Di quale novità stiamo parlando? Semplice: La pagina Facebook di Roma fa Schifo, forte di 10 anni di storia, di aggiornamenti h24 e di oltre 170mila utenti unici forse era diventata troppo influente per passarla liscia. Con un pretesto la piattaforma l'ha oscurata ieri e poi soppressa.

Si tratta dello sfogo di tanti cittadini, si tratta del luogo dove in questi anni decine e decine di migliaia di persone hanno avuto l'aiuto necessario per  aprire gli occhi dopo essersi a lungo assuefatti a situazioni inaccettabili, si tratta di un luogo di dibattito, di approfondimento, di confronto e di scontro quotidiano su temi di interesse collettivo e con l'obbiettivo costante del miglioramento della città. Si tratta dell'unico luogo (e questo da sempre e non da oggi) dove non viene fatto il minimo sconto all'amministrazione di turno che questa sia capitanata da Alemanno, Marino o Raggi poco cambia. Si tratta, soprattutto, di un formidabile e unico archivio e database di foto, soluzioni, filmati e materiali. Tutto questo oggi non c'è più: 3500 giorni di lavoro, ora dopo ora, polverizzati. Circa quarantamila contenuti andati perduti.

Cosa è successo? In tutta apparenza sembrerebbe un problema dovuto al micidiale algoritmo di Facebook. Quel sistema che, complici segnalazioni anonime da parte degli utenti, riesce a chiudere pagine e profili personali con l'accusa di pornografia solo se si pubblica la foto di una mamma che allatta un bambino, o di un nudo artistico in una scultura classica o in un dipinto del Cinquecento. 


Qualche giorno fa abbiamo pubblicato sulla pagina Facebook un filmato che poi è girato in altre pagine (in molte è ancora online senza nessunissimo problema e questo dice molto sull'algoritmo di cui sopra) e che potete vedere qui sopra. Si trattava di un fatto a nostro avviso significativo: una aggressione, per quanto solo verbale, di uno o più cittadini contro il gruppo di scippatrici che in barba all'azione delle forze dell'ordine ogni giorno frequentano la metropolitana. L'aggressione verbale era condita di plateali minacce di morte e di percosse. E' uno scenario che più volte in molti nostri contenuti social e qui sul sito avevamo prefigurato e previsto: lasciare le cose in abbandono e non risolvere i problemi in maniera autorevole e istituzionale porta le persone a risolverseli per conto loro in maniera spiccia. 

Avevamo pubblicato su Facebook il video aggiungendo questa frase di presentazione: "Cosa aspettiamo per intervenire, che qualcuno linci le scippatrici?". In italiano la frase è chiarissima, in italiano la frase segnala e rappresenta un rischio da evitare (il linciaggio ipotetico e ormai neppure troppo ipotetico) e suggerisce la soluzione per far sì che non si presenti (intervenire). Già, in italiano. Ma chi controlla le tante segnalazioni che per rappresaglia la pagina Facebook di Roma fa Schifo riceve non è italiano, è magari pakistano, magari egiziano, magari inglese e irlandese. Probabilmente sta a Dublino e da lì, in pochi secondi, aiutandosi chissà come, deve decidere sulla chiusura di pagine e profili. Evidentemente il nostro addetto Facebook ha letto linciaggio, ha armeggiato su Google Translate in attesa che Facebook si faccia un traduttore anche lui, e ha pensato che noi si inneggiasse al linciaggio delle scippatrici sotto la metro quando invece il messaggio che volevamo dare era esattamente l'inverso. L'accusa? Bullismo!


Ma se Facebook, come è comprensibile che sia essendo una realtà che deve gestire svariati milioni di contenuti al minuto, non capisce e travisa le cose; se non è in grado di distinguere tra un paradosso e una minaccia, tra uno scherzo ed un reale pericolo, tra una mamma che allatta e un film zozzo e tra una segnalazione di rischio e un incitamento alla violenza, come mai questo succede solo a noi e non a tutti? Innanzitutto non avviene solo a noi e ci sono migliaia di storie di questo tipo, ma poi c'è da dire che noi siamo più soggetti perché siamo sotto il fuoco di fila delle segnalazioni. Ed è un po' questo il punto.

Da alcuni mesi o anni a questa parte la situazione è diventata incontrollabile. Forse a causa del nostro ruolo che mette davvero, ogni giorno, con una immensa visibilità, in difficoltà l'amministrazione della città di Roma; forse perché non c'è nessun altro media che davvero disvela la verità sulla capitale d'Italia; forse per l'abitudine - che non deve piacere ai potenti - che hanno molti giornali a pescare tra le nostre chiavi di lettura per costruire i propri contenuti; forse a causa di chissà cosa ma una squadra organizzatissima di persone, sistematicamente, invia contro di noi segnalazioni a Facebook. Si tratta di persone esperte, sanno dove Facebook è fallace: tutti i segnalatori di quel video sapevano alla perfezione (bastava leggere) che il nostro auspicio era evitare un linciaggio, non fomentarlo, eppure hanno segnalato in massa lo stesso. Le informazioni che devono o non devono essere disponibili ai cittadini vengono decise in questo modo, da queste locuste, da questi gruppi organizzati e - è facile ipotizzarlo - al servizio di una parte politica. 

Prima dell'arrivo al potere di partiti populisti e xenofobi questi attacchi erano davvero molto meno frequenti anche se non inesistenti. Un episodio simile ci accadde nel 2014, quattro anni fa. All'epoca pubblicammo - ovviamente per biasimarlo e denunciarlo - un cartello apparso allo stadio riportante la scritta "MARINO FROC..". Per Facebook a scrivere quell'offesa eravamo stati noi, non riusciva a valutare che in realtà l'avevamo pubblicata per condannarla. Poi però Facebook si accorse dell'errore e restituì la pagina, anche grazie ad una straordinaria mobilitazione di stampa e politica. Dopo quattro anni nulla è cambiato: gli algoritmi di Facebook ancora non funzionano a dovere, nonostante i miliardi e miliardi di fatturato quotidiano l'azienda di Mark Zuckerberg si picca di non avere di fatto alcuna presenza in Italia, di far gestire il paese a persone che non sono di madre lingua italiana e che dunque hanno immensa difficoltà a comprendere le sfumature di una frase o di un linguaggio, magari dialettale. Una cosa in realtà è cambiata: all'epoca i primi, in prima fila, a mobilitarsi per la riapertura della pagina furono i consiglieri a Cinque Stelle: perché ora come all'ora menavamo duro e senza sconti contro chi era al potere. Ma oggi al potere ci sono loro e invece di solidarizzare con l'unica voce indipendente della città magari segnalano (e, di più, querelano: ma questa sarà un'altra storia che vi racconteremo presto).

In attesa di improbabili ravvedimenti da parte di Facebook invitiamo tutti a seguirci su Twitter e naturalmente qui sul sito e nella nuova pagina Fb che riparte da zero.

***DISCLAIMER: i contenuti su Facebook, salvo nuovi attacchi, continuano su questa nuova pagina: https://www.facebook.com/romafaschifo2, seguiteci e divulgate***

Oltre ogni immaginazione: il parcheggiatore abusivo s'è preso perfino Piazza Cairoli

19 luglio 2018





Il livello di totale e crescente abbandono che sta interessando la città giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, ha delle conseguenze a dir poco surreali. Ciò che si pensava impensabile si sta verificando con la più lineare e apparente normalità. Le ladre minorenni si impossessano di intere stazioni della metropolitana anche il giorno dopo aver subito una vasta retata; venditori abusivi allestiscono mercatini del rubato anche il giorno successivo ad uno sgombero roboante; intere isole pedonali si trasformano in parcheggi abusivi. Non esiste più nessun tipo di rispetto del cittadino verso le istituzioni (che in effetti fanno di tutto per non meritarselo), la conseguenza è che l'osservanza delle norme di civile convivenza è demandata alle scelte del singolo: se ti va e se in cuor tuo lo ritieni corretto, rispetti le regole, se invece non ti va le violi e non ti succederà nulla di nulla.

Pensate quale livello di impunità e di sensazione di abbandono totale si deve trasmettere per consentire ad un parcheggiatore abusivo di prendere l'intero possesso di un luogo come Piazza Cairoli, tra Via Arenula e via dei Giubbonari. 

Non solo siamo nel cuore della città, non solo qui c'è un passaggio di forze dell'ordine spropositato, non solo l'area è videosorvegliata da migliaia di occhi elettronici, ma su questa piazza di fatto affaccia il Ministero di Grazia e Giustizia. 

Ma nulla importa, ormai vale tutto. Vale perfino che se ti va puoi trasformarti in parcheggiatore abusivo, puoi gestire la sosta (rigorosamente in divieto, anche qui senza mai mezza multa), puoi andare a fare razzia di tutti i cestini della spazzatura della zona, privandola di un servizio abbastanza irrinunciabile, e utilizzarli uno di fila all'altro per occupare via via i posti e cederli all'automobilista migliore offerente. 

Insomma avete capito bene: un parcheggiatore, nella più totale impunità o - peggio - nella più totale normalità, si è rubato una piazza del centro, se ne è impadronito intimidendo e minacciando chi vuole usarla e ora se ne serve per gestire il suo racket. Scene che vedevi negli anni Ottanta a Napoli, ma che sembravano scomparse del tutto. A Roma queste e altre scenette "vintage" stanno andando alla grande...

Come fare un albero di Natale perfino peggiore di Spelacchio? Ci stanno riuscendo

13 luglio 2018
Lo scandalo Spelacchio tutti ve lo ricordate. Gli imbarazzanti amministratori a Cinque Stelle pubblicano un bando per l'albero di Natale di Piazza Venezia a novembre (!), il servizio di trasporto e montaggio dell'albero venne pagato esattamente il doppio (se non ancora di più) rispetto agli anni precedenti e come se non bastasse l'albero era di una bruttezza ridicola, massacrato durante il trasporto dal Trentino a Roma. 
In tutta risposta alle polemiche scaturite gli esponenti pentecatti invece di scusarsi e spiegare, iniziarono la loro consueta giostra di contro accuse cercando di convincere l'opinione pubblica che l'alberello stenterello (nel frattempo soprannominato Spelacchio e uscito sui giornali di tutto il pianeta) in realtà era bello, si mobilitarono anche esponenti nazionali del movimento. Ma tutti la buttarono sempre e solo sull'estetica e nessuno, a nessun livello, mai rispose sulla faccenda dei costi.

La tensione si alzò talmente che, come è usa fare, la Sindaca fu costretta a buttare la palla in tribuna e durante i giorni peggiori dello Spelacchio-gate convocò una presenza stampa per annunciare, per il successivo giugno, la nascita di una magnifica spiaggia estiva a Ponte Marconi. Il tentativo era di distogliere l'opinione pubblica sintonizzandola su un altro momento dell'anno. Nelle ultime settimane si è verificato che la storia della spiaggia utilizzata in funzione anti Spelacchio era l'ennesima volgare menzogna, menzogna che, anche in questo caso, in ossequio all'opacità e all'omertà che sono i due tratti distintivi principali dell'amministrazione, non ha ricevuto alcuna spiegazione.

Le polemiche hanno però avuto un risultato e qualcosa a giugno è effettivamente accaduto: l'amministrazione ha pubblicato un avviso per reperire l'albero e lo ha fatto, miracolo, per tempo. Lo ha fatto a giugno e non a novembre. Ma se Spelacchio andava benissimo, come loro sostenevano, perché cambiare strategia così radicalmente? Ad ogni modo tutto è bene quel che finisce bene? Manco per sogno perché l'amministrazione invece di copiare tutte le città del mondo (a partire da Milano) e pubblicare un bando per reperimento sponsor, ha scritto un avviso che punta alla esclusiva liberalità. Ovvero non si cerca una azienda (e ce n'erano prontissime ad investire fior di centinaia di migliaia di euro) che realizzi l'albero e gli eventi collaterali in cambio della visibilità del suo marchio, ma si cerca un donatore mecenatistico al quale sarà impedito in ogni modo di trasformare in un vantaggio economico il progetto. La follia è stata a quanto pare ordita dal genio Daniele Frongia, si tratta di figure che in qualsiasi città del mondo potrebbero al massimo ambire al ruolo di impiegati semplici senza alcun potere decisionale e che a Roma fanno gli assessori: i risultati sono evidenti. 


Chiaramente la formula scelta da Frongia cavalca i principi su cui si basa il Movimento 5 Stelle e in particolare l'amministrazione romana: opacità e omertà. La scelta del vincitore, per le caratteristiche dell'avviso, potrà avvenire senza alcuna trasparenza (come invece avviene a Milano), senza alcuna possibilità di ricorso. Semplicemente ad un certo punto si chiuderanno in una stanza e rispetto ai partecipanti decideranno il vincitore. Vincitore che, ricordiamocelo, non potrà avere un guadagno di visibilità diretto dall'operazione, e che dunque punterà su un tornaconto indiretto.

Insomma il rischio marchetta non è probabile, è pressoché assicurato. Tu, azienda, mi fai questo atto di liberalità senza poterne ricavare nulla in termini di visibilità, e io, amministrazione, ti sarò riconoscente. Le dinamiche del racket e del traffico di favori applicate alla pubblica amministrazione quando in realtà bastava copiare tutte le altre città del mondo. Delle due l'una: o l'albero sarà bellissimo ma allora chi ci investirà si aspetterà qualcosa in cambio per altri versi, o l'albero considerando che nessuno potrà guadagnarci alcunché sarà pure più brutto dello scorso anno perché nessuno investe seriamente in cambio di nulla.




Anche le risposte pubbliche (vedi qui sopra) ai chiarimenti richiesti dai soggetti interessati non hanno aiutato. L'amministrazione ha continuato a mantenersi sul vago, a non dare chiarimenti di alcun tipo convincendo le società più attrezzate e interessanti a rinunciare. Gli operatori specializzati di questi servizi scappano a gambe levate di fronte a tanta cialtroneria, restano solo le ditte che si trovano a loro agio nell'opacità e nell'omertà di cui abbiamo detto sopra. Non si era mai vista prima d'ora una procedura simile: vietano qualsiasi ritorno economico per chi effettua il servizio e lasciano la scelta a totale discrezionalità dell'amministrazione. Non esiste seduta pubblica per aggiudicazione, non esistono criteri di aggiudicazione, sceglieranno come pare a loro. E pensare che c’erano diversi nomi di grande spessore pronti ad investire cifre considerevoli sull’operazione. 

Video. Prova su strada della nuova pedonalizzazione di Via del Corso

10 luglio 2018
Come va la chiacchieratissima pedonalizzazione di Via del Corso dopo tre giorni dalla partenza? Prima di scoprirlo, in questo nostro video, facciamo qualche brevissima riflessione riguardo ancora una volta a come è stata comunicata questa storia.
Si tratta, come tutti i cittadini più attenti sanno, di una richiesta della Prefettura per motivi di sicurezza: non era più possibile avere un tratto di Via del Corso con marciapiedi microscopici, gente strabordante sulla carreggiata e continuo sfrecciare di bus, auto, moto e furgoni. In assenza di alcuna pianificazione e alcun interesse da parte del Comune, la Prefettura ha richiesto un intervento.

Dopo alcune settimane di progettazione l'intervento è stato approntato ed è un intervento abbastanza forsennato, lo diciamo noi che siamo fautori spinti delle pedonalizzazioni. Però un conto è pedonalizzare, un conto è dividere in due la città perfino per taxi e trasporto pubblico. E così mentre tutte le piazze, piazzette, larghi, vie storiche della città sono totalmente ricoperte di lamiere a tappeto, mentre abbiamo dei parking a Piazza Borghese o a Piazza Farnese, abbiamo però pedonalizzata Via Tomacelli, uno sventramento ottocentesco.

Il Comune doveva cogliere gli stimoli della Prefettura e gestirli, governarli, calarli nella città. Invece ha proceduto in maniera miope. La sindaca, poi, invece di specificare che la misura era folle ma la colpa non era della città, cosa ti ha fatto? E' andata a rivendicare la cosa, inaugurando - come è solita fare - qualcosa che era di merito non suo. Inaugurando un dispositivo che in tutta evidenza funziona male, fuorviante per i pedoni come vedete nel video e di difficile gestione ad esempio notturna. Zero telecamere, zero di infrastrutturale, zero arredo urbano (nell'area pedonale i marciapiedi sono rimasti quelli, è comparsa solo qualche ringhiera per evitare l'immissione da qualche traversa) tutto ancora una volta affidato ai vigili: Roma è l'unica città che trasforma le telecamere in persone  mentre in tutto il mondo sostituiscono le persone con le telecamere per risparmiare in costi e per mettere le persone fisiche a fare mestieri a maggior valore aggiunto. 
Altre riflessioni nel nostro filmato. 

E così ci siamo giocati pure Caudo! La surreale giunta del III Municipio uccide ogni speranza

8 luglio 2018
Da qui in avanti davvero non sarà più possibile sostenere questa o quest'altra iniziativa politica senza sapere prima (prima!) tutti i dettagli delle nomine, delle persone, delle giunte. A scatola chiusa sembra ormai impossibile sbilanciarsi. Come i nostri lettori sanno abbiamo con insistenza anche pedante sostenuto l'iniziativa generosa e qualitativa di Giovanni Caudo al III Municipio. Siamo presuntuosi forse, ma siamo convinti che anche il nostro impegno e la nostra insistenza abbiano dato un piccolo contributo ad un esito politico che è stato molto positivo e profondamente significativo. Nello schierarci e soprattutto nell'invitare tutte le persone che ci seguono a accordare la loro fiducia a Caudo, mai ci saremmo aspettati però un esito così surreale. Come ci è successo in passato, non abbiamo nessunissima difficoltà nel criticare chi abbiamo sostenuto: finché siamo d'accordo sosteniamo una figura, non appena siamo in disaccordo lo diciamo liberamente a riprova del fatto che non viviamo negli steccati, nelle griglie, negli schemi.

Cosa è successo? E' successo che in una Giunta che sembra di buon livello, fatta di politici in gamba e civici competenti, Caudo ha insistentemente e contro ogni logica apparente inserito una figura divisiva al massimo, surreale quanto basta, folkloristica e caricaturale per le sue idee insistentemente diffuse. Christian Raimo è un intellettuale interessante, una persona profondamente di parte, profondamente ideologizzata, che come tale merita ascolto. Una voce che si sforza a leggere la città e questo è lodevole, ma che lo fa con griglie vecchie, superate da decenni, con un approccio che guarda pericolosamente al passato e non al futuro, incurante di quello che avviene in tutto il resto del mondo, fuori dalla bolla di follia e di anormalità che è diventata Roma.
Raimo è convinto che soluzioni di gestione della città ormai accettate da quarant'anni in tutte le grandi metropoli del mondo (dalle strisce blu per i parcheggi a pagamento per arrivare ai sistemi di videosorveglianza, davvero!) siano degli autentici soprusi orditi contro il proletariato; Raimo è convinto che la sicurezza sia uno stratagemma dei padroni contro i sottoposti, mentre in realtà è proprio una garanzia per gli ultimi visto che i ricconi la sicurezza se la possono fare da soli; Raimo è persuaso che la legalità sia un'arma per attaccare i deboli mentre è l'unica speranza per questi ultimi per non perire sotto le prepotenze; Raimo ha scritto più volte che la cultura a Roma in realtà si fa solo negli spazi occupati, nelle occupazioni illegali: chi a Roma fa cultura sacrificandosi a pagare un affitto, a pagare delle utenze, a rispettare le norme, a assumere regolarmente il personale non merita la stessa tutela di chi occupa illegalmente a prescindere dei contenuti culturali stessi. Tutto questo Raimo lo ha scritto più volte, il suo pensiero politico-culturale lo si può trovare senz'altro nei suoi libri ma ancor più facilmente nei tanti articoli su Minima e Moralia, CheFare, Internazionale. Tutti i contenuti a firma Raimo hanno il medesimo plot: una lettura ridicoleggiante della città di Roma dipinta in maniera sempre profondamente caricaturale e superficiale e poi l'approdo finale della narrazione in qualche ameno spazio occupato illegalmente (magari con un mano una "biretta presa dal bengalino", davvero!), sottratto alla proprietà pubblica che avrebbe potuto meglio valorizzarlo (magari assegnandolo a chi davvero meritevole) o sottratto a qualche proprietà privata: lì, tra le braccia degli occupanti, tutto diventa caldo, avvolgente, sensato, dotato di prospettiva e di profondità culturale. A Roma c'è una autentica cupola che sovraintende alle occupazioni, una mafia raccontata ormai anche in fior di atti di Tribunale, ma per Raimo è tutto oro ciò che occupa, è tutto sbagliato ciò che sgombera. Tutti gli articoli di Raimo, con i quali questo intellettuale a nostro modo di vedere inquina da anni il dibattito in questa disperata città già assai profondamente inquinata a livello intellettuale, sono impostati in questa maniera. Andateveli a cercare sui motori di ricerca e se supererete la nausea che provocano, leggeteli.

In qualsiasi città del mondo (immaginatevi un Raimo a Milano, a Londra, a Tokyo, a New York), una impostazione intellettuale simile seppur assolutamente legittima e, ribadiamo, per certi versi perfino interessante, condanna però chi la propugna alla giusta merginalità. Non è che puoi dire panzane di questa portata e poi far parte delle istituzioni, amministrare persone, impattare sulla qualità della vita dei cittadini e dei loro figli. E invece a Roma così non è. 
Ma se ci ha sorpreso ben poco che Raimo fosse stato coinvolto da Luca Bergamo nel consiglio di amministrazione delle Biblioteche di Roma (il confine tra le panzane di Raimo e le panzane della pozzanghera intellettuale ove germinano i bacilli pentafasci è davvero labilissimo) dove pure attualmente ancora sta, ci ha sorpreso invece enormemente che questa figura fosse scelta da Giovanni Caudo per l'assessorato alla cultura del III Municipio. 

Semplicemente perché Raimo rappresenta, e qui sopra abbiamo fatto solo alcuni dei mille esempi possibili, tutto il contrario di quello che ci si aspettava da Giovanni Caudo. Giovanni Caudo in queste settimane, in questi mesi, ha rappresentato in primo luogo la speranza. La speranza della possibile edificazione di un racconto contemporaneo di una città che guarda al 2035, la città dei nostri figli finalmente allineata alle migliori esperienze amministrative e civili occidentali sotto tutti i punti di vista. Nella scia di quanto stava facendo Ignazio Marino, insomma. Una città profondamente solidale e totalmente inclusiva, e ci mancherebbe altro. Ma una città dove non ci si permette di insultare il merito, la competizione, lo sviluppo economico, la trasformazione urbana, la sfida architettonica, l'organizzazione di grandi eventi, la crescita, il rispetto delle norme, la parametrizzazione internazionale, la libera impresa commerciale, il profitto quando questo è sano e onesto. Una città dove non è consentito scegliere deliberatamente percorsi di illegalità e dove chi lo fa deve venire perseguito e non deve trasformarsi in qualcuno legittimato a prendere per i fondelli chi invece con enorme sacrificio sceglie la legalità. 

Purtroppo invece, probabilmente traviato dall'ansia di dimostrarsi più possibile "di sinistra", Caudo ha optato per una figura come quella di Raimo. Una figura che solo a Roma, solo in questo contesto di costante mistificazione dei riferimenti culturali e politici, si potrebbe definire "di sinistra" peraltro. In tutto il mondo la sinistra è quella cosa che combatte la povertà per superarla, per creare opportunità, per creare lavoro, per creare impresa e investimento a beneficio di chi poi grazie a questo potrà trovare un percorso di lavoro e di vita; a Roma la sinistra è invece quella cosa che tutela la povertà difendendola e lavora per perpetrarla (e guai a toccargliela, altrimenti poi se le persone stanno bene, lavorano, guadagnano dignitosamente chi può strumentalizzare l'esercito dei disperati?). 

Ora senz'altro non siamo così ingenui da non sapere che il ruolo realmente operativo di Raimo sarà minimo, non siamo così sprovveduti da non sapere che l'impatto vero e proprio sulla vita dei cittadini del III Municipio non si vedrà granché: già il Municipio conta poco, figurarsi un assessore alla cultura di un Municipio... ma non è quello il punto, il punto è un punto puramente simbolico, politico, prospettico (ecco perché, tra l'altro, non ha senso affermare "sì, ma vediamo prima di criticarlo cosa farà Raimo"). La vittoria di Caudo rappresentava un possibile riscatto e una prospettiva per un nuovo governo cittadino di alto livello dopo la parentesi atroce dei Cinque Stelle. Caudo oggi ci sta dicendo che per riprendersi il Campidoglio lo schieramento di centro sinistra deve puntare su personaggi come Christian Raimo e questa è una delusione cocente. Questo ci fa capire che l'uomo che si candidava a leader di una rinascenza di sinistra non è nelle condizioni di distinguere la causa dall'effetto, la malattia dalla medicina. Nulla di personale contro Raimo - che non abbiamo mai incontrato mezza volta in vita nostra -, ma mentalità come la sua, insufflate in un'opinione pubblica fragile, funzionalmente analfabeta e creduolona da decenni, sono il motivo per cui la città si trova in queste condizioni miserabili. Raimo (non lui personalmente, poverino, ma ciò che rappresenta) non è la soluzione a questo stato imbarazzante di cose, ma è parte integrante del problema. 
Cosa è capitato dunque? O Caudo non ha letto nulla degli scritti di Raimo (ma davvero scegli un intellettuale per la tua squadra e non leggi le sue teorie pubblicate dovunque?); o Caudo è stato in qualche maniera obbligato a inserire nella sua squadra una figura simile; oppure - cosa a questo punto non da escludere - noi non abbiamo capito assolutamente nulla di Caudo e del percorso che l'ha portato a diventare presidente del III Municipio.

Resta il fatto che queste scelte pesano come macigni. Si tratta di docce d'acqua ghiacciata verso tutta quella parte di città che era pronta a ripartire, a impegnarsi, a rinunciare ai progetti di trasferimento altrove (quelli in gamba stanno scappando tutti a Londra o ancor più a Milano, qui rimangono solo i derelitti, così Raimo avrà sempre più persone da "difendere" coi suoi scritti).  Tutta questa gente finirà per non crederci più un'altra volta, per perdere la voglia. Si doveva disegnare la città del 2035 e invece si prefigura una città di 35 anni fa, con i tic patetici della non più tollerabile e nociva rometta cazzarona e con in mano una "biretta presa dal bengalino". Se a questo aggiungiamo il mood che emerge dall'altro municipio andato alle elezioni, l'VIII, dove il giovane presidente ha esordito con un discorso da anni Settanta, capiamo come la sinistra abbia scelto scientemente di andare una volta ancora a sbattere contro un platano. Si tratta di un passaggio delicato signori, si tratta delle scelte forsennate che con ogni probabilità riconsegneranno per la seconda volta la città all'abisso di malgoverno di Virginia Raggi nel 2021. Questo è.

In tutto ciò si fa fatica a capire il ruolo del PD. Va benissimo l'indipendenza del presidente, tanto più che si tratta di una figura che ha battuto il PD alle primarie e tanto più che si tratta di una figura seria e autorevole, ma davvero il PD può accettare di condividere una giunta e una così significativa e - ancora - simbolica amministrazione con un personaggio che passa il suo tempo da anni ad insultare (talvolta a ragione, quasi sempre a torto) il PD stesso? Oltre alle tirate continue e noiosissime contro di Renzi, ora Raimo accortosi in ritardo che Renzi non c'è più se l'è iniziata a pigliare con Carlo Calenda. L'ultimo attacco è stato perché Calenda ha avuto la colpa di aver pubblicato il suo manifesto politico su Il Foglio, secondo Raimo il foglio di Claudio Cerasa (schierato da anni - a differenza di Raimo stesso, salvo recentissimi ripensamenti - contro i fascio grillini oltre che contro la destra leghista e meloniana e su evidenti posizioni renziane) sarebbe un giornale di destra e dunque sarebbe insensato pubblicarci un manifesto che vuole essere di sinistra. Raimo è così: la destra e la sinistra, il centro e la periferia, i ricchi e i poveri, gli sfruttatori e le vittime. Una costante e semplificata visione del mondo da sedicenne (di quelli che chiamano "guardie" le forze dell'ordine, disprezzandole di sottecchi) che imbratta non da oggi giornali, tv, siti web con una lettura delle cose e, purtroppo, della città, vecchia decenni, superata da una vita. Un passetto ulteriore verso un pauroso punto di non ritorno. Un caso civile drammaticamente unico in occidente. 

Qualcuno li fermi. L'infinita idiozia dei cittadini che dipingono le buche

6 luglio 2018
Già consideriamo una mistificazione il fatto che si stia sempre più affermando che le buche sono la prima se non l'unica causa di disagio sulle strade romane. Ovviamente non è affatto così. Ovviamente la manutenzione del fondo stradale è semplicemente una causa (non l'ultima, ma di certo non la prima) tra le tante che rendono le strade di Roma dei luoghi da incubo: c'è la sosta selvaggia, c'è una segnaletica da terzo mondo, ci sono i limiti di velocità sistematicamente violati, c'è l'assenza di sanzioni che ha creato dei cittadini-automobilisti bruttissimi (i più brutti del mondo, gente pronta ad uccidere per un diverbio o un parcheggio come è successo più volte, gente con una aggressività mai vista altrove), c'è un'illuminazione incerta, c'è un sistema ridicolo di potatura degli alberi che ormai oscura perfino i semafori. Ci sono tante cose, e poi ci sono le buche.

Ora, già le buche erano sopravvalutate adesso si rischia davvero di esagerare con l'iniziativa che sta spingendo molti cittadini a colorarle, ad evidenziarle con spray fluorescenti imbrattando l'asfalto. 

Questa iniziativa, affascinante secondo i media, i giornali e i mille post sui social che inneggiano alla nuova rinascita civile di Roma per mezzo delle bombolette per writers, è una cavolata galattica. Già, ma perché? Vediamo per punti. 

1. LE BUCHE NON SONO IL PROBLEMA
E' sbagliato concentrarsi in questo modo sulle buche perché come abbiamo detto sopra le buche non sono IL problema. C'è un ampio spettro di problemi di cui le buche sono una delle tante sfaccettature. Niente di più sbagliato che concentrarsi su una sola delle concause, si rischiano di trascurare le altre diminuendo ingiustamente la loro importanza e rilevanza. Ricordiamoci che, salvo eventi particolari e rarissimi, rispettando i limiti di velocità NON si può venire uccisi da alcuna buca, neppure da una voragine perché, quanto meno, la si vede in tempo e la si evita. 

2. NON SI INTERVIENE FAI DA TE SULLA SEGNALETICA ORIZZONTALE
La segnaletica orizzontale è una cosa seria, regolata da leggi e regolamenti, non si interviene fai da te su queste faccende così com'è assurdo intervenire fai da te sulla manutenzione delle strade (come fanno alcune bizzarre associazioni che stanno prendendo piede a Roma!). Si tratta di cose delicate e non si può affermare "visto che non lo fa nessuno lo facciamo noi": intervenire sulle strade non è come pulire un parco o tagliare l'erba troppo lunga di una aiuola, si impatta sulla vita e sulla morte delle persone che delle strade sono utenti.

3. EVIDENZIARE PARTI DISSESTATE DELLA STRADA PUO' DISTRARRE
La strada deve avere un determinato colore, e determinati segnali orizzontali. E basta. Qualsiasi altra indicazione, pittogramma o scritta è vietata. E non è vietata a caso. E' vietata perché rischia di distrarre l'automobilista o il motociclista: l'attenzione si concentra sulla evidenziazione anomala, magari di colore verde o giallo fosforescente, e si perde il focus sul resto. Pericolosissimo.

4. SE I SEGNALI FAI DA TE HANNO EFFICACIA, RISCHIANO GLI ALTRI UTENTI
Immaginatevi la scelta. Voi siete in auto, in una strada a due corsie, un pelo sovrappensiero, ad un certo punto vedete una buca super evidenziata di giallo, sobbalzate, il vostro cervello si mette in posizione di allarme (della serie: "SE L'HANNO EVIDENZIATA SARA' TERIBBBBILE", questo è il messaggio che arriva alla vostra capoccia), a quel punto sterzate di brutto per schivare, e andate a fare un frontale con l'auto o la moto che arrivano dall'altra parte della strada. O magari la strada è a senso unico ma avete una bici o un motorino alla vostra sinistra, magari in sorpasso, e gli tagliate la strada per evitare una buca. Se l'evidenziazione non ci fosse stata avreste preso la buca senza grandi conseguenze, grazie all'evidenziazione l'avete evitata ma avete fatto feriti o magari morti. Vale la pena?

5. SE SI GENERA L'ABITUDINE, E' PEGGIO
E se davvero questa follia va avanti, e se davvero i cittadini si mettono come stanno facendo in queste ore a evidenziare tutte le peggiori buche? Potrebbe succede che automobilisti, bici e motociclisti inizino sul serio ad abituarsi, a farci l'occhio. Se c'è l'evidenziazione sto attento e scarto la buca, se non c'è significa che sono buche di scarsa rilevanza. Questo avrebbe una paradossale logica se davvero questi sedicenti "volontari" monitorizzassero a tappeto tutta la città con continuità, ma così non può essere. Ne deriva che in una strada non "trattata" dai volontari potremmo trovare mega-voragini non segnalate da alcuno, che ci si pareranno davanti come sorprese inaspettate laddove ci siamo abituati a traguardare visivamente solo le buche segnalate. 

6. LE BUCHE NON GENERANO INCIDENTI GRAVI
Li generano, sì, ma non gravi. Salvo ovviamente eccezioni che sono sempre possibili. Le buche, la nostra esperienza quotidiana ce lo dice, non possono generare incidenti particolarmente gravi perché esistono dovunque, sono diffuse, semmai spingono gli utenti della strada a moderare la velocità e dunque semmai riducono l'incidentalità più grave, quella mortale. Sono molto antipatiche, spaccano la schiena, distruggono i motorini e le gomme, ma difficilmente generano morte come l'alta velocità o la sosta selvaggia e l'assenza di visibilità (la maggior parte dei morti ammazzati sono infatti pedoni falciati o motorini lanciati come saette), anzi semmai perfino riducono la mortalità. Se domani scomparissero tutte le buche e, con asfalto come biliardo, Roma rimanesse la monnezza che è oggi (ovvero: sosta selvaggia, zero autovelox, zero multe, layout delle strade caotico) i morti non diminuirebbero, bensì aumenterebbero. Si chiama il paradosso della buca e non fallisce. 

7. E' PERICOLO L'ATTO STESSO DI SEGNALARE
Inutile dire poi, in chiusura di questi nostri punti, come sia pericoloso l'atto stesso di segnalare in questo modo. E il rischio che qualche cittadino, preso dal nuovo e assolutamente inedito afflato civico, esageri col piazzarsi in mezzo alla strada per azionare la propria bomboletta è significativo. Se le buche, infatti, sono in zone pericolose, allora sarà anche pericoloso posizionarsi al loro cospetto e pittarle, non ci vuole così tanto ad arrivarci. 


Insomma, non c'è una logica in tutto questo. Capiamo la buona fede, ma qualcuno li fermi. Riguardo al comportamento dei cittadini l'unica strada possibile, invece di dipingere le buche per coadiuvare chi le vuole affrontare superando i limiti, è proprio rispettare le velocità massime. E questo basta e avanza. Quanto invece ai compiti della città e dunque della manutenzione, la via per risolvere il problema è molto semplice (una via di cui bisognerebbe parlare, invece di perdere tempo con lo spray): bisogna assegnare i lavori per grandi e grandissimi lotti, a ditte professionali, previo bando internazionale. E' l'unico modo per risolvere davvero, ma è l'unico modo che la Sindaca ha più volte dichiarato di non voler attuare. Perché dare appalti diretti senza gara a decine e decine di dittuncole romane genera consenso e clientele, affidare invece una volta ogni 6 anni un unico mega appalto ad una ditta magari tedesca sistema le strade di Roma a parità di investimento ma non produce uno sciame di clientes a cui poi poter chiedere in cambio voti e favori. Questo è. E punto. Il problema si poterebbe risolvere in pochissimi anni se solo si volesse risolvere. NON SI VUOLE RISOLVERLO. E le buche-spray servono solo a non parlare del cuore della situazione. 

Rotta l'aria condizionata pure in Metro C. Gli addetti: "evitate di prenderla"

5 luglio 2018
Da tempo seguo Romafaschifo e desidero ringraziare per la battaglia (il cui valore è impagabile) che il sito quotidianamente conduce contro il degrado, la sciatteria ,l'incapacità, la malafede, la corruzione, e soprattutto l'assuefazione a tutto ciò, che caratterizzano la vita e la socialità di questa nostra città.
Questa sera vi scrivo, appena rientrato a casa, per raccontarvi un (piccolo?) problema che rappresenta un esempio di come viva Roma. Uso frequentemente la metro C, nel tratto Grotte Celoni-San Giovanni; negli ultimi giorni l'aria condizionata nei treni ha cessato di funzionare... Inizialmente ho pensato ad un inconveniente (qualcuno ha dimenticato di avviare il sistema?); poi ad un guasto (ora sicuramente il servizio manutenzione interverrà!); poi ad un sabotaggio (possibile che tutti i treni abbiano, contemporaneamente ed in piena estate l'aria condizionata in avaria e nessuno intervenga per ripristinarne la funzionalità?!). Fatto sta che viaggiare sulla metro C sta diventando difficile (anche pericoloso?); nei vagoni, in ora di punta, si soffoca e si ha un pò si sollievo solo in corrispondenza delle fermate, quando le porte si aprono ed entra aria dall'esterno. Alle mie segnalazioni e richieste di spiegazioni, gli addetti delle due stazioni citate mi hanno risposto, in ordine cronologico:
  1. "E' solo un condizionatore guasto, non possiamo fermare il treno per questo, si muova lungo il treno e si posizioni in prossimità di quelli funzionanti".
  2. "E' un problema noto....non so che farci e che dirle"
  3. "Eviti di prendere la metro"
Un solo commento: sono cittadino italiano e romano, e come decine di migliaia di concittadini pago IRPEF allo Stato, addizionale regionale, addizionale comunale (salatissime) ed ho acquistato l'abbonamento annuale Metrebus.  ATAC potrebbe spiegarmi e spiegarci perché il servizio della metro C, peraltro seminuova, si trova in queste condizioni? Chi ne è responsabile? Cosa si sta facendo per ripristinare la normalità del servizio? E mi chiedo: i treni possono circolare in queste condizioni, che mettono a repentaglio la salute dei cittadini, quantomeno di quelli più deboli ed affetti da patologie del sistema pressorio/circolatorio? (A proposito: qualcuno li ha informati che entrando nei vagoni, si troveranno a viaggiare in queste condizioni?). 
Per finire: se seguissimo tutti il suggerimento della cortese dipendente ATAC in servizio ieri sera (4 luglio 2018) alla stazione Grotte Celoni ("Eviti di prendere la metro") forse per qualcuno in ATAC, compresa, ma buon ultima, la dipendente stessa, diventerebbe ancor più difficile di quanto già non sia pensare di aver diritto ad uno stipendio a fine mese, quale corrispettivo del lavoro prestato.
Grazie per l'attenzione.
Sauro Fiorani

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