27 dicembre 2019

Stanno organizzando enorme festa di Capodanno in un gigantesco palazzo occupato

Qualche giorno fa abbiamo raccontato come la scelta di riunirsi nel loro primo 'congresso' in uno dei più agghiaccianti spazi occupati della Capitale abbia di fatto ucciso il movimento delle Sardine (di fatti poi sono scomparsi dal dibattito, e non è colpa del Natale). Oggi siamo costretti a tornare a parlare dello stesso famigerato edificio.

La realtà, infatti, supera l'immaginazione. Nella città in cui le forze dell'ordine tollerano tutto ma devastano di controlli commercianti&ristoratori torchiandoli questionando sul millimetro, nella città in cui perfino mega multinazionali come McDonald's sono costrette a capitolare sotto i fendenti di una burocrazia capace di far fuggire anche l'investitore più motivato, nella città in cui politici e amministratori locali si vantano sui social di aver bloccato investimenti promettenti (specie per i posti di lavoro) per un cavillo, proprio in questa città si sta organizzando un mega party di fine anno totalmente abusivo nei 7 piani (più 2 sotterranei) dello sconfinato palazzo occupato da Action a Via Santa Croce in Gerusalemme angolo con Via Statilia.

La manifestazione, incredibile a dirsi, è strapubblicizzata con profusione d'inserzioni a pagamento su Facebook. SpinTime viene spesso contrabbandato come un luogo sacro dell'accoglienza, una specie di nosocomio misericordioso, una clinica delle bontà e dell'altruismo che cura il disagio e la povertà. A quanto pare tuttavia sui 7+2 piani di questa gigantesca struttura nel cuore della città, per una notte l'atmosfera conventuale di centro di accoglienza e ricovero per poveri viandanti si potrà tramutare in festa scalmanata. Si ballerà "fino a mezzogiorno", ci saranno "cuochi e cucine da tutto il mondo", 60 musicisti, il tutto in un "grattacielo di sette piani" giù giù fino ai due piani sotterranei che da qualche tempo sono stati rubati dalla redazione di Scomodo, perché a Roma se vuoi fare editoria devi sputare sangue anche per avere un posto in un coworking, se invece sei amichetto dei banditi delle occupazioni puoi avere uno spazio di 2000 mq in pieno centro che nessun tuo concorrente non disposto a fare patti con i furfanti e a campare fuori dalle leggi potrebbe mai permettersi. Qui, sotto terra come i topi, altri eventi in nome della massima sicurezza e della messa a norma degli spazi. 


Una festa di dimensioni colossali. Capace di attirare migliaia di persone in uno stabile occupato illegalmente da anni, privo delle più basilari norme per la sicurezza (e igieniche), senza un briciolo di autorizzazioni di alcun tipo, rivendita di alcol e di droghe senza alcun controllo in un luogo che si considera ed è considerato purtroppo dalle forze dell'ordine al di sopra della legge. 

Leggendo il programma della manifestazione, il costo dei biglietti, gli eventi che si susseguiranno durante la serata ci immaginiamo la faccia dei tanti organizzatori di eventi onesti che ancora nonostante tutto resistono in città. Dal piccolo ristoratore al grande impresario. Tutti alle prese da mesi con la burocrazia, coi costi per la sicurezza, con le normative diventate stringentissime dopo i fatti di Piazza San Carlo a Torino, con l'obbligo di assoldare hostess e stuart pena la mancata autorizzazione per motivi di sicurezza del loro evento di fine anno: la fiera della Befana di Piazza Navona è stata chiusa proprio per questo motivo, ma lì si sono recati per fare un controllo i Vigili Urbani, a SpinTime avranno il coraggio di andare o l'avranno vinta anche stavolta le entrature, le raccomandazioni e la paraculaggine degli occupanti da sempre ammanicati a tutti i livelli? 

L'abbattimento dei costi di gestione tuttavia non ha impedito agli organizzatori di richiedere un biglietto di ingresso. Altro che "spazio restituito alla cittadinanza": se vuoi entrare in questo palazzo di proprietà altrui che hanno occupato e nel quale scaricano sulla collettività i costi delle bollette, ti fanno pure pagare! Senza alcuna vergogna e ritegno i biglietti sono in vendita sulla piattaforma Evenbrite a 21€ e spiccioli solo con PayPal o Carte di Credito, perché a parole tutti contro lo strapotere delle multinazionali, ma quando si tratta di fare proselitismo e soprattutto quando si tratta di incassare decine di migliaia di euro al nero non disdegnano di certo le grandi piattaforme globali. È la coerenza degli antagonisti...
Ovviamente 21€ sono solo per l'ingresso, per la musica e per il cibo offerto fino ad esaurimento al di fuori di ogni normativa sulla somministrazione e la conservazione di alimenti (auguri a chi mangerà!). Poi per arrotondare l'incasso - questione alla quale i gestori di Spin Time sono tradizionalmente molto molto interessati - c'è il bere. Birra e alcolici dappertutto, venduti a nero mentre chi organizza eventi in maniera seria è taglieggiato da tasse aziendali al 70%, tasse il cui introito paradossalmente andrà a pagare le bollette della luce che questi furbacchioni hanno riallacciato abusivamente inscenando la famigerata faccenda dell'Elemosiniere del Papa, una delle pagliacciate più meschinedel 2019

In definitiva il prossimo 31 dicembre 2019 in un imponente palazzo occupato ci sarà un numero imprecisato e non controllabile di persone, saranno violate le norme sulla Siae, saranno violate le norme sulla sicurezza, sulla vendita di alcolici, ci sarà un concentrato clamoroso di evasione fiscale, sarà fatta una feroce concorrenza sleale ai tanti capodanni a basso costo che si svolgono in strutture a norma e che si impegnano a pagare le tasse, ci saranno 18mila mq di edificio illegalmente abitato a disposizione di chiunque per fare qualunque cosa, con concerti e party perfino nei due piani interrati. 
Senz'altro non succederà nulla... Ma se succederà qualcosa. Se ci scapperà il collasso della ragazzina, se dovranno intervenire le ambulanze, se ci scapperà il morto per overdose o calpestato, se si verificherà la rissa o altri effetti incontrollati dovuti alla folla (basta un piccolo corto circuito, basta un po' di fumo per creare panico), la colpa non sarà dei farabutti irresponsabili che queste cose le organizzano. No. La colpa sarà del Comune, del Primo Municipio, della Polizia Locale e delle forze dell'ordine che decidono sistematicamente di lasciare impunita questa realtà. E la colpa sarà anche della stampa che continua ad ignorare (o, peggio, a raccontare in maniera distorta) questo edificio e altri edifici occupati della città lasciando che solo un piccolo blog si occupi di dire la verità e di denunciare l'assurdità, la violenza, la sopraffazione, la prepotenza di questa gentaglia che a Roma si sente sempre più padrona incontrastata.

15 dicembre 2019

Ecco perché la manifestazione di Roma ha UCCISO il movimento delle Sardine

Qui è il post dove vi spieghiamo perché il movimento delle Sardine (una sorta di populismo grillino di ritorno con 10 anni di ritardo, questa volta con la scusa di "cambiare i toni" della politica) è defunto a Roma nella giornata di oggi, 15 dicembre 2019.

Cresciuto rapidamente grazie ai social, ad un nome azzeccato, ad una situazione politica magmatica e sfidante e ad una oggettiva sebbene molto vaga voglia di partecipazione, il movimento delle Sardine è nato a Bologna con un profilo di indubbia simpatia e grande efficacia. Poi il movimento è cresciuto e si è articolato in altre città italiane con belle manifestazioni gioiose da Modena a Milano. Poi, però, è arrivata Roma. Chi vive a Roma e chi ne sa analizzare le attuali caratteristiche è perfettamente conscio dell'energia con la quale questa città riesce oggigiorno a maciullare tutto ciò che di buono le si para davanti. E fu così che Roma è riuscita a uccidere anche il movimento delle Sardine. Come mai ci è riuscita? 

Molto semplice: a Roma si è celebrata e palesata la avvilente connessione tra Sardine e Movimenti antagonisti, gruppi di occupatori abusivi, rappresentanti fondamentalisti e squadristi dell'estremismo romano della "lotta per la casa", centri sociali. Insomma, a Roma le Sardine hanno gettato la maschera dimostrando il niente o meglio il male che c'è dietro la bella faccia allegra di Mattia Santori. 

Per carità, il rischio c'era viste le premesse, ma mai ci sarebbe aspettati un suicidio così repentino da parte di un movimento che, ove ben gestito, poteva avere una gittata maggiore e durare un po' di più e magari influenzare le prossime tornate elettorali da una posizione entusiasmante e coinvolgente. E invece lo zero assoluto di contenuti è venuto al pettine immediatamente, dopo poche settimane, assai prima del previsto. Già il nulla su temi, progetti, visioni e programmi espressi in piazza lasciavano presagire il peggio, ma poche ore dopo la manifestazione la morte di questo movimento si è compiuto. Intendiamoci: le Sardine non spariranno subito. Come quei cadaveri che, trapassati da pochissimo, continuano ad avere energia elettrica nelle fasce nervose muovendosi a scatti, le Sardine seguiteranno a muoversi (e magari a far danni culturali più di quelli che stanno già facendo), ma non per molto.

Ma dove si è consumata la morte delle Sardine? Dove si è celebrata la connessione tra questo movimento spontaneo con il peggio della mafietta impiccettara romana? 

Spintime Labs è la risposta. Non bastavano le manifestazioni di piazza caratterizzate dalle stesse identiche sembianze dei patetici e inquietanti Vaffaday grillini di 10 anni fa. No. Le Sardine sono volute andare oltre, ma molto oltre. Da una parte hanno assunto la forma del peggior grillismo d'antan, dall'altra si sono praticamente fuse col peggio del movimentismo di estrema sinistra (che oltretutto a Roma assume forme smaccatamente fascisteggianti e squadriste). 
Molti simpatizzanti sardini che ancora non lo sanno rimarranno con un palmo di naso, ma è andata proprio così: le Sardine nel giorno subito seguente alla manifestazione di Piazza San Giovanni hanno giustamente deciso di tenere il loro primo "congresso". Un incontro sacrosanto per i vari leader territoriali dei gruppi che non si erano mai sentiti se non su Facebook. 

Le Sardine potevano riunirsi dove volevano. Sono il fenomeno politico del momento. Avrebbero potuto optare per mille spazi simbolici. Una azienda innovativa, un locale particolare capace di accogliere 150 persone, un coworking simbolo della nuova classe lavoratrice, magari Talent Garden, Copernico o Spaces. Oppure potevano chiedere uno spazio al Comune grillino che governa la Capitale: si sarebbe celebrata la già evidente sintonia grillino-sardina ma per lo meno sarebbe stato uno spazio istituzionale. Chessò il Macro o la Città dell'Altra Economia.

Nulla di tutto questo: si doveva consumare il suicidio e si è andati dritti verso il suicidio!

Il primo Congresso delle Sardine, riunione magari per decidere se presentarsi o meno alle prossime elezioni con una lista, si è tenuto dentro lo Spintime Labs, tra i banditeschi centri sociali romani il più banditesco di tutti, il più losco, il più subdolo, il più ammanicato, il più paraculato dalla politica a tutti i livelli dal Primo Municipio all'assessorato alla cultura passando per il Papa. L'esatto corrispettivo di Casa Pound. Un enorme spazio pubblico che potrebbe rappresentare una opportunità di sviluppo e di rigenerazione urbana e che invece da anni è ostaggio di un gruppo di prepotenti che utilizza gli alloggi come merce di scambio barattando alloggi con consenso. Un grosso stabile di proprietà dello Stato, quindi di tutti noi, ma privatizzato da un gruppo di prepotenti. Oggi in occasione del congresso sardino all'esterno c'erano i gorilla, che impedivano a chiunque l'ingresso. Una cosa di una prepotenza e di una violenza gigantesca. 

In piazza chiedono a gran voce trasparenza e poi nelle segrete stanze, chiudendosi a giornalisti, cittadini e osservatori, si riuniscono nelle sedi della "Bestia" dei movimenti antagonisti. Una "Bestia" che addirittura è arrivata prima di quella di Morisi e Salvini. È il paradosso dei paradossi. 

Un movimento che dovrebbe rappresentare il nuovo si è associato insomma alla cosa più superata, passata, triste, prevaricatrice, furba, aggressiva che c'è oggi a Roma. Un movimento che vuole rinnovare la politica ha simbolicamente suggellato la propria nascita in uno spazio che rappresenta il vecchio, vecchissimo modo di fare politica e di imbrogliare i cittadini. 

Inutile dire che questa scelta ha un solo vincitore: Matteo Salvini e tutti coloro che le Sardine, solo a parole dicono di voler combattere. Questa scelta assolutamente forsennata - celebrata da un vergognoso manifesto quest'oggi affisso fuori allo Spin Time con addirittura la firma di Action, la inquietante organizzazione che ha occupato lo stabile e che gestisce con metodi meschini molte occupazioni romane - avrà un solo risultato: allontanare dalle Sardine una percentuale considerevole di simpatizzanti. Tutti quelli dotati di raziocinio. Tutti quelli, insomma, che non sono minimamente intenzionati a tollerare illegalità, prepotenze, prevaricazioni, violenze come sono le occupazioni abusive - specie a Roma. 
Tutti questi si allontaneranno per forza; molti altri rimarranno delusi e perderanno ulteriormente speranza nella politica semmai ce ne fosse bisogno; altri ancora scopriranno l'ennesimo inganno e non saranno più disposti a credere a nulla e chissà ne farà le spese il prossimo movimento civico che magari sarebbe potuto essere quello giusto e non una nuova cialtronata. Stanno insomma non solo sbagliando, ma anche avvelenando i pozzi.
E così, con le loro scelte imbarazzanti, la loro malcelata ideologia da vecchia sinistruccia da occupazione del liceo, la loro ostentata assenza di contenuti di sostanza al di là della forma, le Sardine avranno contribuito ad apparecchiare il tavolo della stravittoria della peggior destra populista e sovranista che vi sia oggi in Europa. Per aggiungere folklore e tristezza al tutto, alla reunion sardina si è presentata anche Sabina Guzzanti: Salvini e Meloni gongolano oggi più che mai. E la beffa è che la corrente elettrica per la riunione gliel'abbiamo pagata pure noi...

8 dicembre 2019

Se Spelacchio finalmente è bello il merito è tutto di Roma fa Schifo. Ecco perché

Che siamo presuntuosi non lo si può negare. Ma poi bisogna valutare se uno è presuntuoso a ragion veduta oppure se uno è presuntuoso senza averne titolo. Noi speriamo di finire nella prima casistica. Per lo meno per questa faccenda che stiamo per raccontarvi brevemente.

Forse molti lettori non si ricordano più i contorni dello scandalo-Spelacchio (sì, un autentico scandalo, uno dei tanti di questa amministrazione raccapricciante) che percorse la città nel 2017. Ebbene all'epoca, nell'analizzare il perché di quella situazione (non solo l'albero era orrendo, non solo era costato una cifra assurda, ma tutta quella cifra era stata sborsata dal Comune ovvero da noi!), spiegammo con lunghi articoli come si regolavano altre città e in particolare Milano, città con la quale per dimensioni ha più senso fare raffronti.

Ebbene a seguito di questo articolo (vi chiediamo la pazienza di rileggerlo, non guasta) l'amministrazione si convinse e a partire dall'anno successivo optò per fare ESATTAMENTE QUELLO CHE CHIEDEVAMO E INDICAVAMO NOI ovvero un regolare bando che poi venne vinto giustappunto dalla società (l'unica capace a fare queste operazioni ad alto livello) che indicammo noi in quell'articolo scritto in tempi insospettabili.

Insomma se abbiamo un albero di Natale non spettacolare come quello di Milano ma comunque molto molto bello e di cui finalmente non vergognarsi lo dobbiamo - anche questa volta - a Roma fa Schifo. Molti ci considereranno dei presuntuosi o addirittura dei pazzi millantatori, ma noi e quella parte di lettori più attenti sanno che è così. Ma soprattutto sanno che è così negli uffici del Comune dove - le gole profonde non ci mancano - ci hanno spiegato che la scelta di muoversi finalmente come si muovono tutte le grandi città del mondo è venuta leggendo il nostro contenuto. Prima i pentecatti erano radicalmente contrari ad una soluzione come quella perché contrari ai privati; gli stessi profili Facebook di esponenti pentadementi che oggi esultano taggando Netflix e IGPDecaux due anni fa giuravano che mai si sarebbe lasciato campo libero ai privati nell'organizzare l'albero di Natale della città.

Gli articoli servono anche a questo. A mettere nero su bianco le cose e a mettere a nudo la stupidità. Talvolta stanandola.

7 dicembre 2019

Addio ViviBistrot. Raggi chiude l'unico punto ristoro (e unico bagno!) di Villa Pamphili

Di Villa Pamphili, presa come modello dell'incapacità di questa (e delle precedenti) amministrazioni totalmente inabili a trasformare in opportunità i problemi abbiamo già parlato diffusamente e vi invitiamo assolutamente ad andare a rileggervi soprattutto questo articolo, ma anche non dovete perdervi questo e se avete tempo anche quest'altro.




Le fondatrici Daniela Gazzini e Cristina Cattaneo
 Tuttavia come accade sempre più spesso a Roma, la sensazione di aver toccato il fondo è sempre smentita. Perché il giorno dopo si va più giù, sempre più giù. Villa Pamphili è stata massacrata, due bellissimi progetti di rigenerazione, cultura e ristorazione sono stati umiliati a causa della burocrazia, il disinteresse della Giunta Raggi è stato fragoroso, e ora - tra qualche giorno - chiuderà anche l'ultimo presidio di civiltà dentro questo parco urbano di dimensioni enormi. L'unico luogo capace di offrire una bibita d'estate e un the caldo d'inverno, soprattutto l'unico posto in grado di offrire dei servizi igienici in tutta la villa.
Gestito da un dinamico team di imprenditrici e fondato nel 2008, ViviBistrot è uno dei pochi esercizi commerciali aperti in spazi di proprietà del Comune a pagare una cifra di mercato di affitto. Questo significa che il Comune non solo genera povertà, disoccupazione, degrado e deficit di servizi, ma oltretutto rinuncia pure ad un introito. E questo perché? Per l'incapacità, in oltre tre anni, di gestire un semplice rinnovo di contratto.
ViviBistrot è andato in scadenza di contratto a fine 2015. Non sentendo nulla i titolari dal 2016 hanno iniziato a chiedere conto al Comune per avere una proroga o per fare un nuovo bando ("come è giusto che sia" dicono correttamente dal ViviBistrot). Nulla. Il silenzio. Gli imbarazzanti, ridicoli, inquietanti uffici di Roma Capitale non hanno mai risposto. Mai. "In tre anni" dicono al VB "nessun ufficio comunale ha mai risposto ai nostri appelli. Non sono stati in grado di scrivere un semplice bando. Ora tutto andrà in pasto ai topi e sarà occupato da sbandati".
In compenso lo scorso 3 dicembre è arrivata la notifica di sgombero da parte di Roma Capitale. Il 3 gennaio 2020 il ViviBistrot sarà costretto a chiudere. A fronte di centinaia di beni comunali occupati senza titolo (ma se osi toccare gli abusivi, spunta il vicesindaco a difenderli; quelli si), di centinaia di beni comunali affittati a 15 euro al mese, Roma Capitale si è accanita chissà perché contro l'unico bene comunale che era ben tenuto, restrutturato a spese dei tenant, che pagava regolarmente una affitto alto e che offriva servizi e iniziative sociali.
I miserabili al governo in Campidoglio, tra collusioni, incapacità, idiozia e abisso di cattiva fede, non si smentiscono neppure questa volta. L'amministrazione più disgustosa d'occidente resta coerente con se stessa.
Cosa fare? Intanto leggere con la massima attenzione LA PETIZIONE e firmarla. E' l'unico modo per stare vicini al ViviBistrot e per dire all'amministrazione che il loro raccapricciante modo di governare non passa inosservato. Stanno radendo al suolo tutto. Tutto.

UPDATE: alla fine di dicembre il Comune è tornato sui suoi passi, il chiosco rimarrà attivo fino a nuovo bando

5 dicembre 2019

Perché questo articolo è riuscito a ingannare mezza città?

Il livello di assoluta emergenza intellettuale e culturale della città lo puoi verificare analizzando come e quanto è stato condiviso un articolo uscito qualche settimana fa su Il Tascabile.

L'articolo ha girato molto durante la prima metà di novembre. Aveva del resto tutte le caratteristiche per girare all'impazzata: era una trappola, e tutti ci sono caduti. Tono di voce erudito e competente, foto assai suggestive, scrittura semplice, chiara anche per chi non conosce i fatti elencati. E soprattutto la chicca: l’opportunità per tutti i cittadini romani - che in cuor loro sanno alla perfezione di essere in parte colpevoli in prima persona delle condizioni inaccettabili in cui versa la città - di scaricarsi spudoratamente la coscienza. Questo articolo mi spiega che la colpa di sto schifo non è mia neppure un po’ e dunque lo condivido! Il ragionamento inconscio di molti è stato questo.

Questo articolo in realtà racconta alla perfezione perché la città non uscirà mai fuori dalla pozzanghera di sterco in cui si rotola tutto sommato godendosela.

Il livello di negazionismo tocca vette psichiatriche. Il sotto testo (e anche il sovra testo) è chiaro: i cittadini si comportano in maniera incivile? Interi settori economici sono in mano al racket? L’amministrazione preferisce lucrare clientele mandando tutto in rovina piuttosto che governare in maniera rigida e seria? Gli investitori fuggono a causa di una ostilità ostentata verso chi fa impresa e a causa di una burocrazia assurda, malata e inefficiente? Il clientelismo è a livelli tali che ogni singolo amministratore è sotto ricatto? Niente paura: è colpa del disordinato sviluppo urbanistico del passato, dal Dopoguerra fino agli anni di Veltroni. È lì l’unico problema. Se il Comune non risolve il problema delle bancarelle, dei cartelloni, dei lavori pubblici, dell’arredo urbano, se i grandi eventi sono nemici invece che opportunità, se la gente si ferma in doppia fila anche se la prima fila è libera e se le buche sulle strade raccontano di corruzione e inefficienza è colpa di Porta di Roma, di Ponte di Nona e di Parco Leonardo. 

È colpa dell’urbanistica sbagliata del passato. E visto che il passato non si può modificare allora significa non solo che la città non potrà cambiare mai, ma che neppure ha senso lamentarsi. Se lo fate portate avanti una “retorica
 del degrado”. Perché il degrado, l’illegalità, la sopraffazione, l’umiliazione, la prevaricazione, la prepotenza specie a danno delle fasce più fragili, l’oggettiva impossibilità di condurre una vita normale, sono invenzioni, esagerazioni. Sono “retorica”! Dunque, non sono un problema reale. L’unico problema sono le folli (condividiamo) scelte urbanistiche degli anni passati. Gli unici problemi sono quelli che non possiamo affrontare e non possiamo risolvere. 

Come i pochissimi lettori accorti avranno capito, tuttavia, l'articolo non ha il fine di spiegare come si è sviluppata la speculazione edilizia a Roma. Quella è ormai una lagnanza accademica che tutti conoscono e che si insegna perfino al liceo. La storia della speculazione edilizia è vera e la conosciamo tutti. L'obbiettivo dell'articolo è solo apparentemente affermare "Roma è in queste condizioni solo per le colpe del passato". L'obbiettivo è più sottile: è giustificare il presente soprattutto quello composto dai movimenti per la casa, organizzazioni politiche violente e subdole che di tanto in tanto riescono a piazzare (anche su testate serie, questo è davvero singolare) articoli come questo per depistare. Proprio quando stai seguendo la storia, proprio quando assume le sembianze di un racconto oggettivo, cronologico, ben scritto, proprio quando le tue difese di lettore si abbassano arriva il fendente che ovviamente entra come coltello nel burro. E così i lettori escono dal contenuto convinti che i poveri occupatori siano in realtà semplici vittime e non approfittatori. 

Un modo losco e scorretto di fare giornalismo e comunicazione. Per il 95% del contenuto assumo le sembianze di una nonnina che ti spiega e nell'ultimo 5% mi rivelo per quello che sono: un lupo che ti vuole divorare. Quando però è troppo tardi e la schiacciante maggioranza dei lettori non sa più difendersi e ci casca. Ecco dove sta la vera retorica.

Ma questo articolo non fa solo questo: va perfino oltre. Non si limita nel tentativo di legittimare sottobanco le angherie di gruppi del tutto simili alla camorra che imperversano a Roma da anni impedendole di essere una città normale. No. Questo articolo (e non è certo il primo, ma solo l'unico di una sciatta serie di articoli iniziati probabilmente da Christian Raimo qualche anno fa) cerca di convincerti che Roma è in preda ad una autentica ossessione anti-degrado. Dipinge una città piena di paladini del decoro, nerd fissati che pensano tutto il giorno a come combattere le anomalie. 

Tutti sappiamo che la verità è un'altra. Tutti sappiamo che in realtà a Roma c'è il problema contrario ovvero il 99% della cittadinanza che se ne frega di tutto, che non partecipa, che non si interessa, che vive immersa nella totale omertà. A loro però questa cosa non basta. Il loro mondo ideale, il mondo in cui possono continuare a fare i loro comodi (sovente illegali) senza alcuna conseguenza, prevede che neppure l'1% della popolazione si civicamente attiva. Anche questi vanno annichiliti, annientati e per farlo bisogna renderli ridicoli, disegnarli come parte di una frenesia collettiva che non è mai esistita. 

Un articolo che merita una analisi perché unisce scorrettezza e faziosità ad una sofisticatezza inedita fino ad oggi. Corroborata dal supporto: una rivista autorevole facente addirittura capo alla Enciclopedia Treccani. Un salto di qualità da parte di coloro che stanno facendo carte false per evitare che questa città si svegli e cambi.