E per fortuna nel deserto e nella sciatteria qualcuno lotta contro questi mostri di plance elettorali

31 marzo 2016

Cara Romafaschifo, vorrei che non passasse inosservato il fatto che le antistoriche plance elettorali (bandoni di lamiera arrugginita) massacrano ulteriormente i nostri poveri marciapiedi. Sono sostenute da tubi Innocenti (loro sì ma non chi le installa) conficcati nel marciapiede e fermati da cunei di legno.



Per questo ho presentato una mozione urgente (in discussione il 31 marzo) che richiama un odg che ho presentato nel 2014 e che ripropone una proposta di risoluzione che ho presentato nel 2012. Gli ultimi due doc sono stati approvati all'unanimità in II Municipio. I cittadini denunciano, il consiglio approva e il Prefetto latita. Continuiamo a farci del male e a rimanere nella cultura della comunicazione politica alla "Vota Antonio".
Alessandro Ricci - consigliere della Civica per Marino al II Mucinipio



*Una osservazione facile facile: queste mostruosità esistono esclusivamente perché Roma è drammaticamente non governata; quando lo è, poi, è governata malissimo. Altrimenti, come in altre città, schifezze simili sarebbero state archiviate. Politici inetti, dirigenti incapaci, svogliati, fancazzisti e corrotti hanno delle conseguenze dirette sulla vostra vita. Vivi e lascia vivere non funziona, mettetevelo bene in testa; chi si fa gli affari sua torna sano a casa sua non funziona; presto a casa vostra col caxxo che ci tornerete sani. E forse non troverete neppure più la casa. Date retta.
-RFS

I lavori di riqualificazione di Piazza Venezia e il perché sono una fregatura terribile per tutti


Non vogliamo neppure entrare nel merito se i lavori in corso siano fatti bene o male, non vogliamo neppure commentare se i nuovi sampietrini reggeranno o se, come per i lavori precedenti (perché qui si interviene periodicamente ed ogni volta è uno spreco di risorse siderali per le casse della città e dunque per tutti i cittadini), tutto andrà perso nel breve volgere di qualche settimana. Neppure, esageriamo, vogliamo metterci a dibattere su sanpietrini si o sanpietrini no (si è scelto per i sanpietrini sì, senza un ragionamento però, giusto perché "prima era così"). 


La cosa grave qui è un'altra. La cosa grave non è neppure il fatto di aver fatto partire i lavori senza avere i soldi. Renzi, per ricattare Marino, li aveva promessi a chi sarebbe arrivato dopo di lui peccato che poi neppure quella promessa ha mantenuto e i fondi del Giubileo non sono di fatto mai esistiti (il governo darà soldi aggiuntivi alla città solo se ci sarà qualcuno che Renzi potrà manovrare direttamente, questo è ormai chiaro) e così Piazza Venezia non si riqualifica, si riqualifica solo qualche pezzetto della piazza, a macchia di leopardo. E dio solo sa quanto sono inutili i lavori stradali che non hanno organicità. 

La cosa grave, ragionamento che non troverete su nessun organo di stampa e in nessun comunicato stampa di politici o potenziali candidati sindaci, è mettere di nuovo mano a Piazza Venezia senza cambiare morfologia ai flussi della piazza. Senza rendere più fruibile l'attraversamento ai pedoni, che vivono l'esperienza come un incubo da raccontare sui social network e da recensire nei siti turistici. Piazza Venezia è poi lo spauracchio dei ciclisti che, in gran numero, ci passano ogni giorno. Piazza Venezia è pericolosa, mal pensata, disegnata come se fossimo nel boom della mobilità automobilistica degli anni Sessanta. Metterle mano senza riprogettarla è un assurdo, uno spreco di denaro che dovrebbe chiamare in causa la Corte dei Conti. E invece...

Nel frattempo a Parigi - città non meno di Roma dotata di mega piazze inaffrontabili dai pedoni e dai tanti ciclisti (si pensi a Bastiglia o a Concorde) - la sindaca Anne Hidalgo proprio a questo sta pensando. Il suo mandato verrà ricordato esattamente per le piazze: ne ha prese 7, tra le più enormi e mitiche della città, e le modificherà tutte in maniera radicale (qui i progetti) all'insegna della pedonalità della riduzione degli enormi e inutili spazi lasciati nei decenni passati alle auto, della ciclabilità. A Parigi si sono accorti che gli Anni Sessanta e Settanta sono terminati. Un approccio moderno e grandioso che prende abbrivio da altre esperienze eccellenti di New York di cui abbiamo parlato pochi giorni fa. Tutti si muovono, qui si manutiene il degrado e il vecchiume più allucinante e inaccettabile. Coi soldi di tutti e col debito che pagheranno i nostri figli condannati non solo ad una vita da poveri, ma in un contesto fetente e invivibile. 

A Roma l'industria di riferimento è l'illegalità. Un brano dal nuovo libro di Antonio Galdo

30 marzo 2016

Pubblichiamo in esclusiva alcune pagine del terzo capitolo, quello ovviamente dedicato alla corruzione, del nuovo libro di Antonio Galdo appena uscito per la collana Passaggi di Einaudi. Galdo è un nostro lettore e con piacere ospitiamo questa sua lettura giustamente severa della città (in un libro che non parla solamente di Roma). Ecco il brano.


...Ma la corruzione così dilagante chiama in causa anche un elemento che non riguarda né la politica, né l’economia, né la pubblica amministrazione. Ed è l’eclissi del valore dell’onestà. È una parola diventata desueta, fuori moda, talvolta perfino disprezzata. Già nel suo significato etimologico l’onestà non è solo non rubare, non frodare, non corrompere: è anche, come ci segnala la vicinanza tra onestà e onore (ftonestus, diceva Cicerone, è l’uomo degno di onore), avere a cuore la propria reputazione, non come immagine e marketing ma come natura, essenza e identità della persona. Nel mondo anglosassone, ftonest è anche colui che dice la verità, nella vita pubblica e nella vita privata. Ed è per questo che gli americani e gli inglesi sono inflessibili di fronte al politico, e in generale all’uomo con responsabilità pubbliche, che dice bugie. Vale per il contribuente infedele, che racconta menzogne al fisco, come per il senatore che nasconde la verità al suo elettorato. Per il bugiardo non c’è scampo, e questo a prescindere dalle sanzioni e dal prezzo che si paga per una bugia: c’è prima il rischio di restare isolati da un punto di vista sociale.
L’etica ormai perduta ha modificato perfino i connotati antropologici degli italiani, o almeno di una parte importante di cittadini. Il nostro benessere, riconosciamolo, lo abbiamo conquistato anche grazie a una forte dose di illegalità mai contrastata, dall’evasione fiscale all’uso scorretto del denaro pubblico, e piuttosto assecondata dal ceto politico. Ma una volta diventati un popolo di benestanti, con un ceto medio tra i più ricchi d’Europa, gli italiani sono scivolati gradualmente nell’assuefazione alla corruzione. Il caso di Roma è emblematico. Se la somma delle inchieste giudiziarie fosse riconducibile, come lascia intendere la semplificazione di un titolo giornalistico, «Mafia capitale», a un problema di bande criminali che hanno allargato la loro sfera di influenza nella politica, nell’economia e nell’amministrazione pubblica, allora il problema sarebbe meno grave. Si tratterebbe di una questione di ordine pubblico, di sicurezza, da reprimere con i mezzi a disposizione dello Stato, dalle forze dell’ordine alla magistratura, come avviene in molte città del Nord Italia dove la malavita organizzata ha investito, esattamente come nella capi- tale, i suoi soldi sporchi. Non è cosí, purtroppo.
La verità è che Roma è diventata una company town, dove l’industria di riferimento è quella dell’illegalità, a tutti i livelli. E attorno alle sue disparate attività si è formato un ceto sociale trasversale dominato dai faccendieri, o anche facilitatori, che vivono e agiscono in una fitta rete di relazioni e di complicità, esercitando spesso puro trading, dal permesso alla licenza, dall’appalto al favore. Il faccendiere ha molti volti che ci riportano alle pagine della letteratura: è il truce malvivente, con precedenti penali, che sembra uscito da un racconto di Charles Dickens; ma è anche il politico untuoso, di buone maniere, dispensatore di nomine e di incarichi, il prelato spregiudicato e carrierista, che ricordano la parte peggiore dell’Inghilterra vittoriana dei romanzi di Anthony Trollope. È il giovane rampante e arrivista, che riesce a scambiare favori perfino nei circoli sportivi; la damazza del salotto degli intrighi, dove c’è sempre chi paga il conto per averne poi vantaggi nel tempo; il professionista improvvisato, che si presenta come avvocato o commercialista, e non fa altro che imbastire affari opachi, senza alcuna competenza; l’esperto di pubbliche relazioni, capace di sconfinare nelle sabbie mobili di qualsiasi palazzo del potere; il dirigente in carriera, che scala le aziende controllate dallo Stato nel nome di un teorico interesse collettivo e sotto la protezione del politico di peso: sono personaggi scolpiti nelle pagine dei libri di Honoré de Balzac. Un tempo, questo blocco sociale era minoranza, anche isolata dal punto di vista sociale e bollata come il «generone romano». Oggi è una maggioranza che nessuna inchiesta giudiziaria, da sola, potrà mai scardinare, senza l’anticorpo determinante di una classe dirigente responsabile, in grado di rappresentare l’argine sociale all’illegalità. Una classe dirigente della quale Roma è da anni orfana.

Un’amica che ha lavorato per diverso tempo come responsabile della segreteria di una delle piú famose scuole private straniere della capitale, mi ha raccontato il suo problema ricorrente con il ceto dei faccendieri. All’inizio di ogni anno, al momento dell’iscrizione dei loro figli nella scuola, si presentavano in segreteria con buste bianche cariche di biglietti da 500 e da 100 euro. Pretendevano di pagare in contanti, in nero e in anticipo, tutte le rette dell’anno scolastico. Dovevano, evidentemente, riciclare denaro sporco. E la mia amica era in imbarazzo, perché doveva spiegare ai faccendieri che la scuola straniera non avrebbe mai potuto accettare versamenti cosí anomali, in banconote di grosso taglio e senza una ricevuta. Qualcuno, di fronte a questa difficoltà, arrivava perfino a ritirare il figlio e iscriverlo in un’altra scuola. L’industria del magna magna, combinata con una cattiva amministrazione, ha trascinato la città al collasso civile, facendo sentire tutti intoccabili complici della corruzione, in un vortice di scambi dove ciascuno ritrova il proprio angolo di convenienza. Le licenze commerciali, come per poter aprire un dehors, si conquistano distribuendo mazzette, e il commercio abusivo non è tollerato, ma protetto: intanto solo quattro negozianti o esercenti su dieci battono regolari scontrini degli incassi. 

Un sondaggio della Commissione europea colloca Roma all’ultimo posto fra le capitali europee per quanto riguarda l’efficienza dei servizi. In otto anni l’Atac, la prima società italiana del trasporto locale, sommersa da assunzioni clientelari che hanno portato il suo organico a 12 000 dipendenti, ha accumulato perdite per 1,22 miliardi di euro, con 2500 mezzi, la metà dei quali non esce dai depositi: intanto a Roma un passeggero di autobus e tram su tre non paga il biglietto (a Milano i «portoghesi» sono appena lo 0,9 per cento dei viaggiatori). Il traffico è infernale. Ottocento vigili si sono assentati, in blocco e abusivamente, il 31 dicembre 2014, la sera dell’ultimo dell’anno; però è anche vero che decine di migliaia di automobilisti romani hanno ottenuto il permesso per circolare e parcheggiare nel centro storico con una documentazione da falsi invalidi. Le strade sono ovunque ricoperte di buche, il rischio di incidenti è altissimo, e la manutenzione non esiste nonostante il budget disponibile sia di 15 milioni di euro l’anno. In ogni circoscrizione, come ha accertato la Procura della Repubblica, esistono gruppi di ditte che monopolizzano gli appalti per la sistemazione del manto stradale. E lavorano in questo modo: vincono la gara truccata con il solito meccanismo del «massimo ribasso» oppure ricevono l’incarico a trattativa privata, poi iniziano i lavori, che fanno durare il piú a lungo possibile per aumentare i costi a colpi di revisioni in corso d’opera, e intanto risparmiano sulle spese mischiando sabbia e cemento di pessima qualità. Poche settimane dopo la consegna della strada, le buche ricompaiono, il manto di asfalto torna a cedere. E si ricomincia. Roma è sporca, sporchissima, con discariche controllate dai potenti ras dell’immondizia e con i camion dell’Ama, l’azienda comunale che si occupa della rimozione (7800 dipendenti), che girano a scartamento ridotto. Però è anche vero che a insozzare strade, marciapiedi e giardini pubblici, sono loro, i cittadini romani. Ogni anno nella capitale vengono gettate a terra, ovunque, 2 miliardi e mezzo di cicche di sigarette (altro record fra le capitali europee), e sempre nelle strade finiscono migliaia di tonnellate di pannolini. Chi spegnerebbe mai una sigaretta sul tappeto nel salotto della propria abitazione? Il comune non riesce a incassare 960 milioni di euro di multe, che pure a Roma fioccano come la neve in inverno sulle Dolomiti: la magistratura ha scoperto vere e proprie bande trasversali, con vigili, dipendenti dell’amministrazione e professionisti, specializzate nella cancellazione dei verbali. La tariffa è pari al 20 per cento della multa non pagata ed eliminata.
La corruzione, per essere davvero contrastata, ha bisogno di anticorpi nella società, prima ancora che di poche e chiare leggi: non quella sorta di guazzabuglio e di bulimia legislativa che in Italia consente a tutti di trovare sempre la scorciatoia, la fuga, la via d’uscita dalla legalità. E serve una macchina della Giustizia che funzioni, in grado di fare sentire i cittadini onesti almeno tranquilli sul fatto che chi sbaglia, paga.

Video. Come se niente fosse. Dopo la grande retata tutto come prima sui tavolini ai Fori Imperiali


Vi ricordate? E' passato pochissimo tempo: era il 9 marzo scorso. E finalmente, dopo decenni e decenni, qualcuno si accorse che i dehors dei ristoranti a Largo Corrado Ricci, affacciati sui Fori Imperiali, alle spalle del Foro di Nerva, sulla Basilica di Massenzio, erano totalmente abusivi. 

Largo Corrado Ricci è il crocevia paesaggistico, urbanistico, architettonico più significativo del mondo. Connette l'area archeologica urbana più strabiliante del pianeta con i vicoli e le torri medievali di Monti e con la Roma umbertina di Via Cavour. A metà strada tra Piazza Venezia e Colosseo. Un unicum planetario che dovunque sarebbe un salotto, un gioiello. Qui è una fetecchia di spiazzo utile a fare le inversioni a U con la macchina, con le transenne in metallo provvisorie da due anni ovvero da quando i Fori sono diventati pedonali, con auto e furgoni parcheggiati dovunque perché l'arredo urbano è zero e nonostante l'ampiezza dell'area non esistono i marciapiedi, con le torri medievali transennate e abbandonate, con i ristoranti dal cibo ignobile e, appunto, i dehors abusivi e poi i benzinari con la Porsche del titolare parcheggiata dentro alla stazione di servizio. Uno scenario da quarto mondo che finalmente poteva un minimo cambiare. 

Esultammo infatti quel 9 marzo quando venimmo a sapere che qualcuno nella Polizia Municipale si era svegliato (o qualcuno aveva smesso di ungere, o chi veniva unto era andato in pensione, chissà...) e aveva sequestrato tutto. Ci scrivemmo pure un articolo esaltando il lavoro dei Vigili

Dopo qualche giorno tutto tornò come prima, salvo un dehors che risulta ancora sequestrato. Il video è già vecchio di un paio di settimane. Tutto come sempre: ettari di pergolato come se fossimo in qualche osteria della Sabina negli anni 60. Tavolini consentiti? Ombrelloni regolamentari? Nulla di fatto. Ci avevamo quasi creduto. 

Giachetti: "diventerò avversario dei miei compagni di partito che faranno affissioni abusive e li sputtanerò"

29 marzo 2016

Ah quanto ce piace Giachetti quando fa il radicale. Ah quanto ci sarebbe bisogno di radicali veri e con le uallere sotto in questa città (basti vedere ciò che è stato capace di fare da-so-lo il buon Riccardo Magi nella scorsa consiliatura). Intanto ci portiamo a casa e ci salviamo sul nostro canale Youtube questo filmatino risalente alla scorsa settimana nel quale Roberto Giachetti fa un attacco preventivo ai suoi compagni di partito che decidano di fare come al solito, ovvero di incartare la città di affissioni abusive per raggranellare qualche voto di preferenza al fine di esser eletti all'Assemblea Capitolina o ai Consigli Municipali.

Un bel filmato che potremmo ritirar fuori ogni qualvolta che un candidato del PD oserà insozzare la città. E per insozzare la città non intendiamo solo spazi privati, muri di palazzi e monumenti. No. Anche i bandoni elettorali. Non tutti sanno, infatti, che ogni bandone verticale ha un suo numero e solo quel numero è destinato al candidato o al partito. Non si può, insomma, fare come si fa a Roma che arriva la ditta furfantesca pagata da dato candidato e, per fare le cose pulite, imbratta "soltanto" i bandoni, coprendo tutti gli spazi, saturandoli, magari oscurando chi correttamente occupa il proprio posto e solo quello. Anche questa è stata in anni passati una meritevole battaglia radicale che già oggi risulta persa: i bandoni elettorali in città sono pieni (la foto è di stamattina, Rione Aventino!) di zozzerie diffuse su tutto lo spazio disponibile. Ci auguriamo che Giachetti, insomma, faccia il radicale fino in fondo su temi come questo. E che dimostri realmente di aver compreso la lezione come lucidamente dice.


Al di là delle tante critiche dure che gli abbiamo rivolto in queste settimane e delle altre che senza dubbio gli rivolgeremo occorre sottolineare alcuni elementi di coraggio in questi primi vagiti di (pessima) campagna elettorale. Giachetti non solo toglie ai potenziali candidati la forza dell'abusivismo (spesso in passato utilizzato come merce di scambio dai mafiosi: "quanti manifesti te devo attaccà?"), ma dichiara fin da ora che nessuno dei candidati all'Assemblea sarà assessore e che anzi gli assessori saranno resi noti prima del voto, in modo che la squadra una volta eventualmente vinte le elezioni si possa mettere a lavoro all'istante e che non sia frutto delle negoziazioni tra le micidiali correnti del PD. Una prova di forza che mette in relazione il candidato sindaco direttamente con i cittadini e la città, bypassando a pié pari la feccia del partito romano evidentemente considerata tale anche da Giachetti stesso. Buoni segnali, in attesa di vedere i nomi di questa squadra: già che la fai senza dover dar retta agli orfiniani, ai marroniani, agli sbardelliani e a chi più ne ha più ne metta allora tanto vale farla bene per davvero...

Case popolari regalate a chi occupa. L'autentico scandalo cheZingaretti è riuscito a tenere sotto silenzio


Grossi investimenti della Regione per la (presunta) emergenza abitativa e un terzo di questi sottratti a chi da anni (a volte decenni) aspetta il proprio turno e regalati a chi invece ha occupato illegalmente. Così, grazie alla Giunta Zingaretti, per la prima volta (e caso unico in Italia, fino al punto da fare scandalizzare anche buona parte del PD nazionale) occupare immobili pubblici e privati si trasforma da reato a requisito utile per ottenere diritti. Di fatto una istigazione a delinquere per chi viola proprietà altrui. Ma d'altronde i movimenti e gli occupatori di professione spostano una tale quantità di voti che tanto vale farseli amici, specie se poi si riesce a farla pulita riuscendo a ottenere che la stampa faccia passare sotto silenzio una notizia che dovunque in Italia e in Europa avrebbe fatto scoppiare settimane di polemiche. A Roma no. Il silenzio. Succede un fatto di questa gravità e stanno tutti zitti e mosca. Sta zitta l'opposizione in Regione (la cosa è semplicemente inquietante e la dice lunga sul consociativismo che regna alla Pisana e a Via Cristoforo Colombo), stanno zitti tutti i giornali, tacciono tutti i siti. Parla solo un giornalista, Vincenzo Bisbiglia de Il Tempo, unico osservatore  a quanto pare dotato del coraggio necessario di mettersi di traverso allo strapotere di movimenti&occupatori e loro referenti nel palazzo.



Ecco perché l'unica cosa sensata che ci è sembrato giusto fare su questa questione incresciosa è invitarvi a leggere l'articolo di Bisbiglia uscito sul Tempo qualche giorno fa. La questione è molto semplice: la Regione ha deciso che occupare immobili è un requisito non per perdere la priorità nell'assegnazione delle case popolari - come sarebbe corretto - ma al contrario per guadagnare punti. Nelle delibere, che abbiamo avuto modo di leggere pur se con più di un conato di vomito, c'è addirittura una lista di ben 79 immobili occupati a Roma i cui occupatori, invece di essere considerati dei fuorilegge e dei furbi, sono considerati meritevoli di maggiore attenzione rispetto a chi ha aspettato pazientemente il proprio turno. Voto di scambio e ricatto: la delibera scaturisce da una minaccia ripetuta, costante e continua da parte dei movimenti durata due anni ad opera diretta degli avanzi di galera che i movimenti capeggiano e culminata, come vi ricorderete, fino all'occupazione di una chiesa - Sant'Andrea delle Fratte - nello scorso mese di febbraio. In questi anni Fabio Refrigeri, assessore alla casa della regione, ha incontrato molto di più i pregiudicati dei movimenti rispetto alle persone oneste, ai padri di famiglia che fanno sacrifici, agli operai che si indebitano per 30 anni di mutuo pur di potersi permettere una casetta senza violare le norme. In una Regione dove sempre di più gli onesti sono coglioni e i criminali furbi rispettabili. Nell'unica Regione europea in cui l'indigenza è considerata come una malattia ereditaria, da portarsi di generazione in generazione, come se fosse qualcosa da considerare a prescindere, qualcosa da cui non si può (in realtà non si vuole) uscire. Intanto in città continuano ad esserci decine di migliaia di posti di lavoro che non si riescono a coprire perché troppo scomodi, troppo faticosi, troppo... lavoro. Chiedete ai panifici, per dire. Ma loro non si possono mica svegliare presto per andare a lavoro al mattino eh. Presto ci si svegliano i tanti cittadini che sono andati a vivere nell'hinterland pur di stare dentro le leggi, mica quelli che hanno occupato uno stabile a Via di Santa Croce in Gerusalemme o a Viale Carlo Felice, nel cuore del Primo Municipio!

Dopodiché la Regione ha ceduto alla forza di questa nuova e particolare forma di mafia. Uno scempio nazionale sul quale tutti hanno taciuto. Tutti meno che i Movimenti per la lotta alla Casa, che così hanno commentato esultando: "la Regione Lazio ha approvato un atto di grandissima importanza per il presente ed il futuro della Capitale. Grazie alla tenace resistenza ed alla incessante lotta dei movimenti per il diritto all’abitare che in questo tempo non hanno mai mollato la presa". Inquietante. Di segno opposto le dichiarazioni dell'Unione Inquilini che "si dichiara “scandalizzata” da quanto deciso da una Giunta che sino a ieri si è dichiarata paladina della legalità, e che oggi dà uno schiaffo alle migliaia di cittadini che, credendo nella legalità, hanno presentato la domanda per avere una casa popolare ed ora si vedono scavalcate da nuclei familiari che hanno quale unico titolo quello di aver occupato un immobile. Dopo leggi ad personam,  leggi ad banchem, la regione Lazio si è inventata le Leggi ad occupandum, modificando la legge Regionale che non permetteva di questo scempio!". Speriamo che queste realtà abbiano la possibilità e la forza di opporsi e di ricorrere contro una delibera che è in tutta evidenza illecita, anticostituzionale, illegale, criminogena. Dove non arriva la politica, dove gli amministratori si fanno ricattare dai prepotenti (basti vedere il livello di violenza nei profili twitter), arrivi la magistratura a fermare sfregi normativi mai visti e umilianti per tutte le persone civili. Nel frattempo, ovviamente, continuano minacce, insulti, aggressività, prepotenze e violenze e cento altre manifestazione da parte di un'area per la quale Zingaretti appare ormai come un mito liberatore. Perché ora si tratta di far sì che il Comune di Roma attui la delibera-vergogna, e saranno pressioni a tutto spiano.




Ma non si può meravigliare chi segua con un minimo di attenzione il preteso "buon governo" Zingarettiano in regione. Dietro ad un paravento fatto di belle parole tipo "start-up", "innovazione", "finanziamenti europei", con una straordinaria abilità mediatica chi amministra la Regione sta riuscendo da tre anni ad eludere tutte le questioni nodali sviando su faccende marginali. 

Le grandi partite che sono in capo alla Regione sono essenzialmente la sanità, i trasporti pubblici locali, i rifiuti, il commercio e la casa. Sulla casa abbiamo detto e siamo ad un livello inquietante e inedito. I rifiuti sono al medioevo; i trasporti umiliano ogni giorno milioni di pendolari, anche lì favorendo i furbi visto che chi non paga ed evade è bene accetto. Sul commercio la Legge Quadro è ovviamente ferma, da due anni, in Commissione Commercio. Non si muove foglia sul provvedimento che potrebbe finalmente modernizzare, dare strumenti ai comuni, permettere a comuni come quello di Roma di non essere sotto lo scacco di un commercio ambulante abominevole e inimmaginabile altrove. Se Roma è ricoperta di bancarelle vomitevoli, se questo fa fallire centinaia di negozi al mese e se neppure il sindaco più capace potrà spostarle è colpa della Regione Lazio che in merito ha in passato approvato leggi assurde e che dichiara di volerle modificare senza però in realtà farlo. E poi c'è la sanità, ma per quello basta entrare in un pronto soccorso o leggere i dati sul debito e sull'efficienza. Ma se Zingaretti va ad inaugurare una saletta ridipinta di qualche ospedale si mobilitano le troupe, se invece lascia in abbandono il Forlanini o se invece il Lazio continua ad essere una delle peggiori regioni d'Italia sotto ogni punto di vista sulla sanità nessuno imbastisce riflessioni. 

Oggi Roma è ingovernabile anche perché il Lazio le fornisce un quadro normativo entro il quale è impossibile muoversi; quadro che nessuno vuole adeguare ai tempi scontentando le lobbies. 
Una manipolazione dei media micidiale che ricorda il miglior Veltroni e che ci fa porre una domanda: ma Zingaretti non guadagnerebbe più voti e più potere facendo le cose per bene e pubblicizzandole a dovere invece di farsi avvinghiare dalle lobbies aggiungendo uno sforzo gigantesco affinché la verità filtri in maniera edulcorata sui media? Sforzo per sforzo, non sarebbe più interessante sforzarsi per amministrare come si deve liberando sul serio il Lazio dalle cricche che l'uccidono?

Video. Via Nazionale emblema di come non gestire lo spazio pubblico. Una strada abbandonata

28 marzo 2016

Ci siamo talmente abituati a questo stato di cose che una strada importante come Via Nazionale lasciata nel più totale abbandono e sciatteria non ci stona neppure più di tanto. Voragini nel selciato, sampietrini divelti, corsia preferenziale con segnaletica sbiadita o scomparsa del tutto. Tutta la parte dedicata ai mezzi pubblici invasa da auto in sosta illegale e bus&taxi costretti a morire in mezzo al traffico erogando così un servizio profondamente scadente a chi lo paga con tasse e ticket. 

Questo è Via Nazionale. La puoi sistemare semplicemente mettendo un serio cordolo ambo i lati (ma specie sul lato destro) ma questa semplice mossa non si compie. Cambiano le amministrazioni e il minimo sindacale di arredo urbano necessario non viene installato, anzi spesso (è successo con Alemanno) viene divelto e smantellato. 

Che intenzioni hanno i candidati sindaco su questa strada? Sarà significativo spulciare i programmi a riguardo. 

Qui morì una donna a causa delle macchine sulle strisce. Ecco la situazione un mese dopo

26 marzo 2016


In data 2 marzo un'anziana è stata investita e uccisa in Piazza San Donà di Piave a causa della sosta selvaggia sulle strisce pedonali. La situazione è rimasta uguale (vedi foto), benché a 100 metri in Via Adria di parcheggi ce ne siano a decine (vedi foto qua sotto). Che cosa vi costa parcheggiare in via Adria? Volete la macchina sotto il portone? Volete vederla dalle finestre?
Fabrizio

*Fabrizio, come ampiamente dimostrato dal nostro post di stamattina, la malattia tutta romana per la maghena non ha confini e limiti. Questo post lo dovevamo alla povera Anna Maria Racaniello e ci aiuta a contestualizzare anche quello che abbiamo scritto stamani su Viale Palmiro Togliatti. Invitiamo anche qui tutti i cittadini della zona a inviare più segnalazioni possibili sulle vetture parcheggiate sulle strisce. Così al prossimo morto ci sarà una responsabilità in chi non multa.

Roma è sempre stata una città meschina e si è sempre detto che per smuovere qualcosa era necessario che "ci scappasse il morto". Da qualche anno non è più così. Un morto ammazzato non porta neppure al rifacimento delle strisce pedonali, lasciate sbiadite e cancellate. Non c'è posto al mondo dove il disprezzo della vita umana arriva a questi limiti ignobili e infami.




"Diritto a parcheggiare in sosta selvaggia sulla Togliatti sennò blocchiamo tutto". Sistemiamoli con IoSegnalo


Molto interessante, seppur da analizzare con attenzione, la notizia apparsa ieri su RomaToday riguardante le proteste di un sedicente Comitato di Cittadini che richiedeva a gran voce la possibilità di continuare a parcheggiare auto in divieto di sosta minacciando in caso contrario manifestazioni e proteste.

Ormai nulla di nuovo in una città dove ci si avventa contro i Carabinieri che arrestano gli spacciatori e dove i genitori manifestano per tutelare il diritto per i figli minorenni di drogarsi come fiidenamignotta a scuola invece di studiare e costruirsi un futuro dignitoso. Tra un po' nasceranno i sindacati  dei vu cumprà, le associazioni dei lavavetri e le confederazioni dei parcheggiatori abusivi per il diritto costituzionale a taglieggiare chi posteggia. Anche gli usurai, i trafficanti di droga e gli evasori fiscali avranno chi manifesterà per il loro diritto a delinquere: siamo a Roma!

Le motivazioni del Comitato sono le solite che sentite a Roma in qualsiasi barbiere o bar che si rispetti. "Aho io pago er bollo e posso fa quello che me pare". Per giustificare un modo di fare incivile e pericoloso, che crea ogni anno decine di morti e migliaia di feriti, tutto vale. Perfino scambiare una tassa di possesso, una assicurazione sui danni o la revisione dell'auto come diritto a posteggiare illegalmente su suolo pubblico. La mentalità malata che ha ridotto la città come tutti la possiamo vedere: il posto più atroce dove uscire di casa in Europa.


Qui si fa un salto di qualità ulteriore, simile ad altri episodi inquietanti occorsi nelle ultime settimane in città: il Comitato infatti, benché l'articolo non lo dica, è totalmente inventato. Non esiste. E' nato esclusivamente per orchestrare questa intimidazione ridicola. L'articolo parla poi di parcheggi utilizzati dai pendolari per prendere il tram e allo stesso tempo di Comitato di cittadini dell'area. Delle due l'una: sono pendolari o sono residenti? Si tratta semplicemente di un'ennesima minaccia direzionata con ogni probabilità contro un comandate dei Vigili che ha deciso, cosa inaudita e destabilizzante a Roma, di far rispettare le regole e il Codice della Strada. Apriti cielo.

A noi il compito non solo di dare la massima solidarietà al V Gruppo, ma di aiutarne l'azione contro gli incivili. Quello spartitraffico speriamo diventi presto, grazie al cantiere in partenza, qualcosa di civile e riqualificato che possa dare lustro a questo pezzo di strada oggi ingrigito da lamiere e degrado. Giusto dunque che, in attesa di un arredo urbano che impedisca fisicamente la sosta, si proceda con le multe. Per sostenere i vigili in questa attività abbiamo in mano un'arma formidabile che si chiama IoSegnalo: chiediamo dunque ai cittadini che abitano in zona e che vedano ancora vetture posteggiate su quello spartitraffico di Viale Palmiro Togliatti tra la Via Prenestina e Via delle Palme. Segnalate senza pietà: darete così ai Vigili Urbani una spinta in più che li aiuterà&li obbligherà ad intervenire. E' l'unica reazione, perfettamente civile e legale, che si può opporre a minacce ridicole e gravi intimidazioni che speriamo trovino un colpevole.

16 associazioni lanciano l'appello a Tronca: "sblocca subito la riforma dei cartelloni"

25 marzo 2016
(pubblichiamo a blog unificati)

SEDICI ASSOCIAZIONI LANCIANO UN APPELLO AL COMMISSARIO TRONCA: “SBLOCCHI LA RIFORMA DEI CARTELLONI”
Una delibera del commissario può sanare un rilievo formale sollevato dal Tar. L’intero impianto della riforma è passato indenne al vaglio dei giudici. Manca solo una firma di Tronca nelle veci dell’Assemblea Capitolina

Dopo decenni di attesa della città e anni di lotta da parte di numerose associazioni cittadine, la riforma dei cartelloni è una realtà. Il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari e il nuovo Regolamento sono stati approvati nel luglio del 2014 e hanno quasi completato l’iter necessario alla loro entrata in vigore.
La sentenza del Tar n. 2283 del 22 febbraio 2016 ha respinto le eccezioni avanzate da alcune imprese del settore, confermando la bontà dell’impianto generale che prevede la riduzione della superficie pubblicitaria a 62mila mq (erano 223mila nel 2013), riduzione del formato massimo a 3x2, divieto di messaggi sessisti o razzisti, garantendo maggior decoro e maggiori introiti per le casse del Comune. Una rivoluzione per Roma, che è stata deturpata da un numero infinito di cartelloni piantati nei luoghi più disparati, causa perfino di incidenti stradali e vittime.
I giudici amministrativi hanno sollevato un solo rilievo, di carattere formale e non sostanziale: alcune parti della delibera 380/2014 e la Determinazione Dirigenziale del 27 luglio 2015 sarebbero dovute essere approvate dall’Assemblea Capitolina e non dalla Giunta. A seguito di questa censura, il percorso di partecipazione popolare, che era in dirittura d’arrivo, si è arrestato e ora la riforma rischia di essere rimandata a chissà quando. Ma il Commissario può sanare questo rilievo.
E’ sufficiente, infatti, che il dottor Tronca ratifichi quella delibera attraverso un proprio provvedimento preso nelle veci dell’Assemblea Capitolina.
Le associazioni firmatarie dell’appello temono che il lavoro svolto in questi anni vada vanificato e Roma perda per l’ennesima volta l’occasione di diventare una città normale. Questa riforma, infatti, una volta approvata porterà ai cittadini bike sharing, toilettes pubbliche, manutenzione del verde e molto altro. Servizi essenziali che in tutto il mondo vengono finanziati dalla pubblicità esterna.
Le associazioni, con l’appello che gli hanno inviato il 23 marzo, chiedono a Francesco Paolo Tronca di non permettere che anni di lavoro e speranza vengano gettati per una firma che può essere apposta in pochi minuti.
Roma 25 marzo 2016
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


Aderiscono: Vas – Verdi Ambiente e Società; Ass. Bastacartelloni-Franscesco Fiori; Cittadinanzattiva Lazio Onlus; Coordinamento Residenti Città Storica; Roma fa schifo; Comitato Cartellopoli; Ass. Italia Nostra; Roma Pulita; Osservatorio Ambientale Sherwood; Laboratorio Carteinregola; Diarioromano; Corviale Domani; CILD Centro Iniziative Legalità Democratica; Associazione Parte Civile; Ass. Questione Morale; Amare l’architettura


************************LA LETTERA***************************

Commissario Straordinario del Comune di Roma
Dott. Francesco Paolo Tronca

Oggetto: Sentenza della Seconda Sezione del TAR del Lazio n. 2283 del 22 febbraio 2016


Con la sentenza di cui all’oggetto la Seconda Sezione del TAR del Lazio ha respinto tutti i ricorsi presentati per l’annullamento, nell’ordine, della deliberazione della Giunta Capitolina n. 425/2013 e delle deliberazioni dell’Assemblea Capitolina n. 49/2014 e n. 50/2014, attestando la bontà e la piena legittimità di questi provvedimenti.

La Seconda Sezione del TAR del Lazio ha invece accolto le censure relative alle parti della deliberazione della Giunta Capitolina n. 380/2014 e della Determinazione Dirigenziale del 27 luglio 2015 in cui è stata rilevata una incompetenza della Giunta Capitolina su una materia che è stata ritenuta invece di competenza esclusiva del Consiglio Comunale.

L’immediata trasmissione per posta elettronica certificata della suddetta sentenza ha provocato la sospensione del 14° e penultimo incontro pubblico sul Piano di Localizzazione del VI Municipio, programmato per le ore 15,30 del 23 febbraio 2016 nell’aula del Consiglio in via Duilio Cambellotti n. 11.

Da voci raccolte a livello informale risulta che anche il precedente 13° incontro pubblico, che dalle ore 16.00 del 22 febbraio 2016 si è svolto sul Piano di Localizzazione dell’VIII Municipio presso la Sala Consiliare in via Benedetto Croce 50, è stato annullato dal momento che la sentenza del TAR è diventata esecutiva prima.

Quanto al 15° ed ultimo incontro pubblico, che avrebbe dovuto svolgersi sul Piano di Localizzazione del XII Municipio mercoledì 14 febbraio 2016 dalle ore 16,00 presso Sala Consiliare “Caduti di Forte Bravetta” in Via Fabiola, 14, da un comunicato pubblicato sul sito del XIII Municipio la mattina di quello stesso giorno si è appreso che “l'assemblea pubblica prevista per oggi è stata annullata e rimandata a data da destinarsi”.

Alla suddetta sentenza si sarebbe dovuto comunque ottemperare in un modo o nell’altro, ma è trascorso ormai più di un mese dalla sua pubblicazione senza che la S.V. abbia approvato nelle veci dell’Assemblea Capitolina i criteri che sono stati dettati invece dalla Giunta Capitolina e che la Seconda Sezione del TAR ha annullato.

Con nota prot. n. 2 del 23 febbraio 2016 le associazioni VAS, Bastacartelloni e Cittadinanzattiva Le hanno chiesto di voler “ratificare” la deliberazione n. 380/2014 con una apposita deliberazione approvata nelle veci dell’Assemblea Capitolina, in considerazione da un lato del lavoro prodotto dalla S.p.A. “Aequa Roma” e della “proposta” dei Piani di Localizzazione, già approvata dalla Giunta Capitolina con deliberazione n. 425 del 13 ottobre 2015, e dall’altro lato del percorso di partecipazione popolare già avviato che stava per concludersi per poi passare alle successive fasi del procedimento che debbono portare alla approvazione definitiva dei Piani di Localizzazione degli impianti pubblicitari.


In tal modo si viene ad ottemperare alla sentenza di cui all’oggetto e si consente al tempo stesso di poter continuare senza alcuna interruzione il procedimento in corso che si deve concludere con la approvazione definitiva dei Piani di Localizzazione degli impianti pubblicitari da parte della S.V. nelle veci della Giunta Capitolina, così come prescrive il comma 2 dell’art. 19 del nuovo Regolamento di Pubblicità.

A supporto ed integrazione della suddetta richiesta con nota prot. n. 5 del 27 febbraio 2016 è stata portata la oggettiva considerazione che la contestata deliberazione n. 380 della Giunta Capitolina è stata approvata il 30 dicembre 2014, vale a dire 10 mesi prima dello scioglimento dell’Assemblea Capitolina che in tutto quest’arco di tempo non ha ravvisato alcun vizio di legittimità nelle parti del suddetto provvedimento in cui la Seconda Sezione del TAR del Lazio ha riconosciuto invece una incompetenza a “limitare ulteriormente la tipologia dei formati degli impianti SPQR ammessi” ed a “prevedere, per gli impianti privati che devono essere suddivisi in lotti, la composizione di ciascun lotto”.  

Nello specifico è stata accolta la censura relativa al contrasto con la disposizione dell’art. 20, comma 1, lett. f), del Regolamento, che contempla un numero di formati notevolmente superiore rispetto a quelli previsti dalla Giunta Capitolina con la deliberazione n. 380/2014, che sarebbe quindi viziata per incompetenza, perché nessuna disposizione del Regolamento prevede il potere della Giunta di limitare i formati ammessi.

Alla censura incentrata sull’esclusione di taluni formati per gli impianti SPQR Roma Capitale ha replicato evidenziando che l’art. 20, comma 1, lett. f), del Regolamento si limita ad elencare i formati ammissibili, per cui la Giunta con la deliberazione n. 380/2014, nell’ambito delle possibilità fissate nel Regolamento, ha operato una suddivisione dei vari formati per tipologie di impianti, finalizzata ad omogeneizzare la pianificazione di dettaglio.

Ai fini del superamento del vizio di procedura rilevato dalla Seconda Sezione del TAR del Lazio, ottemperando al tempo stesso alla sentenza n. 2283/2016, alla suddetta considerazione si deve aggiungere quella altrettanto oggettiva sulla totale inopportunità di annullare, differentemente, la deliberazione n. 325 del 13 ottobre 2015 con cui la Giunta Capitolina ha approvato la “proposta” dei Piani di Localizzazione, perché si verrebbe a vanificare il lavoro prodotto dalla S.p.A. “Aequa Roma” e l’intero procedimento successivo fin qui intrapreso, in particolare con le sei Conferenze di Servizio svolte per l’acquisizione dei “pareri” di competenza delle tre Soprintendenze interessate.

Come ulteriore considerazione va fatta l’altrettanto totale inopportunità di annullare il procedimento di partecipazione popolare, che era arrivato al 13° incontro pubblico e che assume di per sé il significato di un implicito riconoscimento da parte della S.V. della piena regolarità dell’intero percorso fin qui seguito.

Le tre suddette considerazioni dovrebbero costituire le premesse che dovrebbero motivare la deliberazione che nelle veci dell’Assemblea Capitolina la S.V. è stata sollecitata ad approvare, senza dubbi e incertezze, quale esplicito atto di “ratifica” dei contenuti della deliberazione della Giunta Capitolina n. 380/2014.

Con successiva nota prot. n. 6 del 2 marzo 2016 ci si è voluti mettere per un attimo nelle vesti dell’Assemblea Capitolina, che deve ottemperare alla suddetta sentenza, cercando di capire fino a che punto siano da confermare oppure veramente da modificare i criteri annullati dal TAR, chiedendosi in tale ultimo caso quali siano oggettivamente i criteri da bocciare e soprattutto con quali altri possibili criteri sostituirli.

Ne è seguita una analisi tecnica di ognuno dei criteri di redazione dei Piani di Localizzazione degli impianti pubblicitari che sono stati annullati dal TAR del Lazio, compiuta proprio con il fine dichiarato di verificare se l’Assemblea Capitolina possa con piena ragione arrivare a decidere criteri e conseguenti scelte in modo diverso dalle decisioni prese dalla Giunta Capitolina.

Le conclusioni a cui si è pervenuti hanno dimostrato ancor più tutta l’opportunità da parte della S.V. di “ratificare” i criteri annullati della deliberazione n. 380/2014.

In considerazione di tutto quanto precedentemente messo in evidenza, si rivolge un caldo appello alla S.V. affinché provveda senza più ulteriori indugi e ritardi ad approvare nelle veci dell’Assemblea Capitolina una apposita deliberazione che ratifichi la deliberazione n. 380/2014, per ottemperare alla sentenza del TAR senza bloccare nessun procedimento, che comporterebbe peraltro un danno erariale, proseguendo senza indugi a completare (e non certo a sospendere sine die) il percorso di partecipazione dei cittadini avviato dalla stessa S.V., adempiendo anche a tutti gli atti successivi fino alla definitiva approvazione dei Piani di Localizzazione degli impianti pubblicitari.

Distinti saluti,

Rodolfo Bosi
Circolo Territoriale di Roma di Verdi Ambiente e Società (VAS)

Franco Quaranta
Associazione Bastacartelloni-Francesco Fiori

Stefano Maccioni
Cittadinanzattiva Lazio Onlus

Paolo Gelsomini
Coordinamento Residenti Città Storica

Massimiliano Tonelli
Roma fa schifo

Mirella Belvisi
Associazione Italia Nostra

Stefano Miceli
Roma Pulita

Lorenzo Grassi
Osservatorio ambientale Sherwood

Filippo Guardascione
Diarioromano

Anna Maria Bianchi
Laboratorio Carteinregola

Pino Galeota
Corviale Domani

Giuseppe Lomastro
Cild – Centro Iniziative Legalità Democratica

Aderiscono inoltre: Ass. Questione Morale; Ass. Parte Civile; Amare l’architettura; Comitato Cartellopoli

Le mostruosità di Raggi su Acea e le mostruose risposte del PD.Campagna elettorale da raccapriccio


Quello che è successo nei giorni scorsi sul caso Acea a seguito delle dichiarazioni di Virginia Raggi a L'Intervista su Sky è emblematico di una campagna elettorale mai così scadente, mai così insultante verso la pazienza degli elettori, mai così condotta con retorica, con ideologia, con demagogia, con candidati marchianamente impreparati nel più diffuso disinteresse di cittadini che, nella giornata delle elezioni, probabilmente si recheranno allegramente ad affollare i ristoranti di Fregene e le spiagge di Ostia. 

In un primo momento, giusto per dire il livello, l'intervista di Raggi a Maria Latella (la trovate integrale qui), si era segnalata per la minigonna a detta di qualcuno eccessivamente succinta della candidata pentastellata. Solo dopo qualche giorno è emerso qualche contenuto, ed è emerso in maniera sbagliata e colpevole da parte di tutti. 

Ci si è accorti solo dopo giorni e giorni che qualche contenuto della Raggi stonava, si è aspettato che uscissero dei dispacci borsistici per capire le sciocchezze che Virginia aveva pronunciato sul conto di Acea, si aspettato che si inalberassero i giornali di Caltagirone. Prima di quello solo commenti sugli abiti.

Ma cosa aveva detto Raggi a riguardo di Acea? Simili a quelle proferite peraltro in passato, ad intervalli regolari (vi ricordate "non servono i nuovi grattacieli al nuovo Stadio della Roma perché abbiamo già lo SDO"...). Raggi fa il possibile e si barcamena, ma è molto mal preparata per ora, è probabilmente circondata da una cricca di persone poco esperte e quasi certamente poco intelligenti, poco aperte. Su alcune cose è impostata dignitosamente, su tanto altro no.

Su Acea ha detto che lei vuole sostituire il top management e che vuole investire sulle reti. Caxzate! Oggi in Acea l'unica cosa sana è il top management formato da personalità di buono spessore* (ma nella successiva precisazione abbiamo capito che Raggi scambia il top management con il consiglio di amministrazione, aggiungendo confusione a confusione) e l'unica cosa che l'azienda ha fatto è investire in reti: più di 400 milioni nel 2015 con un balzo in avanti del 25%. Ma perché dire queste scemenze a casaccio in diretta tv su una società quotata in borsa? Non contenta la Raggi ha detto anche che Acea ha 50 milioni di utili: cretinata! Acea ha utili molto più alti, i 50 forse sono i centesimi ad azione di dividendi che ha staccato nell'ultimo esercizio. Ne deriva che chi scrive i testi a Raggi non riesce ad avere ben chiara la differenza tra un utile di bilancio e un dividendo staccato: assurdo, no? Tra l'altro il riferimento agli utili era fatto come fossero una vergogna: cioè ti vergogni che una società di cui possiedi il 51% fa utili e ti permette di incassare un dividendo, te ne vergogni - sentitevi l'intervista - in virtù di una interpretazione ridicola, infantile e centrosocialara (cara Raggi, già detto più volte: se fai il verso a SEL poi la gente vota l'originale, occhio) del nefasto referendum sull'acqua. Cosa vuole fare Raggi, nazionalizzare Acea perché si occupa (anche) di acqua? Si accomodi: ci vogliono 2 miliardi di euro. Ci dica però anche dove li rimedia. 

A causa di questo - ma forse non solo di questo - alcune società di rating, prevedendo l'arrivo di Raggi al Campidoglio nel medio periodo, hanno effettuato un downgrade. Ovvio: il prossimo sindaco non desidera che l'azienda faccia utili in quanto tratta - anche - acqua e dunque è naturale che l'azienda venga considerata meno appetibile. Ovviamente il titolo che ha avuto un crollo a Piazza Affari.

Accortisi dopo tre giorni della faccenda, quelli del PD (l'unico partito in circolazione con un quoziente di lobotomizzazione diffusa maggiore al Movimento 5 Stelle) cosa hanno fatto? Ovviamente la cosa peggiore che potevano: puntare l'indice sulla discesa in borsa urlando ai soldi rubati ai romani. Hanno scritto su tutti i social e le agenzie, convinti, che avendo fatto perdere un po' di capitalizzazione in Borsa ad Acea, Raggi avrebbe rubato alle tasche dei cittadini una settantina di milioni di euro. Una idiozia ovviamente: per "capitalizzare" quella eventuale perdita si sarebbe dovuto decidere, chissà perché, di vendere la quota di proprietà esattamente nel momento del crollo del titolo e liquidare la partecipazione, cosa che naturalmente il Comune non ha fatto e non ha intenzione di fare. Ne deriva che non c'è nessunissima perdita reale ne per il Comune ne (ma questi sono stati ignorati) per i tanti romani che posseggono a mo' di risparmio azioni Acea in portafoglio.

Ma la idiozia dei 71 milioni persi a causa di una dichiarazione ha permesso di non parlare del merito della faccenda, del merito di Acea, del contenuto della peggiore municipalizzata (peggio di Atac e di Ama, ebbene sì) che (dis)serve i cittadini e le aziende di Roma.

Acea è una società inefficiente alla ennesima potenza, sotto ogni punto di vista; vessa i cittadini con cartelle pazze e bollette folli, è indietro in maniera spaventosa sulle tecnologie, sull'interfaccia utente, sul customer caring, mangiata così come accade per Ama o Atac da una corruzione interna che è così diffusa da inquinare anche le tante società che lavorano "per conto Acea" e che sovente si smuovo e riducono le insostenibili attese solo dietro anomale spinte. Acea rende complicata l'esistenza a imprenditori e investitori trasformando in un incubo ed in un autentico calvario kafkiano anche la richiesta di un semplice aumento di potenza: chiedete conto a qualsiasi ristoratore onesto ad esempio. Acea è inefficiente, arretrata e vinta da meccanismi di corruttela a tal punto che più di una volta abbiamo auspicato una ipotetica ricerca effettuata da qualche grande università americana per riuscire a quantificare a quanto ammonti il reale danno economico che avere una municipalizzata così arrechi alla città in termini di imprenditori che falliscono nell'attesa di un allaccio, di imprenditori che ci rinunciano, di imprenditori magari provenienti da fuori e pronti a portare denaro fresco e investimenti in città che sapendo a cosa vanno incontro manco iniziano la trafila.
Il tutto crea un clima sfavorevole alla libera impresa  (ma forse Raggi dopo il fallimento finanziario delle aziende che si occupano di distribuzione dell'acqua - come se distribuirla la renda meno "pubblica" - mira anche alla fine della libera impresa in Italia, manco fossimo la Corea del Nord o Cuba dei tempi d'oro?) che genera danni economici diffusi, disoccupazione, abbandono dei fondi commerciali e povertà. Allontanando l'imprenditoria migliore e rendendo la città 'potabile' soltanto per speculatori e furfanti con quaranta centimetri di pelo sullo stomaco. Semplicemente perché la gente onesta non viene a fare impresa qui.

Acea, insomma, è un disastro come lo sono tutte le municipalizzate romane. Lo è tuttavia non per i motivi che ha detto Raggi e non per i motivi che ha detto il PD. Lo è per altri motivi che i due competitor al Campidoglio (nel silenzio di tutti gli altri) ignorano completamente e non menzionano. Acea, però, è anche un grande patrimonio della città: finanziario, economico, industriale, di competenze e di posti di lavoro. Un patrimonio da tutelare e non da far chiudere in nome di una lettura distorta, miserabile e malata di uno sciocco referendum. Se Acea fa utili in bilancio (e stacca un dividendo che rimpingua le esanimi casse pubbliche invece di produrre debito come tutte le altre municipalizzate) occorre esultare, non allarmarsi. Certo questo utile deve scaturire in nome di qualità, merito ed efficienza, non come oggi in nome di corruzione, mercati bloccati e ricatto.

Di questo si doveva parlare e invece si è preferito parlare di un -4% in Borsa che dimostrerà forse l'inesperienza e la sciatteria di Raggi e di chi le gestisce la campagna elettorale, ma che conferma l'inadeguatezza pericolosa e inqualificabile del PD che lavora spasmodico affinché in questa città nulla cambi. Sulle questioni cruciali della città quasi sempre sovrapposto alla visione di Francesco Gaetano Caltagirone, guarda caso...

In attesa della prossima ed ennesima stronxata, le indicazioni di voto di questo blog restano tuttavia per Virginia Raggi. Il Movimento 5 Stelle a Roma è nonostante tutto dotato di qualche sparutissima figura preparata e allineata con le migliori esperienze internazionali, nel PD l'ombra.
Prontissimi chiaramente a cambiare idea, ma ad oggi la situazione è tale che risultano molto più adeguati i "dilettanti allo sbaraglio" per dirla con Giachetti, che i peggiori mestieranti della politica. 



*Dice: ma come diamine fai caro Roma fa Schifo a dire che il top management è di alta qualità e poi ad affermare che l'azienda fa schifo al cacchio? Buona domanda. Ma vi diciamo di più: in questo momento tutte (tutteee!!!) le aziende municipalizzate della città hanno un management di alto profilo (grazie alle nomine di Ignazio Marino, beninteso, ed al suo metodo basato quasi esclusivamente sul merito). Fortini all'Ama (che però ha perso Filippi, una notizia ferale), Rettighieri all'Atac (ma anche quelli che lo hanno preceduto come Broggi), Irace e Tomassetti in Acea. Tutti manager con due cosi sotto che la metà basta. Tutta gente onesta e pressoché incorruttibile. Ebbene ciò nonostante tutte (tutteee!!!) queste società fanno cagare e generano solo arrabbiature e disservizi tra i cittadini che le pagano con tasse da Svezia. Perché? Non per colpa del top management, ne dobbiamo dedurre, ma per colpa della fascia dirigenziale immediatamente successiva (si è iniziato a disboscarla solo in Atac, in Ama Filippi ci ha provato ed è stato giubilato) e perfino per colpa di tutto il mare magnum dei collaboratori fino all'ultimo spazzino, all'ultimo autista, all'ultimo operaio. Una percentuale di nulla facenti, di fancazzisti, di impreparati, di disamorati del proprio lavoro che levete. Gente che in gran parte (pur con larghe eccezioni che però confermano la regola) si comporta alla romana. Ecco perché una azienda al dissesto con un top management di buona qualità è cosa, purtroppo e solo a Roma, perfettamente coerente e compatibile

ShareThis