28 settembre 2018

Evviva le nuove preferenziali. Siamo andati a provare Viale Libia: il video

Non potevamo esimerci e lo abbiamo fatto. Siamo andati a fare la primissima prova su strada della corsia preferenziale finalmente protetta a Viale Libia. E abbiamo deciso di pubblicare tutto subito, in modo tale che oggi la nostra voce risulti chiara in una giornata assurda e surreale in cui una parte della cittadinanza (ma la possiamo chiamare così?) capitolina protesta contro le preferenziali, contro la velocizzazione del rapporto pubblico e in definitiva contro la civiltà in generale. 

Dicevamo, siamo stati a Viale Libia. Mezzo: uno scooter. Nel video andiamo verso su, verso Corso Trieste insomma oppure verso giù, verso la Tangenziale. Su e giù. Orario? Ore 21. Siamo stati buoni, negozi chiusi, strada semi deserta. Eppure la doppia fila c'era lo stesso. Incredibile. A riprova di un fatto chiaro: dove la strada è lasciata in abbandono, senza separazioni fisiche, c'è il caos, le persone traversano in mezzo alla carreggiata senza curarsi delle strisce. Con i cordoli le cose cambiano radicalmente, la strada ha un ordine, la percezione di sicurezza è più alta, è più facile rispettare le norme per tutti, inclusi i pedoni. Certo la presenza di una preferenziale tangente alla sosta delle auto non aiuta affatto, nel senso che basta una macchina parcheggiata con il 'culo' un po' più sporgente che immediatamente si blocca la corsia. Questo è un problema. Le carreggiata e la adiacente preferenziale dovrebbero essere più separate dalla sosta e strade come Viale Libia e Viale Eritrea meriterebbero, come Corso Trieste, un parco nello square centrale, non un parcheggio. 


Per il resto cosa dire: preferenziali dovunque. Speriamo che questo pacchettino di preferenziali che ci stanno dando soddisfazioni in queste settimane si moltiplichi, perché ce n'è bisogno dovunque. Le preferenziali devono aumentare, molto, e quelle che ci sono vanno protette. Cosa aspettiamo ad esempio a risolvere il problema di Viale Regina Margherita? E Corso Vittorio Emanuele? E Via Nazionale dove la preferenziale è usata esclusivamente (esclusivamente!) come corsia di carico e scarico per le merci? E così via...

27 settembre 2018

Allucinante a Ponte Lungo. Fotografa casottino Atac addobbato così e viene aggredito dal personale


Stazione Ponte Lungo, pomeriggio di sabato 22 settembre. Esco dai tornelli e noto la solita barricata di fogliacci e schifo vario attaccata ai vetri del box di stazione, in questo caso spiccano le buste per l'immondizia di colore giallo usate come tendine... Qui ho visto tante volte queste immagini, ma stavolta siamo oltre.

Alla vista delle buste purtroppo non riesco a trattenermi ed ho la malsana idea di chiedere spiegazioni all'addetto presente al box con la speranza di scorgerlo in qualche pertugio lasciato libero dai fogli appiccicati. Non senza difficoltà noto una presenza umana all'interno del box nel lato opposto alla foto e mi dirigo da quella parte.
Mi affaccio e vedo un uomo con divisa Atac seduto, sicuramente per puro caso con le spalle perfettamente in linea con la parete tappezzata, a guardare un video calcistico dal suo smartphone.

Approfitto della cosa e ricordando che nel pomeriggio c'era una partita di campionato chiedo educatamente aggiornamenti sul risultato. Il tizio prima fa finta di non sentire e vedere, poi, scocciato dall'essere stato disturbato da uno che con il suo abbonamento annuale contribuisce a pagargli lo stipendio, mi fa vedere lo smartphone attraverso il vetro per dimostrarmi che non stava vedendo la partita. In effetti stava vedendo un video dalla pagina Facebook "Oh My Goal"...
A quel punto chiedo spiegazioni sulle buste dell'immondizia attaccate al vetro e capisco subito che non è stata proprio una buonissima idea. Si alza, apre il vetro a scorrimento del box e poi inizia un vero e proprio show che riassumo con alcune sue esternazioni:

- "Famme er video, daje famme er video. Tanto lo so che sei te quello che fa i video. Famme er video che poi te sfonno" (mai fatto un video, è impossibile farlo viste le barricate che tirano su: è inutile. Le barricate sono allestite proprio per impedire ai cittadini di documentare la loro nullafacenza).
- "Daje metti a mano quanmezzo, daje mettice er dito che te lo trancio" (detto aprendo e chiudendo sbattendo il vetro a scorrimento del box di stazione, con il serio rischio di spaccarlo).
- "E buste nun lo attaccate io e poi fattelicazzitua vattene a lavorà. Io sto a lavorà machecazzovoi" (questa è immancabile).
- "Io è dalle 3 di notte che sto a lavorà" (Atac fa fare turni di 15 ore ai suoi impiegati?).

Il tutto urlando e strillando anche tante altre affermazioni difficilmente decifrabili con occhi inniettati di sangue e con il serio rischio di farsi venire un infarto...
Visto il suo comportamento chiedo il suo nome e mi risponde sbattendo il badge sul vetro del box (con il nome e la matricola ben nascosta) mentre urla: "io so Sbracaculi Ferdinando e mo daje famme vede che fai".

Quello che faccio è mandare le foto del box a Roma fa Schifo che le pubblica citando il profilo twitter @infoatac. Poco dopo @infoatac pubblica le foto del box ripulito. Questo lunedì mattina ripasso alla stazione e il box è di nuovo nelle medesime condizioni di sabato con all'interno sempre lui: "Sbracaculi Ferdinando"...
È tutto inutile, bisogna solo scappare. In questa città comandano e vivono bene solo gli Sbracaculi Ferdinando. Tutti gli altri devono subire le loro angherie, le loro minacce, la loro prepotenza, le conseguenze della loro nullafacenza. Però la Quintavalle (probabilmente a ragion veduta, intendiamoci!) viene licenziata eh. Lei sì... Ricordatevi sempre che a breve c'è il referendum per mettere a bando il trasporto pubblico a Roma. Non ve lo dimenticate. A quel punto potrebbe aprirsi la possibilità di avere una azienda seria, internazionale, a gestire i nostri bus e le nostre metro. Pensate che svolta. Pensate la goduria di vedere questi Sbracaculi doversi cercare un lavoro vero...
MARCO B.

PS. Vi prego, non pubblicate per intero il mio cognome, sia mai che Sbracaculi mi viene a sbracare il...




Situazione del box sabato 22 settembre

Situazione del box sabato 22 settembre dopo il tweet a @infoatac e la successiva pulizia

Situazione del box lunedì 24 settembre

24 settembre 2018

Chi decide di tenere i mercati rionali come bidonville? Il caso di San Giovanni di Dio





Sono moltissimi i mercati rionali a Roma. Incredibilmente ancora utilizzati (per quanto?) da un pubblico che però sta andando in smaltimento. L'età media dei clienti è altissima e questo significa che via via questi luoghi pittoreschi andranno morendo vittime della loro pittoreschezza.

Si salvano soltanto pochissimi luoghi che hanno saputo rinnovarsi, a partire dal Mercato di Testaccio che è stato capace di trasformarsi in un'attrazione turistica senza però snaturare il suo spirito verace. Un autentico miracolo che fa onore a chi lo ha gesto (anche se in gran parte non lo ha gestito nessuno ed è stato spontaneo).
Uno dei mercati più grandi, a servizio di uno dei quartieri più popolosi, è quello di Piazza San Giovanni di Dio. Attualmente una immensa favela maleodorante dove è semplicemente assurdo e impensabile considerare che si venda cibo. Se l'Italia fosse un paese normale, dove le regole si rispettano, questo mercato sarebbe chiuso da deceni: contravviene a decine e decine di norme e gli operatori vivono a contatto con degrado, sporcizia, volatili in un contesto che sarebbe inaccettabile per una discarica, figurarsi per una rivendita di alimenti.

Tutti sanno che bisogna fare qualcosa ma nessuno fa niente. Stupidità e ideologia anche qui vincono. Un progetto di riqualificazione pesante in finanza di progetto è evidentemente mal visto dagli operatori così come dal pubblico (la gente, a Ponte Milvio, quando il mercato venne riqualificato, iniziò a frequentarlo malvolentieri, perché aveva perso il suo sapore: i romani vivono troppo a loro agio nel degrado non c'è niente da fare) e così come la politica non vogliono risolvere il problema.

Ogni nuova edificazione è considerata speculazione e allora si resta in strutture che marciscono ogni giorno di più. La cosa fa particolarmente rabbia perché il mercato di Piazza San Giovanni di Dio sarebbe facilissimo da riqualificare. La grande piazza, infatti, è esattamente divisa in due. In una parte c'è un caotico parcheggio di auto e furgoni buttati alla rinfusa, nell'altra metà i banchi del mercato. Una eventuale partenza dei lavori terrorizza gli operatori che temono di dover interrompere per mesi o anni l'attività. Ma basta guardare la piazza dall'alto per capire che si potrebbe tranquillamente ovviare a questo. Gli operatori potrebbero lavorare nei loro box durante il cantiere che interesserebbe l'altra metà della piazza; una volta terminati i lavori potrebbero traslocare in poche ore macchinari, banchi, merce e attrezzature. 

Non si perderebbe neppure un giorno di lavoro e in più il mercato si troverebbe finalmente sul fronte di strada, esattamente di fronte alla fermata del tram (grande bonus) e la piazza - come come moltissime "piazze" a Roma piazza non è, perché è solo uno slargo polveroso e puzzolente - finalmente non costituirebbe più l'interruzione urbanistica al percorso pedonale di Circonvallazione Gianicolense. Oggi chi proviene a piedi da Largo Ravizza e va verso il Casaletto passa in un vuoto urbano che sarebbe colmato dal nuovo fronte di mercato proprio sulla strada. Coadiuvato poi da un parcheggio interrato e da edifici sopra (modello mercato di Testaccio, che sopra i banchi ha un albergo e altri servizi). 
Come dite? Non ci sono i soldi? Ah, allora non avete capito: il progetto in questione non chiede risorse al Comune o al Municipio, bensì le elargisce. E' un progetto che fa guadagnare la parte pubblica, non le richiede di investire. Poi, al posto dell'attuale mercato, una piazza vera (vera!) non una bidonville come oggi. Un giardino vero, con delle attrezzature vere, con dei chioschi di ristoro veri al servizio del mercato stesso e del quartiere. Dunque si possono fare nuovi posti di lavoro, si può fare urbanistica di qualità, si può fare un oggetto di rilevanza architettonica per dare dignità e identità ad un quartiere che non ha in questo momento dignità ne tanto meno identità. Oppure si può lasciare tutto così, mercati rionali dalle sembianze di slum indiani, come non avviene neppure nel Terzo Mondo.

20 settembre 2018

Video straziante. Anziano bloccato in ambulanza causa sosta selvaggia

Dobbiamo ringraziare di cuore la persona che ha girato questo video e che ce l'ha mandato. Non perché girare il video sia chissà quale genialata, ma perché quando succedono questi eventi non si ha la freddezza di documentarli e si tende a barcamenarsi gestendo la difficoltà invece che filmarla. Perché queste cose succedono ogni giorno, decine e decine di volte ogni giorno, solo che non ne abbiamo visibilità. Non riusciamo a fissare il disagio che provoca, la prepotenza. 


La cosa che fa davvero rabbia è analizzare quale possa essere la soluzione di questo problema e come l'abbiano affrontato all'estero. Fa rabbia perché ti rendi conto che la soluzione è semplicissima. E non sono le multe, non sono le telecamere, nulla di complesso che richieda chissà quali investimenti e organizzazione e costo del lavoro. Bastano dei paletti. Paletti anti sosta selvaggia. Come a Parigi, come a Londra, come a Madrid. Come dappertutto. Come in tutte le città dove le persone, specie le più fragili, non devono essere quotidianamente esposte ad una costante umiliazione. 


In questi giorni la città è letteralmente sommersa dalla sosta selvaggia. Come non mai. Ogni auto in sosta abusiva genera un disagio, una sopraffazione, una prepotenza inaccettabile. Bisogna reagire, anche solo girando un video o come hanno fatto gli autori di questo filmato chiamando le forze dell'ordine. E pensare che è una stupida questione di arredo urbano...

16 settembre 2018

Recuperare le autorimesse trasformate in altre attività. Un progetto da perseguire

Del resto è quello che ti saresti aspettato da una rivoluzionaria amministrazione grillina. Tornare indietro sulle scelte forsennate e scellerate fatte negli anni passati, quelle scelte che hanno trasformato Roma nella città più sacrificata d'occidente. Su tutto. Una rivoluzione a settimana, seria, ben spiegata. Con strategia.
Purtroppo non è andata così anzi è andata praticamente al contrario.
Ovviamente c'è qualche piccola eccezione perché anche un orologio rotto almeno due volte al giorno segna l'orario corretto. E quando ci sono le eccezioni noi ne parliamo veramente molto volentieri. In questo caso l'eccezione è solo  un pour parler, ma bene che se ne parli.

L'argomento sono sostanzialmente i sotterranei dei palazzi. E la loro destinazione d'uso.

A differenza di quanto i romani pensino, Roma è tutt'altro che una città "antica" e con un costruito "d'epoca" realizzato in anni antidiluviani. Nulla di più falso. Probabilmente fatta la media degli edifici è perfino più antica Milano, per paradosso, che ha un sacco di edifici tirati su nell'ottocento o negli anni dieci e venti. Roma è più "moderna". La porzione antica è piccolissima, tutta la crescita demografica è nuova perché a differenza appunto di Milano (ma anche di Torino, Napoli, Firenze, Genova, Palermo) quando Roma ha iniziato a crescere era microscopica, spopolata, un paesone più piccola di quello che oggi è Guidonia o Pomezia. A parte una infima percentuale di edifici di epoca romana, il centro della città è pressoché settecentesco. come media (c'è qualcosina del seicento, qualcosina dell'ottocento e del novecento). Poi c'è tutta la parte costruita in occasione di Roma Capitale, a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento. Prati, delle Vittorie, Esquilino. Ma stiamo parlando una superficie di costruito che è un nonnulla rispetto alle estensioni attuali della città. Restano altri pochi quartieri realizzati prima della Seconda Guerra Mondiale e poi si passa agli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta. Significa insomma che il grosso del costruito a Roma è stato realizzato già ai tempi dell'automobile.

Sebbene realizzati dai peggiori immobiliaristi del mondo che hanno avuto a che spartire con i peggiori politici locali del mondo in un contesto con la cittadinanza meno civile del mondo, moltissimi di questi palazzi tirati su a migliaia col boom demografico della città avevano nel loro sottosuolo lo spazio per le autovetture dei condòmini. Insomma i grandi problemi di parcheggio, se la progettualità degli edifici fosse stata rispettata e non stravolta, ci sarebbero stati ma comunque molto attenuati rispetto ad oggi. I condomìni avrebbero potuto gestire ciascuno un park interrato (tra l'altro ricavandoci quanto necessario per non chiedere ulteriori rate ai condòmini) e ogni angolo di città avrebbe avuto un'offerta di sosta in struttura a prezzi ragionevoli.

Cosa è successo dunque? E' successo che ad un certo punto ci si rese conto che a Roma era facilissimo posteggiare in strada. Carreggiate enormi e inutili non attrezzate, marciapiedi microscopici per una innata mancanza di rispetto verso i pedoni, zero repressione della sosta selvaggia, zero sensibilità quanto ad arredo urbano e zero disegno delle carreggiate di qualità dunque possibilità di posteggiare in seconda fila, sui marciapiedi, in curva, sulle strisce. E ancora: scarsissima rete di trasporto pubblico di superficie su ferro (tram) e dunque poche corsie preferenziali a limitare la sosta e a dare ordine alle strade. Insomma, invece di pagare il box sotto il palazzo, le persone presero a risparmiare quei soldi e parcheggiare in mezzo alla strada e nelle piazze (si posteggiava anche a Piazza Navona o a Piazza del Popolo, trasformate in parking). Tra l'altro lo stesso potevano fare una volta arrivati - rigorosamente in auto perché quando è facile parcheggiare allora si è incentivati a prendere il mezzo privato - a lavoro perché anche lì, nei quartieri degli uffici e nella city, lo scenario era lo stesso. I parcheggi sotto i palazzi rimasero sempre più vuoti e persero valore e appeal commerciale. Se tutti possono posteggiare dovunque a cavolo di cane senza pagarne le conseguenze, il prezzo di un box regolare deperisce, diventa meno interessante: c'è la concorrenza sleale dell'illegalità e del lassismo. 
Ebbene piano piano i grandi spazi sotto i palazzi si trasformarono a partire dagli anni Settanta in palestre, discoteche, uffici, supermercati, magazzini, cantine, caffè letterari. Pochissime le autorimesse superstiti (peraltro monopolizzate da poche famiglie originarie di Abruzzo e Molise) che facendo cartello tra loro sono riuscite ad imporre prezzi improbabili, specie per la sosta oraria disincentivata a causa del lavoro necessario a gestirla. A tutto questo si è aggiunta, alimentata dalle famigghie di cui sopra, l'indole di molti finti comitati di quartiere ecologisti contrari alla realizzazione di parcheggi interrati sotto le piazze e le strade. La somma di tutti questi episodi ha generato la situazione fuori controllo di oggi. 

Uno stravolgimento urbanistico insomma che è responsabile dello schifo che è oggi Roma, visibile affacciandoci alle finestre delle nostre case. Auto e lamiere dovunque: non avviene da nessuna altra parte del mondo.

Una rivoluzione, dicevamo. Qualcuno nell'amministrazione ne sta parlando e ci sta pensando (ripetiamo: solo pensieri, niente atti; come Raggi ci ha abituato). Speriamo che vi sia il coraggio di concretizzare una azione in questo senso. Molti di questi cambiamenti di destinazione d'uso non sono regolari, in alcuni casi non sono mai avvenuti contando sugli scarsi controlli e sul lassismo. Ripristinando la legalità si potrebbero recuperare decine di migliaia di posti auto in struttura, perfettamente regolari. Per rendere questi posti auto appetibili commercialmente l'azione da fare è però solo una: rendere meno agevole la sosta gratuita in superficie. Dunque ridisegno delle strade, dunque multe, dunque tanto tanto street control per la doppia fila, nuove pedonalizzazioni e corsie preferenziali protette. 
E poi vedrete come diventa molto più conveniente chiudere derelitte discoteche e sale da ballo e rimettere al loro posto autorimesse per togliere le auto dalla superficie pubblica e infilarle laddove stanno in tutto il mondo, ovvero in strutture apposite. Su rivoluzioni (che poi sarebbero la normalità, peraltro a costo zero, anzi con incassi sicuri per l'amministrazione) come queste la speranza è l'ultima a morire...

13 settembre 2018

Scoperte della scienza: i romani parcheggiano fuori posto perché sono malati di mente

Lo abbiamo fatto di nuovo. Siamo convintissi della giustezza - seppur nella forzatura e nel paradosso, beninteso - di questo metodo per cui ci siamo tornati. Chiamiamolo il "Test di Tram Depot". Consiste in una controprova lampante che smentisce una convinzione cittadina: a Roma la gente parcheggia male perché ne ha necessità impellente e quasi non può fare altrimenti. 
Niente di più falso e meschino. Non è così. A Roma la gente parcheggia in maniera criminalesca per un semplice motivo: perché la gente è malata di mente. Punto. E il Test di Tram Depot lo conferma in pieno.


Hai una enorme disponibilità di parcheggi liberi, è tardi, i posti blu non costano nulla, sono lì, a vista. Tu hai avuto una dura giornata di lavoro dopo il complicato rientro dalle ferie. Ti concedi un aperitivo non spendendo 4 euro al barraccio all'angolo sotto l'ufficio ma in uno dei locali più belli della città, immerso nella natura e ben arredato. Per questo sei disposto a spendere di più. Per goderti il panorama, le piante, il verde, il fresco, il buon gusto che è così raro a Roma. E cosa fai: parcheggi la macchina in divieto a trenta centimetri dal tuo tavolino. Così che con il tuo drink annusi anche il fetore della tua marmitta. E' evidente come in questo atteggiamento ci siano degli scompensi psichiatrici evidenti. L'uomo è naturalmente portato a migliorare e a salvaguardare la qualità dei posti dove vive. Solo pochissime etnie godono nel peggiorare - peraltro contro il proprio interesse - il luogo stesso dove vivono. Una nevrosi che purtroppo, quanto meno da alcuni decenni, riguarda i romani. Il popolo che ha insegnato al mondo come si sta al mondo oggi è ridotto a comportarsi peggio di come ci si comporta nei campi nomadi, come ancor meno rispetto per la dignità dell'essere umano. Con ancor meno rispetto verso se stessi in definitiva. 


Non c'è "bisogno" di comportarsi male perché il contesto ti obbliga a farlo, niente di tutto questo: c'è una nevrosi mentale evidente che porta le persone a realizzarsi personalmente in funzione di quanto violano le norme. Anche, ribadiamolo, contro il proprio stesso interesse. Follia. Aiuto. 

10 settembre 2018

Video. Accampamenti lungo il fiume, gli sbandati si buttano nel Tevere. Pompieri costretti a soccorrerli

Ieri ho assistito a una scena terribile che poteva finire in tragedia, da sotto le sponde del Tevere, tra ponte Giuseppe Mazzini e ponte Sisto.
E ho tutto documentato con un mio video e delle foto a riprova di che stato di disperazione versi questa martoriata città.
Da quando con la bici faccio la pista ciclabile sulle banchine del Tevere, in vari tratti, sotto ai ponti noto delle vere baraccopoli, alcune mimetizzate tra le sterpaglie secolari altre proprio sulla banchina, visibili a tutti e quindi sotto gli occhi di milioni di persone, turisti e forze dell'ordine comprese. C'è ad esempio la bidonville presente sotto ponte Giuseppe Mazzini, il ponte davanti all'ospedale Santo Spirito e quindi a due passi da Castel Sant'Angelo. E mi meraviglio come le autorità pubbliche permettano un tale scempio e degrado.



Ieri, domenica  9 settembre 2018, nel pomeriggio pieno, mentre percorro il tratto ciclabile appunto da ponte Mazzini noto un gruppo di persone osservare alcuni vagabondi nell'altra sponda che si rinfrescano ai margini del Tevere come se stessero in spiaggia. Dopo pochi minuti sento sopraggiungere macchine della polizia, autoambulanze e vigili del fuoco e vedo una testa affiorare dalle acque a poca distanza: uno di quei vagabondi si era immerso e trascinato dalle correnti stava rischiando di affogare. Nel video che allego si vedranno anche dei disperati come lui, che osservano la scena a poca distanza.

Fortunatamente, con non poca difficoltà i vigili sono riusciti a trarlo in salvo e poi la Polizia lo ha bloccato. Ma non sarebbe il caso di far sgomberare queste tendopoli sotto al Tevere, che sono pericolosissime sia per chi ci vive sia per chi magari sta li per farci una passeggiata? 
Un paio di estati fa un ragazzo americano Beau Salomon era stato gettato proprio nel Tevere, perdendo la vita, e si scoprì erano stati dei senza fissa dimora che popolavano proprio quel tratto di fiume che scorre sotto piazza Trilussa. 

Dopo anni stiamo ancora a questo livello. Con i baraccati lungo il fiume, che si gettano nel Tevere per lavarsi o rinfrescarsi come manco più succede in India...

CRISTIANO O.


7 settembre 2018

Ecopass a Roma? Ecco come rispondere alle idiote obbiezioni di chi non lo vuole

Sulla faccenda dell'Ecopass si sta riproducendo, come sempre, il solito squallido teatrino romano che tanto male ha fatto alla città e che non è evidentemente soddisfatto dei danni effettuati fino ad oggi. Ignoranza, politici sciacalli, cittadini impauriti e completamente ignari, superstizioni a tutta callara basate sul nulla. 
Stiamo parlando di un semplice provvedimento di road pricing già applicato in molte città del mondo e, in Italia, a Milano. In Europa, a Londra. Se vuoi accedere in centro, l'area più servita, più bisognosa di tutela e più agevolmente raggiungibile coi mezzi pubblici, semplicemente paghi una tariffa, un pedaggio. Non dovrebbe essere nulla di particolarmente strano, invece apriti cielo. 
Il progetto è stato inserito nel PGTU da Guido Improta ai tempi della Giunta di Ignazio Marino (2015) e oggi viene portato avanti grazie al lavoro di Enrico Stefàno, capo della Commissione mobilità in Campidoglio. Stefàno è praticamente l'unico esponente politico dei Cinque Stelle che è rimasto fedele alle più alte ambizioni originarie del movimento inventato da Grillo: ambientalismo non preconcetto, raffronto con le migliori pratiche internazionali, attenzione al merito e alla qualità, zero ideologie. Mentre tutti gli altri pentastellati si sono trasformati in pentecatti all'insegna di clientele, collusioni, voti di scambio e una coltre sempre più spessa di continue menzogne e raggiri dell'elettorato, Stefàno ha continuato come nulla fosse a operare come se il tracollo umano e politico del MoVimento non fosse mai avvenuto. Grazie a lui dunque ci ritroviamo alcuni bricioli di buon governo in una città amministrata in maniera raccapricciante. 

Portare avanti l'Ecopass, ad esempio, è una misura sacrosanta e utilissima. L'unico problema è che viene proposta in maniera eccessivamente soft: troppe gratuità, troppe eccezioni, troppi anni da attendere prima dell'entrata in vigore. Ci vorrebbe più coraggio, ma a Stefàno tutti nel suo partito (figurati se grillioti impresentabili come Coia o Ferrara vogliono una misura di stampo europeo come l'Ecopass!) e soprattutto fuori chiedono ancor meno coraggio. Chiedono addirittura di interrompere questo progetto che potrebbe solo far del bene alla mobilità cittadina. E in parte ci sono anche riusciti: il provvedimento è stato rinviato, probabilmente ce lo siamo giocato o probabilmente verrà ulteriormente indebolito quando invece ci sarebbe bisogno impellente di provvedimenti forti e decisi. 

Vediamo quali sono le motivazioni dei detrattori e soprattutto vediamo perché sono tutte motivazioni strumentali, utili solo a fare l'unica cosa che non va fatta: lasciare tutto com'è.


1. PRIMA BISOGNA INCREMENTARE I MEZZI PUBBLICI
Questa è una tautologia. Ovvio che bisogna incrementare i mezzi pubblici, vale per tutte le città, figurarsi per Roma che è molto indietro. Ma la gerarchia degli eventi è inversa. Non è vero che bisogna prima incrementare i mezzi pubblici e poi ridurre le auto nell'area più nevralgica (e ben collegata!) della città. Bisogna fare il contrario: è vero che bisogna rinforzare bus e tram, ma per farlo è proprio sulle auto private che bisogna agire. Uno dei motivi dell'inefficienza dei mezzi è proprio l'eccessiva presenza di auto che li costringono alla congestione e ad una velocità commerciale non competitiva. Dunque l'Ecopass, indirettamente, incrementa i mezzi pubblici. E lo fa in due modi: sia riducendo uno dei principali motivi di inefficienza dei mezzi (le auto private, appunto) sia raggranellando da chi continuerà ad usare eccessivamente l'auto (chi la usa moderatamente non paga perché ci sono un tot di ingressi gratuiti) le risorse necessarie per investire ulteriormente sul trasporto pubblico locale. E' la quadratura del cerchio. Ecco perché non bisogna aspettare il 2020 a babbomorto, ma bisognerebbe avere il coraggio di agire subito. La situazione romana è così emergenziale che non si può e non si deve aspettare neanche un istante ancora per implementare misure drastiche: non c'è più tempo! Questo stato di cose ci carica miliardi (miliardi!) ogni anno di costi sociali, di inefficienze e ci costa alcune migliaia di morti in parte dovuti agli incidenti e in parte dovuti all'inquinamento. Occorre agire subito: con l'Ecopass e mettendolo assieme ad altre soluzioni che elencheremo sotto.


2. E' UNA MISURA CHE FAVORISCE I RICCHI: CHI PUO' PAGARE ENTRA
Naturalmente è vero il contrario. I poveri la macchina manco se la possono permettere, i poveri vanno coi mezzi pubblici a lavoro (quando lavorano!) e dunque non hanno che da guadagnarci. I ricchi, ovvero coloro che possiedono vetture private e sono soliti usarle smodatamente, vengono penalizzati. Peraltro con un piccolo - piccolissimo, insignificante! - obolo che va a finanziare i servizi a beneficio dei poveri. Dunque è proprio l'inverso di quanto si sente dire in giro. La misura è altamente redistributiva. Una misura di equità da applicare il prima possibile. Una misura che sposta risorse da chi usa l'auto, chiedendogli un contributo, dando risorse a chi si serve del mezzo pubblico, garantendo più investimenti. Cosa aspettiamo ad andare in questa direzione come si sta facendo in tutto il mondo civilizzato?

3. MA IO PAGO GIA' BOLLO, ASSICURAZIONE, ACCISE SULLA BENZINA
Ecco, visto che paghi tutto (per non parlare del costo dell'auto stessa, delle manutenzioni, dei tagliandi, degli pneumatici, del carburante...) non si capisce per quale motivo ti spaventi a pagare pochi euro di pedaggio. Chi sale sulla metro deve pagare un pedaggio e chi entra in centro in auto deve essere tutelato da qualsiasi esborso? Ma quando mai!? Chi è disposto a usare l'auto privata paga per tutto, ogni giorno è un salasso. E poi proprio quando si deve contribuire per la cosa più importante (rimborsare chi subisce il nostro inquinamento e l'ingombro del suolo pubblico) consideriamo il pagamento uno scandalo? Ma allora a sto punto pretendiamo che i distributori eroghino gratis il carburante, del resto è un diritto la mobilità no!? E allora perché pagare la benzina... Va da se che il diritto a muoversi gratis con l'auto privata "perché già pago tante tasse" è una scemenza sesquipedale...

4. SERVE SOLO AL COMUNE PER FARE CASSA
Ah si? Beh, bene! Cosa c'è di male a fare cassa quando si parla di una amministrazione pubblica? Anzi, il ruolo stesso di una amministrazione è fare cassa per avere poi risorse da utilizzare per dare servizi. L'enorme problema di Roma è proprio che la città non ha mai fatto cassa come invece sarebbe stato necessario fare. Fare cassa con cosa? Ma ovviamente con l'unico grande cespite (oltre alle società municipalizzate) che un ente locale possiede: il suolo pubblico. Il suolo pubblico da problema si deve tramutare in opportunità e risorsa economica: così si modula il buon governo di tutte grandi metropoli occidentali. Spiagge, tavolini all'aperto, sviluppo immobiliare, sottosuolo (parking interrati), cartellonistica, ambulanti, parcheggi blu sono tutte cose che devono consentire al Comune di "fare cassa". Fare cassa è la strada giusta, non farlo è criminogeno. Il Comune di Roma, corrotto e inefficiente da sempre, ha preferito negli ultimi cent'anni fare diversamente: si consente ai privati di fare cassa e così la cassa non la fa il Comune si tolgono risorse a tutti e ai servizi per chi ne ha bisogno e si danno a pochi imprenditori senza scrupoli ammanicati con la politica. Di più: i privati, per riconoscenza, pagano o in qualche maniera remunerano sottobanco i rappresentanti istituzionali che consentono questo scempio che ha anno dopo anno generato povertà, declino, depressione economica, debiti pubblici mostruosi.
Insomma, il Comune deve fare cassa. Ogni volta che può. Con l'Ecopass, che comunque è un fare cassa blando perché le tariffe sono bassissime, la cassa fatta è davvero benvenuta: si drenano risorse da chi usa i mezzi privati e le si dirottano verso chi usa i mezzi pubblici, diminuendo il tasso di inquinamento dell'aria per tutti quanti. In più si incassano anche soldi che saranno utilizzati per dare servizi a chi non se li può permettere di tasca sua. Una misura di equità come abbiamo detto: perché se le istituzioni pubbliche fanno cassa è sempre una buona notizia per tutti, specie per i più deboli. 

5. SE PIU' GENTE SI RIVERSERA' SUL TRASPORTO PUBBLICO, I MEZZI SARANNO ANCORA PIU' AFFOLLATI
Ma no, non necessariamente. Chiaramente tutto andrà calibrato e misurato. Ma il rischio di sovraffollamento sui mezzi a causa di un maggiore ricorso al mezzo pubblico potrà essere disinnescato facilmente: se ci sarà più gente sui mezzi significa automaticamente che ci sarà meno gente fuori dai mezzi; dunque meno vetture; dunque più spazio per i mezzi stessi. Che con lo stesso materiale (lo stesso numero di autobus, o di tram) potranno erogare più chilometri di servizio. Insomma il "tempo di giro" di un singolo autobus si riduce e nell'arco della giornata lo stesso mezzo passa più volte perché incontra meno ingorghi, meno congestione, meno auto in doppia fila parcheggiate sul suo percorso.

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E' chiaro che tutto questo va affiancato con un concetto di rete e di sistema ad altre importantissime misure. In primis un'attività a tappeto sulle corsie preferenziali. Il Comune anche su questo (e sempre grazie a Stefàno bisogna dirlo) è partito ma la velocità deve essere 10 volte tanto. Quando si accende l'Ecopass i percorsi dei bus devono essere rigorosamente protetti in modo tale da dare una vera e credibile alternativa a chi deciderà di passare dall'auto al trasporto pubblico. Poi si dovrà rinforzare il controllo in maniera radicale (se si continua ad accettare che sull'autobus salga chi non ha il biglietto avremo sempre autobus affollatissimi di scrocconi). Poi si dovrà agire sulla sosta selvaggia. Sennò si rischia che chi entra, pagando, nell'Area C romana si sentirà titolato ancor più di quanto non faccia oggi a parcheggiare dove gli pare: "aho ho pagato e mo nun me rompercatzo". Bisogna dunque ventuplicare le pattuglie dello street view, chi posteggia in doppia fila e in divieto deve avere la ragionevole sicurezza di prendere contravvenzioni a raffica, anche più di una al giorno. 
Poi si dovranno ripensare percorsi e fermate delle linee, anche questa cosa in parte si è fatta ma non si possono dare pillole omeopatiche ad un malato terminale di tumore: bisogna tentare con una radicale chemioterapia per vedere se si riesce a salvare il salvabile. Qui stiamo morendo male e vogliamo la chemioterapia. La vogliamo subito. 

PS. Diteci le altre ridicole obbiezioni che avete sentito in giro sull'Ecopass, le aggiungiamo alla lista qui sopra e ci mettiamo la risposta più sensata da dare. 

6 settembre 2018

Sull'Appia nasce un nuovo progetto immobiliare ma il degrado lo sommerge

Con gli appendi abiti illegali delle bancarelle abusive che impediscono l'ingresso nell'ufficio vendite. Così sono costretti a lavorare coloro che ancora a Roma investono nell'immobiliare e nelle costruzioni, settore economico basilare per la crescita di qualsiasi città e a Roma praticamente fermo per i motivi, tra i mille altri, che si possono facilmente intuire in questo raccapricciante filmato.


Un nuovo progetto immobiliare potenzialmente interessante (al netto della banalità anni Ottanta dell'architettura proposta) che è costretto a operare in questo contesto. L'iniziativa dell'Opificio Appio ha delle potenzialità serie: non si tratta dei soliti palazzinari romani i cui nomi ci sono ben noti, bensì di un investimento immobiliare del fondo Igea di Prelios sgr, gente grossa e gente seria che fa operazioni milionarie in tutta Europa. Ma solo qui si trovano a lavorare in condizioni simili, immersi in un degrado che è difficile da trascrivere, per il quale abbiamo finito da tempo gli aggettivi. 


Chi ci scapiterà? I clienti che alla fine compreranno ad un prezzo elevato una casa in un contesto da vomito? O gli imprenditori che alla fine saranno costretti ad abbassare i prezzi pur di vendere qualcosa e dunque tagliare i guadagni previsti e, dunque, smettere in futuro di investire a Roma? L'unica cosa certa è che questo stato di cose determinerà una conseguenza nefasta, per gli attori coinvolto e per tutta la città. Non è la prima volta che ci occupiamo di faccende di questo tipo, ma del resto è così in tutta Roma il quadro. 

5 settembre 2018

Finita l'estate sul Tevere, restano i ruderi della manifestazione abbandonati












































Ieri, martedi 4 settembre 2018, ho fatto una passeggiata in bici sulla pista ciclabile (o quella che dovrebbe essere una pista ciclabile), da sotto Castel Sant'Angelo fino a sotto il ponte Sublicio adiacente Porta Portese.
Ebbene con stupore ho visto come malgrado siano già 4 o 5 giorni che la manifestazione è finita, resta un vero letamaio a cielo aperto, abbandonato fra gli ex tendoni della Festa con pochi operai al lavoro in mezzo al degrado assoluto. Tra travi di legno, lavandini abbandonati, secchioni ricolmi, bici devastate, tendoni pericolanti, rifiuti alimentari e chi più ne ha più ne metta. Nessun limite allo schifo.
Naturalmente le foto che allego non posso testimoniare il tanfo che si diffonde nell'aria...
Mi chiedo quando le sponde del Tevere saranno ripulite definitivamente da questo immondezzaio e noi ciclisti, runners o semplici pedoni potremmo tornare a fare una passeggiata in maniera più civile...
Lettera firmata